UE e USA, gli investitori sono ottimisti

Ilaria_Fornari_-_responsabile_ufficio_studi_e_strategie_Euromobiliare_As
Immagine ceduta

Questa settimana il buon andamento dei mercati azionari ha portato gli indici USA a nuovi massimi storici e quelli europei ai massimi dall’estate 2008. 

Questo riflette l’ottimismo degli investitori sulle prospettive di crescita economica grazie anche all’attivismo delle banche centrali. Il calo generalizzato dell’inflazione, dovuto al crollo dei prezzi energetici nella seconda metà del 2014, imprime infatti un bias espansivo alle banche centrali. Nel Regno Unito l’inflazione è scesa ai minimi da cinquant’anni a tassi prossimi a zero. Secondo le Minute dell’ultima riunione della Bank of England pubblicate questa settimana, la maggioranza del Monetary Policy Committee prevede che, una volta esaurito il contributo dei minori costi energetici, il tasso d’inflazione stabilizzi a fine 2015, per risalire rapidamente verso il target del 2% a inizio 2017. In tale contesto, il mercato non sconta rialzi dei tassi ufficiali prima del 2016.

E nell’area euro?

Nell’area dell’euro, l'annuncio ad arte della BCE di un ambizioso programma di espansione del bilancio, il cui avvio è ormai imminente, ha compresso i rendimenti governativi e corporate, indebolito il cambio e allentato le condizioni creditizie. Tale miglioramento delle condizioni finanziarie, unito al calo dei corsi petroliferi, sta sostenendo la ripresa europea. Nella media dell’area euro, la crescita del PIL ha accelerato a 1.4% nel quarto trimestre 2014 da 0.6% nel terzo (dati annualizzati), con un recupero più marcato in Germania e Spagna. Una conferma della ripresa in corso dovrebbe giungere questa settimana dai primi dati sull'indice PMI composto (manifatturiero e servizi) per il mese di febbraio, relativo alla media dell’area euro, Francia e Germania. Dopo diversi mesi di calo, in gennaio, l’indice PMI composto per la media dell’area euro è salito a livelli consistenti con una crescita del PIL prossima a 1.5% nel primo trimestre 2015: in febbraio ci attendiamo un leggero ulteriore aumento di tale indice, uno sviluppo che sarebbe accolto favorevolmente dal mercato. L’attesa per l’intervento BCE in marzo ha inoltre evitato il contagio della crisi greca agli altri paesi periferici ad alto debito. Questa settimana sono proseguite le difficili negoziazioni tra governo greco e partner europei, con ripercussioni limitate al Paese ellenico. Il mercato sconta un esito costruttivo: si prevede una temporanea estensione del programma EFSF in scadenza a fine mese, in attesa di ridefinire un nuovo piano di aiuti e rimborso del debito.

Cosa succede sul fronte rialzo dei tassi della Fed?

In una settimana povera di dati significativi, negli Stati Uniti il focus degli investitori è volto alla strategia della banca centrale. La Federal Reserve si è dichiarata “paziente” nell’avviare il rialzo dei tassi, complice il calo dell’inflazione e l’assenza di tensioni salariali. I recenti indicatori ciclici, dalle vendite al dettaglio alle survey manifatturiere agli indicatori del mercato immobiliare, segnalano una temporanea perdita di slancio ciclico dell’economia USA tra fine 2014 e inizio 2015: al calo degli investimenti nella produzione energetica (shale oil) si aggiunge l’impatto negativo del dollaro forte su profitti ed export. Tuttavia l’espansione USA sembra ormai avviata su un sentiero sostenibile, con un rapido ritorno alla piena occupazione. I rendimenti del Treasury decennale sono risaliti circa 40 p.b. dai minimi di fine gennaio, ma il mercato resta estremamente ottimista sul futuro profilo di rialzo dei tassi ufficiali: la curva incorpora aspettative di aumento molto graduale del Fed Funds a 1% nell’arco di 12 mesi e a 1.50% entro fine 2016. Molto importante in proposito sarà l’audizione di Janet Yellen alla Commissione Finanze del Senato prevista per la prossima settimana.