Un check-up alla diversificazione di portafoglio

Siamo circondati da ‘oggetti finanziari’ e alcuni funzionano in teoria, ma non nella pratica. Oppure, nella pratica hanno funzionato con successo per periodi più o meno lunghi ed appena vi si investe funzionano in modo diverso dalle aspettative. 

Un esempio di questi fenomeni è offerto dalle strategie absolute return, multi-asset, hedge funds e liquid alternatives. Queste categorie di oggetti finanziari condividono la value proposition di offrire diversificazione e rendimenti in buona parte scorrelati dall’andamento generale dei mercati finanziari. Gli investitori istituzionali (e non solo) sono particolarmente sensibili a queste proposizioni di valore.  

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Recenti surveys1 hanno infatti mostrato che il forte interesse per le strategie absolute return, multi-asset, hedge funds e liquid alternatives deriva dalla percezione che queste strategie possano soddisfare contemporaneamente tre desiderata (e risolvere tre problemi2) degli investitori istituzionali: 

  1. Alpha; migliori performance aggiustate per il rischio; absolute returns;
  2. Diversificazione/decorrelazione;
  3. Mitigazione dei drawdowns; protezione nei downside.

È corretta questa percezione? Con quali lenti analizzare l’effettivo ottenimento di questi obiettivi? Dalla prospettiva di un investitore istituzionale/fondo pensione/etc. l’allocazione di portafoglio non viene disegnata su un foglio bianco: tipicamente si ha già un portafoglio bilanciato dal quale partire e che si vuole migliorare in termini di performance, alpha, protezione del downside e decorrelazione. Questi miglioramenti sono percepiti oggi come ancor più impellenti per far fronte ad un ambiente dove il tasso risk-free è scomparso e i rendimenti di molti settori del comparto obbligazionario sono estremamente contenuti (quando non negativi!). In questo ambiente le decisioni di portafoglio sono, rispetto al passato, più orientate alla preservazione del capitale.

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Un modo per indagare sulla correttezza della value proposition sopra menzionata, è ribaltare la prospettiva, provando a rispondere alla seguente domanda: qual è il modo più facile per perdere soldi? Una possibile, semplice risposta è quella di scegliere un portafoglio composto da assets che mostrano perdite cumulate congiuntamente.

A titolo di esempio, i due grafici sotto mostrano sia l’andamento che il drawdown:

  • di un portafoglio bilanciato europeo (40% Stoxx Europe 600™ e 60% Euro Government Bonds): linea nera;
  • di 2 indici Fideuram (fondi flessibili e bilanciati): linee azzurre;
  • di 2 indici hedge funds (HFRX e Lyxor): linee rosse.

Il drawdown misura, in ogni momento, la perdita percentuale cumulata rispetto a un precedente picco di valore raggiunto da un investimento. Il drawdown è quindi una misura abbastanza intuitiva, poiché è scritta direttamente sull’intensità della nostra ‘sofferenza’ quando il portafoglio perde, a differenza della volatilità (varianza) che è invece il momento ‘secondo’ (quadratico) di una distribuzione che si assume ‘normale’ (e che nella pratica non lo è mai).

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Dai due grafici è evidente che i drawdowns delle varie linee sono molto simili, per tempistica di accadimento e grandezza. Si osserva inoltre come sia i piccoli che i grandi drawdowns tendano ad avvenire contemporaneamente. È quindi chiaro che l’ambiente a più elevato rischio per un portafoglio si manifesta quando vi è una forte associazione tra il timing e la magnitudine delle perdite cumulate dei differenti assets in portafoglio. 

Questi sono ambienti cosiddetti ‘nowhere to hide’, dove non vi sono benefici di diversificazione, nei quali il mercato non fa prigionieri e vi sono pro-ciclicità nei modelli di rischio, con stop-losses, forzate riduzioni dei rischi e liquidazioni nei peggiori momenti possibili.

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Il modo più facile per perdere con un portafoglio è quindi quello di comporlo con assets che hanno ‘drawdown footprints’ simili.

Ampliando l’osservazione agli ultimi ~10 anni i risultati non cambiano. Nei due grafici sotto confrontiamo:

  •  il nostro portafoglio bilanciato europeo (linea nera);
  • tre indici di hedge funds globali (HFRI, Credit Suisse e Barclay, linee colorate);
  • portafoglio composto all’80% dal bilanciato europeo e al 20% dai 3 indici hedge funds ugualmente pesati. Da una rapida ispezione grafica è evidente che il portafoglio diversificato anche con gli indici hedge funds al 20% non ottiene:
  1. mitigazione dei drawdowns (ad es., il max drawdown del portafoglio è uguale, con o senza hedge funds);
  2. diversificazione del downside (i drawdowns dei differenti assets avvengono infatti con lo stesso timing).   

La saggezza convenzionale nell’industria postula che la diversificazione funziona se migliora lo Sharpe ratio complessivo del portafoglio. Nell’esempio sopra e in tabella, lo Sharpe del portafoglio bilanciato europeo incrementa lievemente se si aggiungono hedge funds (grazie alla riduzione della volatilità di portafoglio dal 6,8% al 6,4%)… ma indossando le lenti del drawdown questo nuovo portafoglio bilanciato comprensivo del 20% di hedge funds non migliora: il max drawdown pari al 21,5% è infatti invariato e il Calmar ratio (ossia il rapporto tra rendimenti annuali e max drawdown, che indica quanto il rendimento annuale di portafoglio remunera il potenziale max drawdown del portafoglio) è lievemente peggiore! 

La riduzione della volatilità non implica quindi necessariamente una mitigazione del drawdown, né tantomeno una diversificazione del downside. 

Rischio correlazione

In questa breve verifica sono stati mostrati gli andamenti di indici: v’è comunque da ricordare che le categorie di fondi non possono essere considerate come un gruppo monolitico, e per questa ragione gli skills di selezione e monitoraggio dei managers rimangono fattori critici di successo. La diversificazione può sembrare una parola dalle proprietà magiche, e viene spesso considerata come l’unico ‘free lunch’ disponibile, ma quando qualcosa ci sembra offerto gratuitamente, deve esservi un costo nascosto: il prezzo da pagare è il rischio correlazione. In presenza di rischio correlazione il portfolio può essere rischioso come la somma delle sue parti. Nell’esempio sopra e in tabella, il max drawdown del portafoglio ‘C’ è circa pari alla somma dei drawdowns degli assets che lo costituiscono. 

SHARPE RATIO E CALMAR RATIO
Date mensili da nov 06 a dic 15. Fonte: Bloomberg Finance LP. 

  A B1 B2 B3 B= B1 * 33,3%+
B2 * 33,3%+
B3 * 33,3%
C= A * 80%+
B * 20%
Summary statistics Balanced Portfolio: 40% Equity; 60% Bond HFRI Fund Weighted Composite Index Credit Suisse Hedge Fund Index Barclay Hedge Fund Index HF: Equal Weighted Portfolio of 3 indices Balanced portfolio 80% Hedge Funds Equal -weighted Portfolio 20%
annual return 4,70% 3,3& 4,20% 3,80% 3,80% 4,60%
volatility  6,80% 6,40% 6,00% 7,10% 6,40% 6,40%
max drawdow -24,50% -24,40% -19,70% -24,10% -21,70% -21,50%
Sharpe 0,7 0,51 0,71 0,54 0,59 0,72
Calmar 0,22 0,15 0,21 0,16 0,17 0,21

 

Quando il rischio correlazione si manifesta, si scopre di solito che il portafoglio è più rischioso di quanto stimato e/o tollerato e si riduce quindi il rischio, vendendo tipicamente nelle fasi peggiori. La diversificazione classica letta con gli occhiali della volatilità e dello Sharpe ratio non è quindi un pasto gratis, ma ha un prezzo che normalmente si paga con una eccessiva confidenza nella diversificazione, che porta a costose riduzioni pro-cicliche del rischio. Utilizzando le appropriate lenti (del drawdown e del Calmar ratio) tali costi verrebbero ridotti.

 

1. Si vedano ad es., le seguenti:  Preqin 2014 Global Hedge Fund Report, March2015; Deutsche Bank 13° annual Alternative Investment Survey, 2015;  Barclays Strategic Consulting Group, “What Lies Beneath”, February 2015;  KPMG/AIMA/MFA Global Hedge Fund Survey, «Growing Up: A New Environment for Hedge Funds», KPMG International, February 2015; The Cerulli Edge-Global Edition, March 2015.

2. Altre motivazioni sono afferenti all’outsourcing di funzioni come l’asset allocation tattica e il leverage. In questo modo anche allocatori con una scala dimensionale più contenuta possono beneficiare, delegando le decisioni tattiche a managers più reattivi, dell’accesso ad un più ampio range di assets senza necessariamente avere in-house gli specifici skills e la relativa governance.