Se il petrolio al minimo è l'artefice della crescita nel 2015

Attendere, ma non troppo. E poi puntare sull’azionario europeo e italiano, beneficiando del calo del prezzo del petrolio e dell’euro debole. Fabrizio Fiorini, direttore Investimenti di Aletti Gestielle SGR, non ha dubbi. Il 2014 è stato un anno instabile, con una serie di cause effetto contrarie alla normale dinamica finanziario-economica. È per questo, dice al Salone del Risparmio, che “avere più informazioni - ed una loro corretta interpretazione -, aumenta le probabilità di performance. Nel guidare le scelte di’investimento la probabilità di performance ha la stessa importanza della performance potenzialmente ottenibile”.  Il ragionamento è chiaro: per fare delle scelte effettive occorre partire da un analisi macroeconomica e muoversi in questo spazio.

Cosa ci lascia allora il 2014 in eredità?  “È  stato un anno complicato nonostante un inizio pieno di speranza. Nel 2014 c’è stata una ripresa economica a livello mondiale, soprattutto negli Stati Uniti e un po’ in Europa, ma molte altre variabili non si sono comportate come ci aspettavamo. C’è stata una crescita occupazione in Usa ma nessun aumento dei tassi interesse. Non c’è stata un’evoluzione della politica monetaria americana, come ci si sarebbe aspettato. E l’unica spiegazione a posteriori è che non ci sia stato un aumento dell’inflazione. Ma non è così. L’inflazione è salita in Usa e in Giappone, solo in Europa la situazione è rimasta invariata. Insomma, per la prima volta l’Europa ha guidato i tassi d’interesse di tutto il mondo”. Con la volatilità dei mercati azionari, che hanno fatto chiudere gli indici europei a poco più di +1 e quello degli emergenti in territorio negativo, le politiche della Fed hanno avuto un ruolo centrale  sui mercati. Ma “una banca centrale che regge equity, bond ed emergenti non poteva funzionare” spiega Fiorini.

Cosa fare dunque nel 2015? “Per capire come iniziare il 2015 dobbiamo rispondere a due domande: il petrolio a 50 dollari è deflativo o espansivo? Direi espansivo perché un prezzo del petrolio più basso aumenta il reddito disponibile nelle tasche dei consumatori. Anche sui Paesi emergenti possiamo ipotizzare un potenziale impatto positivo, soffrono solo gli esportatori. La seconda domanda è: Le banche centrali oggi rappresentano un coordinamento mondiale? Io penso di sì e penso che sia un momento positivo. Il 2015 non si apre con una sola banca, come la Fed, al centro di tutto, ma ci sono tre banche (Fed, Bce e BoJ) che fungono da pilastro nel mercato finanziario. Negli ultimi mesi poi ci sono state almeno 20 azioni di politica monetaria espansiva in tutto il mondo - penso alla Cina, all’India -. Insomma si è creata un’azione congiunta che ha visto entrare in campo tutte le banche centrali. Questo ha creato un nuovo equilibrio, molto più stabile e armonioso, il cui vero artefice è il prezzo a 50 dollari del petrolio che guida tutti gli investimenti e ha offerto l’occasione alle banche centrali di diventare espansive”.

Dopo un anno di pazienza adesso, secondo Fabrizio Fiorini, si può dunque cominciare ad usare liquidità, soprattutto sugli indici europei e italiani, ma anche sull’azionario dei Paesi emergenti, che hanno il doping del taglio dei tassi. “Il vero tallone d’Achille del mercato Usa non è nella debolezza europea, ma nella fragilità americana, che ipotizza che la Fed non alza i tassi, li alzerà più avanti e li alzerà meno. Penso invece che lo scenario sarà diverso. La Fed può avere meno paura di agire, visto che gli altri Paesi si sono resi meno vulnerabili”. L’Europa è insomma da preferire all’America sulla parte azionaria. “Sull’obbligazionario, governativo e corporate bisogna ancora mantenere basso il rischio. Sull’esposizione valutaria per noi europei diversificare su altre divise rimane una scelta favorevole. Nel medio termine poi potrebbe tornare a pensare la posizione di bilancia di parte corrente, estremamente favorevole all’Europa”, conclude il direttore Investimenti di Aletti Gestielle SGR.