Volatilità? Un mare di tranquillità

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L’indice Vix, che misura la volatilità implicita delle azioni dell’S&P 500, è a quota 9.77, il valore più basso dal dicembre 1993, e delle 6889 sedute in cui è questo stato calcolato, la quarta più bassa in assoluto. Naturalmente, la volatilità implicita bassa non è confinata all’azionario US, sebbene sia qui che si segnano i record. Il V2X, omologo europeo del Vix, galleggia intorno ai minimi dell’anno, il CVix, indice di Deutsche Bank che misura la volatilità dei cambi, è crollato ai minimi da ottobre 2014, mentre il Move, calcolato da Barclays, che misura quella sui treasuries, segna i minimi da dicembre 2014.
“Ne è un mistero il motivo per cui i vari assets prezzano una volatilità futura così bassa. La volatilità realizzata è stata bassissima negli ultimi mesi, il che ha reso in media un pessimo affare puntare a robuste oscillazioni dei mercati e un ottimo affare incassare premi puntando sulla loro stabilità”, spiega Giuseppe Sersale strategist di Anthilia Capital Partners SGR.
"Chiaramente, queste ricostruzioni statistiche ha senso farle nella misura in cui offrano indizi sulle performance future degli asset. In questo senso, dati alla mano, sembra che nel breve si possa stare relativamente tranquilli. Letture estremamente basse del Vix raramente conducono in tempi brevi a violente correzioni, ed in generale le fasi di bassa volatilità tendono a mostrare persistenza e a svanire gradualmente. Personalmente osservo che il livello assoluto di questi indici non deve distrarre eccessivamente dalla durata della fase di volatilità bassa e dalla sua coralità tra gli assets. Nel caso dell’ S&P, questa fase si protrae da un bel po’, con l’indice che non vede una correzione superiore al 3% da oltre 6 mesi e una superiore al 5% da oltre 10 (Brexit). Livello, durata e coralità di questa price action (anche la volatilità sul credito è ridottissima) sembrano indicare che una qualche forma di correzione di quest’eccesso, se non imminente, non possa distare più di qualche mese. Alla fine le fasi eccessivamente tranquille pongono i prodromi per quelle agitate, e viceversa (vedi l’anno scorso di questi tempi o poco prima)".

A parlare di mare è tranquillo è anche Anima SGR: “I mercati si lasciano le elezioni francesi alle spalle, evitando l’eventuale ‘tempesta Le Pen’. Un rischio politico in fase calante, ma la variabile politica, comunque, non va accantonata", avvertono dalla società. Sempre in Francia, ci saranno le elezioni parlamentari (11-18m giugno), che determineranno quale sarà il potere concreto del neo-presidente. Più avanti, a settembre, sarà la volta delle elezioni tedesche: i sondaggi vedono un testa a testa tra l’attuale cancelliere, Angela Merkel, e il socialdemocratico Martin Schulz. "Un duello che, comunque, non agita particolarmente i mercati, data la spiccata propensione europeista di entrambi i candidati. Sicuramente più preoccupazione arriva dalle possibili elezioni in Italia, con l’attuale legislatura che terminerà naturalmente nel febbraio 2018. La fragilità interna del paese e un quadro politico non chiaro, con la possibilità che la competizione elettorale premi il Movimento 5 Stelle, sono il principale campanello d’allarme nell’area euro. All’orizzonte, la riforma fiscale di Trump, vissuta con meno aspettative. Completano il quadro dati macro in consolidamento e banche centrali che mantengono la rotta”.

Un’isola di volatilità
"In questo mare di tranquillità, un isola di volatilità è costituita dai mercati locali cinesi e dalle commodities", aggiunge Sersale. "Continua il flusso di misure di controllo messe in campo dalle autorità sul settore finanziario. Mentre la PBOC ha nuovamente saltato le operazioni di rifinanziamento, drenando liquidità, il regulator bancario ha accentuato i controlli sul collaterale utilizzato nell’interbancario. Apparentemente il regulator ha dichiarato che il collaterale "deve esistere”,  il che la dice lunga sul lassismo vigente nel sistema finanziario cinese”.