Se scegliere l’asset class diventa un’arte

Creare valore, si sa, non è facile. Soprattutto se la situazione è quella che si osserva negli ultimi mesi, dove le opportunità non sono così chiare. Per questo serve far riferimento a una gestione affidabile, dove l’attività di asset allocation diventa un’arte fatta con cura certosina. A volte utilizzando anche strumenti derivati per andare ad aggiustare l’allocazione del portafoglio dal punto di vista del rischio azionario. “Avere delle aspettative solide nel medio periodo (3/5 anni) è difficile, per questo un portafoglio ben diversificato, flessibile, dinamico con obiettivi di contenimento del rischio e della volatilità sono oggigiorno essenziali”, dice Giulio Casuccio, responsabile degli investimenti multi-asset e fixed income di Fondaco SGR

Dal maggio 2014 lui è il gestore del Fondaco Multi-Asset Income, un fondo con 1,7 miliardi di euro di patrimonio. È un fondo di fondi (sia locali sia lussemburghesi, che di gestori terzi) che si pone l’obiettivo di generare reddito mediante la creazione di un portafoglio diversificato e molto liquido nelle classi di investimento tradizionali. La sua è una politica gestionale flessibile con un’esposizione variabile ai mercati compresa tra il 15% ed il 35%, ai mercati dei titoli governativi compresa tra il 50% ed il 70% ed al mercato del credito tra i 10% ed il 20%. 

“È un processo d’investimento che si fonda sulla valutazione strategica di medio periodo, con un modello di asset allocation che ci fornisce la definizione di universo investibile, quali asset class includere e un peso di riferimento. Poi ci sono valutazioni di carattere macro sui mercati finanziari e sulle varie aree geografiche”, spiega il gestore della società torinese. Insomma un processo che combina elementi quantitativi con elementi qualitativi più legati ai fondamentali.

Meno azioni, più credito

Il fondo flessibile, un bilanciato prudente, ha un’esposizione azionaria che non supera mai il 35%. “In questo momento siamo sotto il 10%”, precisa Casuccio. Anche se ammette che da inizio anno il portafoglio non è stato granché modificato. “Lo abbiamo fatto già a fine agosto e fino a fine settembre 2015, riducendo il profilo di rischio nel suo insieme, visto il trend negativo generale. L’esposizione alle azioni è stata ridotta. Abbiamo mantenuto discreta l’esposizione valutaria. Preferiamo comunque l’area euro, mentre investiamo tra il 7 e l’8% sul debito emergente”. 

E sul fixed income? “La componente obbligazionaria resta importante anche se diversificata con posizioni corte sui treasuries americani, dove continuiamo a vedere un rischio d’incremento dei tassi d’interesse. Rimane importante l’esposizione al credito (circa il 17%) che abbiamo incrementato di 4/5 punti percentuali negli ultimi due mesi”, afferma il gestore. 

Come a dire il posizionamento, visto il clima generale, è prudente e l’obiettivo è quello di contenere la volatilità del fondo che, pur essendo cresciuto, rimanere attorno al 7%. “Il target è tra il 6 e l’8%: tutto sommato siamo dentro le soglie previste”, commenta l’esperto. Che poi aggiunge sorridendo: “Al momento noi gestori siamo un po’ come gli allenatori in panchina: tutti bravi quando vinciamo, tutti scarsi quando non vinciamo più”.