Schroders, tra i mercati emergenti meglio privilegiare quelli che hanno intrapreso riforme strutturali

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Quali sono stati i fattori catalizzatori dei mercati emergenti? Questo è uno dei temi affrontati in occasione dell’International Media Conference di Schroders che si è svolta a Londra il 16 e 17 novembre. I gestori emerging markets della casa britannica hanno fornito una view sull'asset class, soffermandosi sulle opportunità e fonti di rischio dell'azionario e obbligazionario emergente.

Tom Wilson, head of emerging markets equities di Schroders, fornisce un quadro generale dei mercati azionari emergenti. “La crescita economica globale sincronizzata e la debolezza del dollaro hanno di fatto sostenuto la fase rialzista dei mercati emergenti, anche se la crescita dell’inflazione negli Stati Uniti al di sopra delle attese potrebbe rappresentare una fonte di rischio per l'asset class. In termini di allocazione geografica, sottopesiamo l'India, sovrappesiamo Argentina e Brasile, e vediamo interessanti opportunità sul mercato asiatico”, afferma l’esperto. In termini generali, “è importante andare alla ricerca di società che siano in grado di garantire rendimenti interessanti e buone prospettive di crescita degli utili”, conclude.

Abdallah Guezour, gestore emerging markets debt di Schroders, si concentra invece sul mondo fixed income emergente. Secondo il fund manager, la fase di bear market del periodo 2013-2015 ha portato a dei cambiamenti politici rilevanti in alcuni Paesi come India, Argentina e Indonesia, che hanno avviato importanti riforme strutturali. Oggi i mercati emergenti sono caratterizzati da valutazioni interessanti, rendimenti obbligazionari elevati e cambiamenti politici positivi. La situazione rispetto al 2014 è profondamente cambiata: tre anni fa il gestore aveva individuato cinque Paesi che presentavano rischi elevati, i cosiddetti ‘Fragile Five’, ovvero Turchia, Brasile, India, Indonesia e Sud Africa, oggi nel gruppo è rimasta solo la Turchia. “In Indonesia e India i programmi di riforme strutturali sono piuttosto avanzati, mentre in Argentina, l’elezione di Macri nel 2015 ha ridato credibilità al Paese, che è tornato sui mercati finanziari internazionali dopo il default del 2001. In Brasile il governo Temer ha avviato importanti riforme (come quella del mercato del lavoro e delle pensioni) ma la situazione risulta più complicata visto il contesto di incertezza politica”, spiega Guezour. Per il Venezuela la situazione è differente, "osserviamo non solo una mancanza di riforme, ma anche di legittimità del governo in carica. Per questo motivo risulta difficile vedere all’orizzonte un recupero o la risoluzione del problema del debito in Venezuela”.

Nello scenario attuale, secondo il fund manager risulta fondamentale diversificare, privilegiando i Paesi che hanno intrapreso riforme strutturali. “Vediamo opportunità di investimento interessanti sul mercato obbligazionario di Indonesia, India, Brasile e Argentina, e probabilmente il prossimo Paese dove potrebbero esserci potenziali opportunità di investimento sarà il Sud Africa, dove la leardership del Presidente Zuma sembra quasi giunta alla conclusione. Il governo sta avviando riforme economiche e sembra essere un buon momento per investire in strumenti di debito del Sud Africa”, spiega il gestore.

Per quanto riguarda la Cina, che ha un peso di circa il 30% nell’indice MSCI Emerging Markets, “una delle fonti di rischio è sicuramente il livello del debito che continua a crescere, con il total credit outstanding che ha superato il 300% del PIL del Paese”, dice Guezour. Nonostante i policy maker stiano cercando di far fronte a questo problema, il tema chiave è capire quale sarà l’impatto delle riforme strutturali sul fronte dell’offerta e del deleveraging. “Uno degli impatti sarà sicuramente una minore crescita nei prossimi anni. Inoltre, questo potrebbe rappresentare un problema per i Paesi strettamente dipendenti dalla Cina, come l’Indonesia o altri Paesi esportatori di materie prime come il Brasile", dice il fund manager. Vista la continua crescita del debito cinese, questi Paesi hanno realizzato piani di aggiustamento della bilancia dei pagamenti, dimostrando di riuscire a far fronte al rallentamento della domanda cinese.