Strategie alternative, un nuovo appeal

Giorgio Fata
Giorgio Fata

Nel 2017 abbiamo osservato un ritorno di interesse degli investitori verso le strategie alternative. In termini generali, queste strategie sono caratterizzate da una scarsa correlazione con le asset class tradizionali, consentendo di beneficiare di una maggiore diversificazione che contribuisce a migliorare l’efficienza compessiva del portafoglio. Ma quali sono le ragioni che hanno portato ad un crescente utilizzo di queste strategie? A rispondere a questa domanda sono i gestori alternativi di alcune delle più importanti realtà italiane del risparmio gestito nella prima parte della tavola rotonda organizzata da Funds People.

Nonostante il ritorno di interesse verso queste strategie, negli ultimi anni non si può parlare di successo delle strategie alternative. È di questo avviso Matteo Santoro, portfolio manager di Kairos. Analizzando i rendimenti delle varie asset class negli ultimi anni, le strategie alternative non hanno brillato, soprattutto rispetto al fixed income, che è un’asset class molto amata dagli investitori europei. “Gli alternativi stanno dimostrando di aggiungere dei vantaggi in termini di diversificazione in un portafoglio costituito prettamente da strategie a tasso fisso o azionarie simili al fixed income. Se guardiamo ai livelli di correlazione, vediamo che si stanno riducendo. A nostro avviso questo è legato principalmente al rialzo dei tassi”, dice Santoro. Secondo Salvatore Cordaro, CIO di Tages Capital SGR, negli ultimi 12 mesi abbiamo osservato un miglioramento del livello di correlazione tra le strategie hedge. “In periodi caratterizzati da elevati livelli di correlazione, come dal 2011 al 2016, utilizzando la tecnica dell’analisi delle componenti principali si rilevava che una componente o due spiegavano la maggior parte dei risultati di tutte le strategie. Questo aspetto era legato molto probabilmente alle politiche monetarie che dominavano il mercato hedge, come del resto anche quello tradizionale. Oggi invece all’interno delle strategie hedge la diversificazione è molto più efficace”.

In termini generali, il mondo degli hedge fund è un fenomeno molto anglosassone, mentre in Europa e in Italia è più ridotto in termini di dimensioni. “Nel mercato americano abbiamo osservato una crescita molto forte in termini di masse. In Europa c’è un maggiore focus sulla componente più liquida delle opportunità di investimento, mentre la parte anglosassone tende a sfruttare i ‘premi di illiquidità’”, afferma Filippo Stefanini, responsabile multimanager investments & unit linked di Eurizon Capital SGR. Inoltre, precisa il gestore, lo scenario attuale rende interessante questo tipo di strategie: tassi bassi, mercati azionari su livelli elevati, segmenti di mercato che sono trascurati e dove ci può essere valore.

Anche Sara Cazzola, fund manager di Hedge Invest SGR, è abbastanza ottimista sulle prospettive dei prodotti alternativi sia in ambito azionario, con strategie long/short equity, sia in ambito obbligazionario, con strategie credit long/short. “Gli investitori più sofisticati e gli istituzionali stanno iniziando a guardare con più attenzione alle strategie alternative alla ricerca di strumenti a volatilità contenuta che sostituiscano almeno in parte l’investimento obbligazionario che, in un ambiente di tassi in moderato rialzo, non rappresenta più un ‘porto sicuro’ per i loro portafogli”. Un altro aspetto importante riguarda il cambiamento nelle aspettative degli investitori. “Se anni fa gli investitori istituzionali ritenevano un portafoglio hedge in grado di generare un rendimento assoluto del 6%-8% non particolarmente attraente, oggi questo stesso range di rendimento viene considerato addirittura soddisfacente”, afferma Cordaro.

Un altro fattore chiave del successo è stata la trasparenza di comunicazione, ovvero educare i clienti, aiutandoli a capire i benefici di diversificazione di questa strategia. È di questo avviso Marco Seveso, gestore di Soprarno SGR. La società gestisce solamente un fondo long/short equity che in questi anni ha avuto un discreto successo anche nella parte retail. “Rispetto agli anni passati, dove il mercato era poco preparato a strumenti complessi o più strutturati, ora in realtà sembra recepirli in maniera più propositiva e corretta”. Lo scorso anno gli asset alternativi e i fondi a cedola sono stati i prodotti più venduti nel segmento retail. David Karni, responsabile portafogli d’investimento di BCC Risparmio&Previdenza, definisce il discreto successo degli alternativi nel segmento retail come un allargamento di vedute.Ciò che manca a livello culturale è la resistenza al drawdown. È fondamentale l’effetto di diversificazione e per questo serve aumentare la resilienza nel portafoglio di alcuni strumenti”.

Inoltre, secondo Karni, man mano che il prodotto acquisisce fama, inizia a sottoperformare. Probabilmente, queste strategie una volta che arrivano sul mass market iniziano a sentire la pressione del pubblico. Secondo Cordaro, questo fenomeno è dovuto a due fattori: da un lato masse crescenti non possono necessariamente essere gestite nella stessa maniera, e quindi il rendimento marginale ne soffre. Dall’altro, le strategie diventano popolari dopo aver performato e non prima. Questo crea di fatto una dicotomia tra la gestione e la parte commerciale. In ogni caso, secondo Seveso, risulta fondamentale considerare se queste strategie non abbiano preso delle scommesse troppo forti su alcune asset class. La consistenza della strategia non deve essere basata su una scommessa troppo forte e unidirezionale, altrimenti anche i rendimenti di questa potrebbero essere condizionati dal successo di un singolo evento.