PIR, nemici o alleati dei minibond?

jeremy-bishop-527439-unsplash
Photo by Jeremy Bishop on Unsplash

Sebbene si tratti di due strumenti diversi, l'obiettivo è comune: sostenere le PMI italiane. Nati nel 2012 i minibond sono emissioni da parte di società di capitale o cooperative aventi operatività propria (escludendo banche e assicurazioni) di importo massimo fino a 500 milioni di euro, non quotate su listini aperti agli investitori retail, con un focus particolare è dedicato alle emissioni sotto 50 milioni di euro. L’industria dei minibond ha confermato e rafforzato nel 2017 la crescita, proseguita nonostante il miglioramento delle condizioni di accesso al credito re- gistrate nell’ultimo biennio, confermando l’opzione del minibond quale fonte di finanziamento alternativa e complementare soprattutto in preparazione a successive operazioni sul mercato mobiliare. A fine 2017 i titoli quotati sull'ExtraMOT PRO di Borsa Italiana erano 201 per un controvalore nominale complessivo di oltre 10,5 miliard di euro, con l’interessante novità dell’apertura di un segmento del listino dedicato ai social bond e ai green bond.

Ma il 2017 è stato anche l’anno di introduzione dei PIR nel mondo del risparmio gestito italiano.  La raccolta è stata di 10,9 miliardi e un patrimonio ha sfiorato i 16 miliardi. Secondo i dati inclusi nella mappa trimestrale di Assogestioni sono 33 i gruppi che promuovono 64 fondi aperti PIR compliant: 24 bilanciati (+6 mld), 10 flessibili (+2,6 mld), 27 azionari (+2,3 mld) e 3 obbligazionari (+75,2 mln).

Ma quale è stato l'impatto dei PIR nell'ambito dei minibond?
Secondo gli esperti dell'osservatorio sui minibond del Politecnico di Milano "in realtà l’impatto dei PIR non sembra essere stato rilevante nell’ambito dei minibond: nel primo anno di attività il mercato è stato dominato dal risparmio gestito, attraverso fondi comuni aperti che hanno privilegiato l’investimento in titoli azionari; ciò è testimoniato dal sensibile aumento degli scambi e dei prezzi di Borsa sul listino AIM Italia e sui titoli di media capitalizzazione".

Per Marco Rosati, AD di Zenit, "il minibond è uno strumento che è entrato piano piano più che nella mentalità dell’investitore, in quella delle imprese che trovano in esso un’alternativa al credito bancario, andando così a riequilibrare uno squilibrio tipico italiano". Per il manager il successo che stanno avendo i PIR farà da volàno anche a strumenti societari tra cui i minibond. "Si sta completando il cerchio. Il legislatore ha introdotto passo passo alcuni tasselli e così l’industria finanziaria da una parte e il tessuto imprenditoriale dall’altro stanno prendendo percorrendo insieme la strada verso la rinascita di un mercato di capitali in Italia".

Per Stefano Bondioli (BNP Paribas Securities Services) “la normativa sui PIR rappresenta un ulteriore possibile supporto allo strumento vista la ricerca continua di rendimento da parte di investitori istituzionali, anche attraverso la sottoscrizione di quote di fondi di private debt che investano in minibond”. 

Più scettico circa il successo dei minibond sulla scia dei PIR si mostra invece Maurizio Vitolo, amministratore delegato di Consultinvest secondo cui i minibond sono "uno strumento di debito che prevede un costo da parte dell’impresa e qui non c’è un facile equilibrio tra domanda e offerta di finanziamento. Adesso i tassi sono bassissimi e quindi le imprese si finanziano attraverso il credito bancario per cui i minibond sono rimasti relegati a quelle imprese che hanno difficoltà ad accedervi. Invece i PIR investono sul capitale di rischio, sull’equity, e l’asset manager partecipa al capitale di rischio di quelle imprese che reputa interessanti. Quindi reciproca opportunità di crescita per chi crede nel proprio business. I minibond torneranno di moda quando si riequilibrerà il mercato del credito".

"L’opportunità dei PIR sembra avere interessato marginalmente il mondo dei minibond e da questo punto di vista è auspicabile una maggiore attenzione allo strumento da parte dei gestori dei fondi aperti. Ciò potrebbe sicuramente dare un contributo alla liquidità sul mercato", concludono gli esperti.