Rialzo dei tassi, questo grande sconosciuto?

Giandomenico_Ricci
Giandomenico Ricci, Flickr, Creative Commons

Il 2017 ci pone forse dinanzi a una fase nuova, a un mondo caratterizzato da un trend cui non assistiamo ormai da 15-20 e che al quale dovremmo guardare con molta attenzione. È possibile affermare che d’ora in avanti i tassi si muoveranno al rialzo oppure no? A fare il punto sui mercati finanziari e sugli elementi da monitorare nei prossimi mesi sono i tre esperti di Anima SGR, Armando Carcaterra, direttore investimenti, Davide Gatti, direttore vendite e Miriam Berizzi, responsabile servizio specialisti di mercato.

“Un aumento dei rendimenti sostanziale, in realtà, c’è già stato”, afferma subito Miriam Berizzi. L’esperta ricorda che nell’ultimo trimestre del 2016 il mercato delle obbligazioni governative globali ha registrato le perdite più significative degli ultimi 14 anni. “Pensiamo, comunque, che il trend di rialzo dei tassi possa continuare per quanto a un ritmo più lento, con più volatilità e potenzialmente anche con fasi di correzione e consolidamento importanti”. La ragione fondamentale è l’evoluzione del quadro macro. Nella seconda metà del 2016 hanno cominciato a emergere segnali sempre più consistenti di accelerazione della crescita e aumento delle pressioni inflazionistiche, segnali peraltro confermati nelle prime settimane del 2017. “Se guardiamo alla crescita, poi, la parola chiave è sincronizzazione: gli indicatori di fiducia delle imprese dipingono un quadro di accelerazione sia per il settore manifatturiero sia per quello dei servizi su scala globale, non solo negli USA di Trump. Basti pensare che l’indicatore pubblicato qualche giorno fa per l’area euro ha registrato il livello più alto da aprile 2011 con la Francia in testa”.

Stesse considerazioni per quanto riguarda l’inflazione: un miglioramento diffuso su scala globale con l’area euro in testa che ha visto un livello di inflazione passare da uno 0,6% di novembre scorso a 1,8% dell’ultima lettura di gennaio. Si tratta di sviluppi che non sono passati inosservati alle Banche Centrali che hanno adottato un orientamento meno espansivo. “Per riassumere”, continua Berizzi, “potremmo dire che la crescita in accelerazione, il risveglio dell’inflazione, le politiche monetarie meno accomodanti e quelle fiscali più espansive in aree geografiche di spicco oltre ad essere compatibili innescano in qualche misura un aumento dei rendimenti”.

Com’è consigliabile muoversi, dunque, in una fase di questo tipo? Secondo Armando Carcaterra un ripensamento dell’asset allocation diventa fondamentale, soprattutto per quella clientela che ha portafogli caratterizzati da un forte peso degli asset obbligazionari. “Un aumento dei tassi di interesse si tradurrebbe automaticamente in una diminuzione dei prezzi dei titoli obbligazionari, è per questo che da Anima continuiamo ad avere un approccio più costruttivo sui mercati azionari”. “In uno scenario supportivo per i mercati azionari”, aggiunge Davide Gatti, “vale la pena, in una logica di investimento di lungo periodo, iniziare a prendere in considerazione fondi che investono sulle borse internazionali”.

Anche in questo contesto vale il principio di diversificazione del portafoglio. È il caso di aumentarne il grado senza per questo incrementare il profilo di rischio/rendimento del proprio portafoglio. “Un po’ di azioni in più in questa fase fanno bene. È consigliabile diversificare all’interno del mondo azionario ma soprattutto in quello obbligazionario”. Secondo l’esperto andremo sicuramente incontro a una fase di mercato di maggiore volatilità. “Un altro approccio sarebbe affrontare tali mercati con prodotti più flessibili in quanto ad asset allocation”, aggiunge Carcaterra.

Un altro elemento chiave è il rischio politico, tema dominante del 2016 ma ancora scottante nel 2017, dove si assisterà a importanti appuntamenti elettorali in Europa e agli sviluppi della Brexit e dell’elezione di Trump. “Per quanto riguarda l’area euro il focus è sicuramente sulle elezioni presidenziali francesi”, sostiene Berizzi. Nei sondaggi il primo partito è quello di Marie Le Pen che ha già detto che in caso di vittoria indirà un referendum sull’appartenenza della Francia all’UE e all’unione monetaria perché vuole reintrodurre il franco. “Se questo scenario dovesse materializzarsi le penalizzazioni per gli asset europei sarebbero consistenti”. Il meccanismo elettorale francese (maggioritario a doppio turno) dovrebbe arrestare la sua ascesa all’Eliseo ma anche se dovesse vincere la Le Pen il rischio Frexit è minimo. “I francesi sono il popolo più europeista fra tutte le nazioni dell’area euro”.

Secondo l’esperta, se il 2016 ci ha insegnato qualcosa, questa è la resilienza dell’asset class azionaria a eventi potenzialmente destabilizzanti quando il quadro macro e micro sono supportivi. Dall’altra parte dell’Atlantico le scelte di Trump saranno fondamentali nel plasmare l’andamento di mercati e dell’economia globale. Anche se i mercati lo hanno accolto con grande euforia per il suo programma fortemente orientato alla crescita, per ora ci giungono solo indiscrezioni. “Sapremo qualcosa in più nel discorso del 28 febbraio che Trump terrà davanti al Congresso in cui sarà fondamentale valutare il grado di supporto di quest’ultimo alle misure annunciate e i tempi di implementazione”.