Settore biotech a prova di bolla, ancora opportunità nel medio-lungo periodo

Alessandro_Faccioli
Immagine concessa

Da settore di nicchia, a comparto rivolto a un numero sempre crescente di investitori. Negli ultimi anni, il biotech ha messo a segno una crescita esponenziale, anche in termini di valutazioni di mercato. Di qui il dubbio se il recente boom sia giustificato o si tratti, invece, di una bolla speculativa pronta a esplodere. FundsPeople lo ha chiesto ad Alessandro Faccioli, advisor di Zeus DNA Biotech, il fondo lanciato a maggio 2014, che  da inizio anno sta guadagnando oltre il 30% e dal lancio il 75%.

Settore delle biotecnologie

“L’investimento nelle biotecnologie deve essere visto come scelta strategica di lungo periodo. Ha il grande vantaggio di essere un settore difensivo, in quanto la domanda di terapie è ben poco correlata con la congiuntura economica e allo stesso tempo è ad alta crescita”, spiega  Faccioli, che ricorda che in termini di fatturato il comparto è cresciuto negli ultimi anni a un media superiore al 20%.  È interessante, quindi, osservare le potenzialità che le aziende biotecnologiche ancora presentano. Ma questo processo deve essere fatto con specifiche competenze al fine di evitare grandi delusioni. “Un aspetto da tenere in considerazione è il fatto che ad oggi, dopo anni di grandi rendimenti dei corsi azionari biotech, ci siano ancora delle quotazioni interessanti – dice Faccioli – Inoltre, se l’investimento è visto nell’ottica di almeno cinque anni (come qualunque investimento azionario), le grandi potenzialità non mancano”. Secondo l'advisor del fondo Zeus DNA Biotech, dopo una lunga corsa, però, qualche correzione sarebbe naturale e fisiologica, “ma se dovesse avvenire – puntualizza - deve essere vista come un’opportunità, proprio perché i fondamentali del settore non sono mai stati così forti come lo sono oggi”.

La corsa del settore sembrerebbe, quindi, non essere ancora arrivata al capolinea. “È inopportuno, salvo forse qualche specifico caso, parlare di quotazioni in bolla”, risponde infatti Faccioli, che spiega che, a tale proposito, è importante analizzare i multipli aziendali. “A tale scopo è importante utilizzare un rapporto prezzo/utile ricavato dai margini di guadagno aziendali, proprio perché l’utile d’esercizio delle aziende biotecnologiche è spesso nascosto da forti investimenti temporanei”, spiega l'esperto, che aggiunge che per certi aspetti assomiglia un po’ alla corsa all’oro e viene da dire che “chi si ferma è perduto”. Oggi molte aziende stanno spingendo pesantemente nella ricerca e sviluppo. Questo il caso di Gilead Sciences, una delle realtà principali nel settore, che può essere utilizzata come termometro. All'inizio del 2000 i suoi titoli quotavano poco meno di 2 dollari; oggi - dopo 15 anni - sono arrivati a 115 dollari. Il rendimento è stato quindi del 5.650%. “La chiave del successo è da guardare nei dati aziendali”, commenta Faccioli, che ricorda che nel suddetto arco temporale il fatturato è passato da 196 milioni agli ormai 30 miliardi di dollari. “Utilizzando i suoi margini di guadagno, la biotech ha un rapporto prezzo/utile su dati del 2015 di circa 12; tale valore sta ad indicare che le quotazioni, nonostante il forte incremento, sono ancora cheap e sicuramente non tirate”, illustra l'advisor del fondo Zeus DNA Biotech. 

Gilead Sciences ha sviluppato, infatti, i migliori farmaci al mondo per trattare lo HIV e il farmaco in capsule Harvoni, medicinale che in 12 settimane permette nella quasi totalità dei pazienti di debellare una malattia cronica come l’epatite C. “Forse Gilead Sciences è oggi una delle big biotech con i multipli più bassi”, aggiunge Faccioli, che interpellato sulle valutazioni raggiute da molte società biotecnologiche a rischio bolla, risponde: “Altre aziende big biotech hanno multipli più alti, ma applicando i margini aziendali sui fatturati stimati del 2016 otteniamo un rapporto prezzo/utile tra i 14 e i 30, valori molto lontani dalla bolla del 2000 quando aziende come Yahoo avevano multipli superiori a 1.000”. Multipli attorno a 20 sono da considerarsi normali per aziende che operano nel mercato della salute. “Da un lato, occorre dare un piccolo premio proprio per il fatto che è un settore difensivo (meno rischioso) e quindi poco correlato alla congiuntura economica, dall’altro perché la crescita reale di molte aziende è superiore al 20%. Tale fatto – spiega Faccioli -  implicherebbe un rapporto PEG (price/earnings to growth) su valori del 2016, poco lontani da 1 e questa è un’ulteriore conferma che si hanno quotazioni sostenibili”. Inoltre, non va dimenticata la crescita. “Se un’azienda cresce del 20% in termini reali ogni anno, dopo tre anni a interesse composto è cresciuta più del 70%. Eventuali correzioni pesanti sui suoi corsi azionari creerebbero una forbice molto importante tra Main Street (valore reale) e Wall Street (valore di Borsa)”, prosegue l'advisor del fondo Zeus DNA Biotech. 

Caratteristiche del fondo Zeus DNA Biotech

Il fondo DNA Biotech mira a conseguire una crescita investendo almeno due terzi del proprio patrimonio netto in valori mobiliari emessi da aziende biofarmaceutiche che sono in prima linea nell’innovazione del settore medico. Inoltre, si avvale di un vero e proprio stock picking rispetto alle repliche degli indici che si trovano sul mercato. La scelta dei titoli, e il relativo peso in portafoglio, sono effettuati sulla base dell’analisi dei fondamentali delle aziende. “Ragioniamo da investitori e non da speculatori, quindi da soci che partecipano a un progetto ritenuto interessante - commenta Faccioli - Statisticamente le aziende sane con un business in continua espansione e acquistate a un prezzo ragionevole, nel tempo generano ritorni superiori alla media”. Ovviamente, un'azienda viene acquistata se è ritenuta sottovalutata e viene venduta quando viene ritenuta sopravvalutata. Per entrare a far parte del portafoglio, le aziende devono soddisfare diversi requisiti.  “Innanzitutto si acquistano solo aziende quotate sulle principali piazze finanziarie mondiali. In genere devono avere una capitalizzazione minima di 400/500 milioni di dollari e almeno quattro o cinque anni di storia affermata”, prosegue l'esperto. Alla luce della natura particolarmente innovativa dell’industria farmaceutica nell’America del Nord e nell’Europa occidentale, il fondo è investito per oltre l'87% in società biotech Usa e per quasi il 10% in compagnie europee

Nella classifica dei primi 10  titoli in portafoglio le prime tre posizioni sono ricoperte da Celgene Corp, BioMarin Pharmaceutical e Gilead Sciences, ognuna delle quali pesa oltre l'8% sul portafoglio complessivo. A livello di andamento, a causa della crisi greca, a giugno le quotazioni del fondo sono scese del 2%. Nel complesso, però, la classe istituzionale da inizio anno sta guadagnando  oltre il 30%. Tra gli avvenimenti più importanti che hanno riguardato le società inserite in portafoglio, si deve menzionare il fatto che il farmaco BMN-111 (Vosoritide) della BioMarin ha evidenziato dati positivi di fase II nel trattamento della acondroplasia, la forma più comune di nanismo. A seguito di tale notizia, le quotazioni di BioMarin hanno raggiunto il nuovo massimo storico. Il farmaco sembra avere quindi le potenzialità per divenire un blockbuster drug (medicinale con vendite superiori al miliardo di dollari Usa).  Ci sono, infatti, circa 24.000 individui in tutto il mondo che soffrono della suddetta patologia. La molecola permette di normalizzare lo sviluppo dei bambini, con un incremento della crescita annua del 50%.  Inoltre, il 2 di luglio la FDA ha concesso la licenza alla commercializzazione al farmaco Orkambi di Vertex Pharmaceuticals (che ha un peso del 2,3% nel portafoglio del fondo Zeus DNA Biotech).  Si prevede che il volume d’affari dell’Orkambi sia di diversi miliardi di dollari. Il medicinale è, infatti, in grado di curare le cause della fibrosi cistica, nei pazienti di età superiore ai 12 anni, che presentano due copie dell’alterazione genetica F508del.