Maggio all’insegna dell’incertezza ma l'economia globale è pronta a un nuovo recupero

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Manuela D'Onofrio

Commento a cura di Manuela D’Onofrio, head of Investments & Products, Cordusio SIM.

Economia in stabilizzazione e pronta a un nuovo recupero
I Leading Economic Indicators dell’OCSE segnalano come l’economia mondiale, dopo il rallentamento dei mesi
scorsi, stia consolidando la propria forza. I più recenti dati macro, che hanno visto nel primo trimestre 2019 gli
USA crescere del 3,2% annualizzata e l’Europa dell’1,5%, sono migliori delle attese degli analisti. Anche la Cina
ha segnato un incremento del PIL sopra le stime, a +6,4%. Nei prossimi mesi, la congiuntura potrebbe
recuperare terreno in Cina ed Europa, pur nel contesto delle incertezze generate dalle elezioni europee,
dall’irrisolta questione della Brexit e dalle tensioni commerciali USA-Cina, le cui trattative rischiano un
momento di stallo. La dinamica positiva è suffragata anche dall’andamento del manifatturiero globale,
descritto dal Jp Morgan Global Manufacturing PMI: l’indice ha segnato un lieve calo in aprile a 50,3 contro 50,5
in marzo, ma i nuovi ordini, aumentati a 50,1 da 49,9, indicano attese di un ritorno all’espansione nei prossimi
trimestri.

I mercati emergenti potrebbero segnare il passo, prima di riprendere la corsa
Nonostante le Banche centrali abbiano ribadito nelle ultime riunioni dei rispettivi direttivi che intendono
proseguire nel sentiero di una politica monetaria dovish e improntata al pragmatismo, il mercato inizia a
scontare la possibilità che la dimensione degli interventi si riduca. Ad aprile il bilancio aggregato delle quattro
principali Banche centrali è rimasto sostanzialmente stabile: il tapering della Fed è stato compensato dalle
misure della Bce e della BOJ. Mentre si è mostrata più cauta la PBOC, dopo la forte immissione di liquidità dei
primi mesi dell’anno. Nelle settimane a venire, inoltre, una serie di incognite agiteranno ancora i listini: dalle
elezioni europee, alla irrisolta questione della Brexit, fino all’evolversi delle trattative sulla trade war che rischia
un momento di stallo. Tutti fattori di rischio che hanno implicazioni rilevanti sui portafogli e che, anche in
considerazione delle performance già realizzate, ci inducono a prendere profitto tatticamente dei guadagni
accumulati sui mercati emergenti, assumendo una posizione di neutralità anche su di essi, almeno nel breve
termine e riducendo la posizione sia su equity sia bond emerging.

Le prospettive di lungo termine degli Emerging markets, infatti, rimangono estremamente positive. Tuttavia,
nel breve termine, non è possibile ignorare una serie di rischi che potrebbero avere un impatto negativo
sull’andamento di tutte le asset class dell’area. Il primo è quello dell’apprezzamento recente del dollaro verso
le principali valute emergenti – destinato comunque a rientrare nella seconda metà dell’anno, in concomitanza
con l’indebolimento dell’economia USA. Il secondo, più rilevante perché inatteso, è la possibilità che si
allunghino i tempi per raggiungere un accordo commerciale tra USA e Cina, visto il recente inasprimento delle
posizioni come manifestato in particolare da Donald Trump. A pesare sulle economie in sviluppo anche il
rafforzamento del prezzo del petrolio, che potrebbe rendere le Banche centrali asiatiche meno espansive e
infine la Cina potrebbe ridimensionare gli stimoli monetari e fiscali dopo il manifestarsi dei segnali di ripresa
della propria economia.

Il mese dell’incertezza
Il mese di maggio si apre all’insegna dell’incertezza. Sul fronte USA, torna lo spettro della trade war, agitato da
un Donald Trump particolarmente aggressivo, con la Cina che, però, non sembra lasciarsi intimidire ma è
pronta a continuare le trattative a Washington qualora si rendesse necessario. L’Europa appare invece ostaggio
di una serie di eventi politici ancora di difficile lettura, in primis le elezioni dell’Europarlamento del 26 maggio,
ma anche i possibili risvolti dell’irrisolta questione Brexit, che si intreccia a sua volta con il rinnovo non solo del
Parlamento, ma anche della Commissione europea. Ultima, ma non meno importante, la questione dell’Italia,
che resta il sorvegliato speciale di una Ue non necessariamente disposta a concedere ulteriori deroghe in
termini di disciplina fiscale. Il lento e recente recupero dell’economia potrebbe essere messo a dura prova da
questi eventi.