Road to Brexit, la view delle case di gestione non-UK

Benjamin Davies, Unsplash
Benjamin Davies, Unsplash

Un regalo sotto l’albero, di quelli apprezzati ma la cui utilità dovrà essere dimostrata nel tempo. L’esito delle elezioni politiche in Gran Bretagna è agli occhi degli asset manager non-UK positivo poiché toglie incertezza circa il percorso verso l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, ma è allo stesso tempo da interpretare alla luce di quello che accadrà nello scacchiere internazionale.

“L’ampia maggioranza su cui potrà contare il governo Johnson”, commentano Bethany Payne e Andrew Mulliner, entrambi portfolio manager del Global Bond Team di Janus Henderson Investors, “restituisce finalmente chiarezza ai mercati”. “Ci aspettiamo che la sterlina manterrà guadagni sostenuti da una spinta al Prodotto interno lordo, grazie a una ripresa della domanda da consumatori e imprese all'inizio del 2020. Un nuovo bilancio è previsto provvisoriamente per marzo, dove ci aspettiamo un maggiore allentamento fiscale”, aggiungono.

La fine dell’austerity: la politica fiscale

Il tema degli investimenti e della politica fiscale è ricorrente nei commenti provenienti dalle case di gestione, tanto statunitensi quanto europee. “In questo contesto”, spiegano dall’ Asset Allocation Team di Candriam, “è probabile che l'anno prossimo l'incertezza continuerà a pesare sulla crescita del Regno Unito, dato che le imprese continueranno a rinviare le decisioni sugli investimenti e le assunzioni finché i futuri rapporti tra Regno Unito e UE non saranno del tutto chiari”. “La politica fiscale”, specificano però gli esperti, “dovrebbe consentire all'economia britannica di ritrovare un certo slancio: se il partito conservatore seguirà il suo manifesto, la politica fiscale contribuirà con uno 0,4-0,5% alla crescita del Regno Unito l'anno prossimo, permettendo un’accelerazione della crescita di circa l'1,5% nel 2020, da poco più dell'1% nel 2019”. La maggior parte della spinta arriverà secondo le previsioni da maggiori investimenti pubblici, dando vita a quella che Francesco Castelli, responsabile Fixed Income di Banor Capital, definisce una “bizzarria della storia”. “Il conservatore Boris probabilmente presiederà la fine dell’austerity”, afferma. “La spesa pubblica”, entra nel dettaglio, “servirà a compensare il rallentamento economico ormai conclamato: Brexit è stata per i conservatori una vittoria politica ma gli effetti economici negativi si stanno facendo sentire”. “Gli investitori esteri torneranno”, è sicuro Castelli, che sottolinea inoltre come “se visto in prospettiva ultradecennale, il forte apprezzamento della sterlina da metà ottobre ad oggi sia solo un parziale recupero rispetto a una situazione di sottovalutazione cronica”. Resta dunque spazio per considerare ancora attraente la moneta britannica che però dovrà fare i conti con un possibile ritorno dell’incertezza una volta che il nodo dei futuri rapporti commerciali tra Regno Unito e resto del mondo, Unione Europea in particolare, sarà affrontato.

Conseguenze per gli investitori

“Gli investitori farebbero bene a prestare grande attenzione”, ammonisce Paras Anand, head of Asset Management Asia Pacific di Fidelity International, guardando al medio periodo e allo scenario internazionale. “Ci sono tre aree su cui gli investitori dovrebbero concentrarsi”, sostiene. La prima è rappresentata dal segnale di chiusura del rally del dollaro statunitense. “L'incertezza su Brexit ha portato a un lungo periodo di debolezza della sterlina, tuttavia il dollaro USA è stato anche sostenuto dall'atteggiamento più restrittivo dell'America nei confronti della politica monetaria e di un'economia sottostante più forte rispetto al resto del mondo. L'indebolimento dei dati economici degli ultimi mesi e l'incertezza delle prospettive politiche hanno indotto la Fed a esercitare pressioni per mantenere una politica monetaria flessibile. Questo serve a sostenere l'economia, ma anche il mercato azionario, che sembra essere visto dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump come un referendum sulla sua performance da leader. Se ci troviamo effettivamente a un punto di svolta nella lunga sovraperformance del dollaro, ciò avrà conseguenze significative per i mercati globali, in particolare per i mercati emergenti”, spiega Anand. La seconda area ha a che fare ancora una volta con la politica fiscale. “Johnson”, fa notare il manager, “ha un track record nel sostegno agli investimenti in progetti infrastrutturali su larga scala. Questo si allinea con la tendenza globale, che ci aspettiamo prosegua nei prossimi mesi, di ricorrere alle politiche fiscali da parte dei governi piuttosto che alle politiche monetarie per sostenere la crescita economica”. Infine, il richiamo è alle dinamiche inflazionistiche nelle principali economie mondiali. “Nell'ultimo anno abbiamo assistito a un aumento delle misure inflazionistiche ma, se consideriamo i mercati obbligazionari di tutto il mondo, sarebbe giusto dire che, ai prezzi attuali, la probabilità di una ripresa dell'inflazione è molto bassa. Considerato il numero di falsi allarmi circa gli aumenti inflazionistici degli ultimi anni, è probabile che le banche centrali si posizioneranno dietro la curva, il che, in netto contrasto con il consenso, potrebbe portare a un superamento dell'inflazione al rialzo nel medio termine”, analizza l’head of Asset Management Asia Pacific di Fidelity International.