View sui principali mercati asiatici

Nate2b, Flickr, Creative Commons
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A livello globale, per i mercati asiatici sarà molto importante monitorare in quale misura saranno implementate le promesse fatte da Donald Trump durante le elezioni. In modo particolare, l’attenzione sarà rivolta sulla possibilità di accettare Taiwan come nazione sovrana, l’imposizione di dazi sulle importazioni e sulle intenzioni del neo presidente statunitense di dichiarare la Cina come Paese manipolatore valutario e quindi di voler imporre tariffe doganali punitive ai beni importati negli Stati Uniti dalla potenza asiatica.

Le incertezze legate al corso politico di Trump hanno portato gli alleati USA in Asia come Taiwan, Giappone e Corea del Sud ad adottare atteggiamenti indipendenti dalla politica statunitense. Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che sancisce il ritiro degli Stati Uniti dal Trans-Pacific Partnership (TPP), ossia un accordo di libero scambio che era stato promosso da Obama e firmato da 12 Paesi del Pacifico.

Il ritiro degli Stati Uniti dal Tpp pone l'interrogativo sull'opportunità di stabilire un nuovo accordo commerciale tra i Paesi del Pacifico. Nel complesso, in un contesto di aumento dei movimenti anti-globalizzazione e populismo, il libero scambio si trova ora in una posizione difficile in quanto il tpp prevede la più grande area di libero scambio del mondo, coinvolgendo il 40% dell’economia. Questo trattato è stato un pilastro per la ripresa economica del Giappone e, l’uscita degli Stati Uniti, ha messo il governo giapponese in una posizione difficile in quanto le aziende nipponiche che commerciano con l'estero non possono fare a meno degli Stati Uniti. Sul fronte australiano, il primo ministro Malcolm Turnbull sta cercando soluzioni alternative per salvare il Tpp, sostenendo che la Cina potrebbe prendere il posto degli Stati Uniti.

Tra le strategie di Trump troviamo l’ipotesi della “tassa di confine”, ossia il muro fiscale contro l’invasione delle merci estere. La presidenza Trump rischia di portare pessime notizie ai Paesi del Sud-est asiatico, in quanto gran parte dei quali hanno fondato sul commercio il proprio sviluppo economico e ora sono tra le possibili vittime del neo-mercantilismo americano. Se il Congresso dovesse adottare una tassa di confine del 20%, le esportazioni dei Paesi asiatici negli Stati Uniti potrebbero subire una contrazione del 3-4%, con un freno alla crescita economica della regione dello 0,5%. Cina, Filippine e Taiwan sarebbero i più penalizzati, con una contrazione dell’export che potrebbe superare il 4%. Sarebbe un brutto colpo in particolare per il Vietnam, la cui economia avrebbe potuto ricevere dal Trans pacific partnership un’iniezione di 8 punti percentuali di Pil entro il 2030, mentre le esportazioni sarebbero cresciute del 17%. Le Filippine, che puntano su una crescita del Pil compresa tra il 6,5 e il 7,5% nel 2017, potrebbero trovare tra i principali ostacoli proprio la stretta protezionistica statunitense. Resta un’unica debole speranza per le economie asiatiche: trovare un alleato involontario nel rialzo del dollaro, che ridurrebbe l’effetto reale sul prezzo finale per imprese e consumatori americani.

Facendo un quadro della situazione dei principali Paesi asiatici, nel 2016 in Asia abbiamo assistito a un netto miglioramento della situazione economica. In particolare, la Cina nella seconda parte dell’anno si è contraddistinta per una decisa crescita sopra le aspettative e per un consumo interno rimasto stabile oltre il 10%. 

Il fenomeno della reflazione globale comincia a consolidarsi: lo dimostra il trend positivo delle materie prime e del settore energetico. Il Giappone prosegue le misure di ristrutturazione in seno all’Abenomics. I fondamentali in Giappone sono in netto miglioramento, soprattutto il ROE e i dividendi delle imprese continuano a migliorare e l’attività di M&A è molto attiva, rappresentando un segnale di fiducia per il futuro dell’economia nipponica. In Giappone, il sentiment nei confronti della crescita globale potrebbe risultare ancora fragile, specialmente se nel 2017 verranno effettivamente attuate le misure protezionistiche promesse da Donald Trump. Le prospettive del Paese nipponico continuano a dipendere dalle aspettative sullo yen che, dopo le elezioni USA, si è indebolito per riflettere l’allargamento dei rispettivi differenziali sui tassi. 

La Corea del Sud deve fare i conti con gli scandali della Presidenza Park e con le sanzioni economiche da parte della Cina in quanto ha permesso agli USA di mantenere sul suo territorio il complesso anti-missilistico americano. Nonostante le tensioni politiche, sembra che la situazione economica stia lentamente migliorando. Taiwan invece è protagonista di un netto incremento delle esportazioni che ha supportato il settore manifatturiero. Il settore legato all’elettronica, costantemente stimolato dagli importanti sviluppi dell’IOT (Internet of Things), rimane un driver molto importante per il Paese e la sua economia. Il trend positivo delle materie prime e del settore energetico continuerà a dare impulsi espansivi e di crescita a Paesi come Indonesia, Malaysia ed Filippine.