Quello che consulenti e private banker dovrebbero far capire ai clienti

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Uno dei principali ostacoli che ogni private banker e consulente finanziario si trova ad affrontare nella quotidianità del suo lavoro è riuscire a stabilire un dialogo franco e costruttiva con i propri clienti. E tra i fattori che spesso inficiano la comunicazione, volta all’individuazione delle migliori strategie da seguire per raggiungere un determinato obiettivo d’investimento, sono proprio i pregiudizi e le distorsioni comportamentali degli stessi clienti che ricorrono alla consulenza di questi professionisti. Tuttavia, esistono delle verità inconfutabili che ogni buon consulente o private banker dovrebbe riuscire a far comprendere ai suoi clienti.

1. Investire in azioni o obbligazioni per conto proprio è come giocare alla roulette. Un’azione è un asset con un comportamento binario: sale o scende a seconda di fattori difficilmente prevedibili. Una buona azienda può essere un pessimo investimento se il prezzo che si paga per questa è troppo alto. Può anche darsi il caso che la società veda incrementare i suoi utili e il suo titolo in borsa crolli perché non ha soddisfatto le aspettative di consensus del mercato.

Nonostante tutto, comunque, molti investitori con grandi patrimoni insistono sull’acquisto diretto di azioni, rivendicando una profonda conoscenza dei titoli e cadendo, così, nel pregiudizio della prossimità: investire in quello che si conosce senza soffermarsi sui rischi che ciò comporta. Da Allianz Global Investors ricordano che “spesso gli investitori vedono solo quello che vogliono vedere e il risultato può essere escludere alternative migliori”, come diversificare l’investimento, ad esempio.  

2. Tra le migliori alternative citate sopra rientrano anche i fondi d’investimento. Da Aberdeen spiegano che questo tipo di prodotto “non solo permette di diversificare in termini di asset, aree geografiche, settori o titoli. C’è un’offerta crescente di prodotti il cui obiettivo non è tanto battere un indice ma rispondere a esigenze di investimento più specifiche: generare reddito, apprezzamento del capitale, preservare il patrimonio, il tutto adattandosi a un profilo di rischio e all’orizzonte d’investimento.

Il fondo, poi, ha una serie di vantaggi aggiuntivi. Gode di liquidità giornaliera, potendo disfare posizioni in qualsiasi momento. La tassazione è la più favorevole tra tutti i prodotti di investimento disponibili e il suo patrimonio è totalmente scisso dall’entità che lo gestisce, il che è una garanzia in caso di fallimento. Un altro punto a favore di questi prodotti, inoltre, è il fatto di poter contare su un team di gestori specializzati che non si preoccupano solo di replicare un indice ma operano anche una selezione ponderata delle società in cui investire.

3. Le aspettative del cliente devono essere adeguate al suo profilo di rischio e ai suoi obiettivi. La chiave, commentano da Natixis Global AM, sta nel disegnare con l’investitore un piano che si basi sugli obiettivi dell’investitore, definire come portarlo avanti e stabilire il livello di rischio che si può assumere strada facendo. Una volta fatto questo, bisogna costruire un portafoglio durevole, focalizzato sul rischio nel processo di asset allocation, sull’aumento della diversificazione e la riduzione al minimo dell’impatto della volatilità.

4. Il vero benchmark da battere è l’inflazione. È vero che ogni investitore ha obiettivi personali specifici, ma in termini generali si può affermare che quando affidano il loro patrimonio a un consulente finanziario o un private banker quello che tutti perseguono è che il loro denaro non perda potere d’acquisto. Ciò significa che il benchmark da battere non è alcun indice tradizionale ma l’inflazione, “il grande nemico permanente dei risparmi, perché erode il potere della moneta”, ricordano da J.P.Morgan AM.

5. Mantenere la maggior parte del patrimonio in liquidità (depositi bancari, strategie obbligazionarie con duration breve…) non è una mossa intelligente. Così facendo, si va solo incontro a una perdita di terreno dei rendimenti in relazione all’inflazione e a una riduzione del potere d’acquisto nel futuro (cosa a cui stiamo già assistendo in Europa e negli Stati Uniti).

6. La geopolitica non importa. Uno degli argomenti che caratterizza le riunioni tra consulenti/private banker e i clienti – e che genera molta ansia e nervosismo tra questi ultimi - è il rischio geopolitico (conflitti, elezioni politiche, referendum…). Lo abbiamo visto con gli esiti del referendum sulla Brexit, cui sono seguite valanghe di telefonate di investitori preoccupati per la loro esposizione al mercato britannico. E, invece, il FTSE 100 è stato l’indice che si è comportato meglio nelle settimane e nei mesi successivi. Qualcosa di simile è accaduto dopo la vittoria di Donald Trump, con previsioni che parlavano di cadute del 10-15% nel mercato americano e lo S&P 500 che poi è schizzato alle stelle.

I mercati sono imprevedibili e, spesso, reagiscono in modo inaspettato. Di conseguenza, il lavoro dei professionisti dovrebbe essere convincere i loro clienti che prevedere dati macro o eventi politici non ha senso e che è difficile calcolare il loro impatto sui mercati. Quindi, in caso di eventi simili, la miglior cosa che può fare un gestore è fare il meno possibile. Bisogna mantenere il sangue freddo e restare fedeli alle proprie convizioni”, sostiene Christian Schoen, gestore di Erste AM.

7. Keep calm e… non entrare e uscire dagli investimenti. C’è ancora un ultimo passo da compiere: fare in modo che l’investitore mantenga i suoi investimenti e non si faccia prendere dal panico di fronte a episodi di volatilità. È vero che l’idea di comprare  a buon mercato e vendere quando i prezzi sono più alti sembra ovvia, ma la pratica ci dice che molti investitori tendono a fare il contrario: comprano quando il mercato sale e vendono quando cade.

“Quest’atteggiamento, alla lunga, può costare caro perché i mercati hanno dimostrato che alla fine si riprendono sempre, anche se nessuno può dire quanto durerà una caduta”, affermano da Capital Group. Uno studio realizzato dall’entità dimostra che l’avversione alle perdite e la mentalità gregaria fniscono per avere un forte impatto sui rendimenti degli investimenti e che gli investitori che restano nel mercato possono ottenere migliori risultati rispetto a quelli che entrano ed escono continuamente dallo stesso. Inoltre, il fatto di mantenere gli investimenti nel lungo termine si traduce anche in un risparmio in termini di commissioni.