Value vs growth nell’equity USA: quale ha offerto migliori risultati?

Come spesso accade nel mondo degli investimenti finanziari (specialmente quando qualcosa ha funzionato molto bene e altro, invece, è andato particolarmente male) arriva il momento in cui ci si chiede se è il caso di cambiare le carte in tavola.  

È quanto sta accadendo ultimamente, animando il dibattito tra chi deve prendere decisioni di investimento: è veramente giunto il momento di rivalutare il value dopo gli anni d’oro del growth? La discussione, senza dubbio logica, ci pone dinanzi a una sfida iniziale che consiste nel definire cosa s’intende per value e cosa per growth. 

Stili e differenze

Il value investing, nato alla fine degli anni 20 e plasmato da Benjamin Graham nel suo libro del 1949, “The intelligent Investor”, consiste nell’acquistare azioni al di sotto del loro valore intrinseco, quello, cioè, che un acquirente informato offrirebbe per il 100% di una compagnia in una negoziazione peer-to-peer. La differenza fra entrambi i valori è quello che Graham ha definito margine di sicurezza. Sembra, quindi, che gli investitori value siano interessati a buoni prodotti nel periodo dei ribassi. Lo sconto ricercato si colloca normalmente intorno al 33%, anche se i famosi deep value preferiscono aspettare i secondi ribassi, mirando soprattutto agli sconti del 50%. Il value investing è comprensibile e ha uno story telling molto interessante. 

Inoltre, nel corso del tempo ha dato ottimi risultati agli investitori (essendo in grado di superare ampiamente l’S&P 500) ma non è stato sempre così, dal momento che la strategia ha attraversato periodi (a volte lunghi) di forti underperformance, come accade dal 2006. 

IT_10_Equity

Fonte: Bloomberg.

Lo stile growth, al contrario, ricerca compagnie che promettono una rapida crescita delle vendite e, quindi, dei loro benefici e del prezzo di quotazione. I gestori growth non si soffermano tanto sul valore intrinseco delle società quanto sul potenziale di crescita che esse offrono. Per semplificare la questione c’è chi adotta una via di mezzo, battezzando una terza categoria conosciuta come GARP (growth at reasonable price) e si libera da qualsiasi problema. Tuttavia, in questo momento, non possiamo optare per questa scelta. 

Vediamo, dunque, se è possibile trarre qualche conclusione soffermandoci nello specifico sull’universo azionario statunitense. Se osserviamo il loro funzionamento negli ultimi anni, infatti, i numeri non danno adito a dubbi. 

Negli ultimi dieci anni, l’approccio growth ha ottenuto un 50% in più di rendimento del value e, rispetto a una prospettiva più breve, notiamo che negli ultimi tre anni la differenza accumulata è stata quasi del 12%. 

Preferenze per...?

Se consideriamo i dati storici di comportamento, possiamo concludere che le preferenze per il value o per il growth si sono alternate nel corso degli anni. Dal 1945, il growth si è comportato meglio del value in sei periodi, alla fine di ognuno dei quali, però, il value ha registrato un recupero significativo. 

L’OFFERTA CONSISTENTE FUNDS PEOPLE NELLA BORSA USA CON STILE GROWTH E VALUE

Fondo   Rendimento
5 anni
Rendimento
3 anni
US Equity Large Cap Growth
Legg Mason CB US Lg Cp Gr A Acc € SFP_2016_C 20,21 18,8
The Alger American Asset Growth I US SFP_2016_C 18,22 18,46
Pioneer Fds US Fundamental Gr I EUR ND SFP_2016_C 18,83 17,81
NN (L) US Growth Equity I Cap USD SFP_2016_C 17,96 17
Loomis Sayles US Research Fd I/A USD SFP_2016_C 16,79 14,88
AB FCP I American Growth C H SFP_2016_C 12,29 13,31
MS INVF US Advantage ZH EUR SFP_2016_BC 12,66 13,06
Pioneer Azionario America B SFP_2016_C   12,54
US Equity Large Cap Value
JPM US Equity C (acc) USD SFP_2016_C 16,54 14,59
Deutsche Invest II US Top Div NC SFP_2016_C   13,5
JPM US Value C (acc) USD SFP_2016_C 16,38 12,8
Robeco US Premium Equities IH EUR SFP_2016_C 11,35 9,72

Fonte: Morningstar Direct. Rendimenti in %.

Anche rispetto ai mesi di peggior performance relativa sembra che siamo in presenza di un periodo straordinariamente lungo di peggior comportamento del value rispetto al growth, se lo paragoniamo con epoche passate. L’inizio del 2016 ha visto un’enorme rotazione dei settori e degli stili, in linea con il comportamento di alcune compagnie letteralmente martoriate dalla metà del 2015. 

Sembra che il mercato adesso si stia soffermando maggiormente sul prezzo dei prodotti a buon mercato che, secondo la teoria value, sono quotati al di sotto del loro valore intrinseco. Ecco, quindi, che in questi primi quattro mesi del 2016 abbiamo assistito ancora una volta al miglior comportamento del value rispetto al growth. 

È giunto, dunque, il momento di concentrarsi sul value e abbandonare il growth la cui performance è stata così positiva? Come collocarsi in qualità di investitori di fondi?  

Anche se la teoria è chiara e comprensibile, nella pratica risulta difficile trovare fondi di investimento assolutamente puri di una o dell’altra categoria. Normalmente i gestori vogliono entrambe le cose, buon prezzo e crescita, scegliendo le migliori società per i propri portafogli. Alcuni, inoltre, li preferiscono molto diversificati mentre altri più concentrati, per cui si può concludere affermando che nel mondo della gestione attiva lo stile di gestione (growth o value) può fare la differenza ma quello che conta veramente è il gestore e la sua abilità nel selezionare i titoli. 

Riflessioni

Se analizziamo qualche esempio concreto di fondi emblematici di uno stile o di un altro, notiamo che i numeri plasmano in qualche modo quello che ci dicono gli indici e il cambiamento di stile nel 2016 risulta specialmente significativo. Forse il differenziale di comportamento tra i due stili sta iniziando a chiudersi. Forse adesso inizierà a contare il prezzo che si paga per i prodotti. 

Un’ultima riflessione riguarda il capire cosa si sta comprando adesso quando si acquista value e cosa si compra quando si investe in growth. Per farlo nel modo più obiettivo possibile, ci soffermiamo sugli indici americani di entrambi gli stili nella composizione del Russell 1000. 

Comprado value, osserviamo che il 42% dell’indice è composto dal settore finanziario (29%) e dal settore energetico (13%). Non c’è dubbio che per entrambi il castigo nelle quotazioni è stato esorbitante e possiamo trovare compagnie di qualità che ne hanno sofferto per contagio. 

Se ci soffermiamo sul growth, sono tre i settori a dominare il 73% dell’indice e ad essere andati meglio negli ultimi anni: tecnologie dell’informazione (27%), consumo (33%) e salute (16%). Finanziario ed energia occupano solo il 6,5% mentre nell’indice value i tre vincitori del growth hanno un peso del 35%. 

Guardando al futuro e ben oltre il dibattito ‘value vs growth’, quello che è certo è che il successo degli investimenti in borsa consiste nel non comprare prodotti eccessivamente cari (seppur di qualità) ed evitare perdite permanenti di capitale. È molto probabile che nei prossimi anni assisteremo - soprattutto nell’azionario americano, dove le valutazioni sono più esigenti e c’è pressione sui margini delle società – a un miglior comportamento relativo del value tradizionale rispetto al growth tradizionale, ma ancora una volta riteniamo che la cosa più sensata sia mettersi nelle mani di buoni gestori che sappiano approfittare delle migliori opportunità offerte dal mercato. 

FONDI RAPPRESENTATIVI DELLO STILE VALUE E GROWTH

Fondo
YTD
3 anni
5 anni
10 anni
Edgewood US Select Growth -8,93% 70,65% 133,56% 124,62%
T Rowe US Large Cap Growth Equity -11,29% 71,17% 127,19% 142,53%
Russell 3000 Growth -5,58% 62,42% 119,14% 138,01%
S&P 500 -4,16% 48,81% 96,19% 73,31%
Russell 3000 Value -1,57% 50,46% 107,22% 89,30%
Brandes Us Equities -3,66% 45,53% 102,73% 24,86%
Heptagon Yacktman US Equity -1,02% 37,16% 87,20%
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Dati fino al 30/04/2016. Gli indici includono dividendi. Fonte: Elaborazione propria con dati di Lipper.