Lo scarto tra growth e value e il senso della gestione attiva

Kasper Elmgreen, Head of Equities, Amundi
Kasper Elmgreen, Head of Equities, Amundi

“Se torniamo con la memoria al 2011 e ripercorriamo la traiettoria dei rischi politici fino ad arrivare a oggi, ci accorgiamo che la presenza di tensioni extra-economiche è una costante dei mercati. Che si tratti di Brexit o della guerra commerciale tra Cina e USA l’importante è focalizzarsi su ciò che ha veramente senso valutare perché fonte di potenziali impatti sulle aziende e quindi sui titoli collegati”.

Rischi politici: impossibile prevedere il futuro

È un invito al rigore la prima indicazione fornita da Kasper Elmgreen, head of Equities di Amundi, relativamente alla giusta modalità con cui guardare ai mercati in una fase in cui la preoccupazione per questioni politiche da tempo irrisolte occupa i pensieri degli operatori.

“Non sprechiamo tempo a cercare di prevedere come si risolveranno i nodi ancora da sciogliere”, afferma l’head of Equities di Amundi, riferendosi agli oltre tre anni di attesa per capire come si concluderà il difficile processo di uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea che ha come prossima tappa, l’ennesima, le elezioni anticipate del 12 dicembre. “Approcciamo la questione individualmente”, rivela, “attraverso stress-test sulle singole aziende per comprendere quanto dello sconto a cui scambiano oggi gli asset del Regno Unito è concretizzabile a seconda dei vari scenari possibili”.

Nel confermare un sottopeso dell’azionario del Regno Unito, Elmgreen fa notare come il terreno su cui sia possibile fare la differenza da parte della gestione attiva sia proprio la capacità di andare in profondità per ogni specifico caso, combinando le valutazioni con il complesso dell’allocazione strategica. Un approccio applicabile anche per quanto riguarda le tensioni sul commercio globale per cui la domanda più importante è, secondo l’head of Equities di Amundi, “se il deterioramento riscontrabile nel settore manifatturiero si propagherà a tutto il resto dell’economia”. La sistematicità nella misurazione delle conseguenze è quindi il faro della ricerca e dell’analisi. “I dati”, afferma Elmgreen, “mostrano come le aziende europee siano le più colpite dal deterioramento della catena del commercio globale”. “Un fattore di cui dobbiamo tenere conto”, prosegue, “consapevoli che si tratta di un tema che ci accompagnerà per i prossimi decenni e con cui dovremo convivere a prescindere dagli sviluppi politici di breve periodo”.

Oltre le mode

Compito della gestione attiva è in questo contesto porre l’accento su un orizzonte temporale oltre le istanze di breve periodo per andare a cogliere quei trend di cambiamento che se anticipati rendono possibile una significativa generazione di valore restituibile all’investitore. “Siamo di fronte alla divaricazione più grande della storia tra value e growth”, sottolinea in tal senso Elmgreen. “Tassi di interesse ai minimi e rallentamento della crescita sono i due fattori che stanno favorendo oltremodo i titoli growth e, sebbene non sia imminente una vera e propria inversione, ci dovrà essere necessariamente un riequilibrio in favore dei titoli value, ad oggi eccessivamente penalizzati”, argomenta.

Le lenti della sostenibilità

Il secondo elemento decisivo per l’industria è, nella visione di Elmgreen, l’avanzata degli investimenti sostenibili. “L’applicazione dei criteri ambientali, sociali e di governance alla gestione deve essere considerata in senso complessivo, come un nuovo e irreversibile modo di guardare alla selezione delle aziende, sia in ottica di controllo del rischio che di generazione di performance”. Il fattor comune alle analisi di Elmgreen, quanto sullo scenario di mercato quanto sui trend dell’industria del risparmio, è rappresentato dall’esortazione al recupero della profondità di valutazione tipica della gestione attiva. Un valore da restituire al cliente anche in termini di narrazione, dopo un periodo, non ancora concluso, di pressioni dovute all’avanzata dei passivi e a cambiamenti regolamentari che stanno impattando sui margini dell’industria. “Sono molto ottimista sul futuro dell’active management”, conclude l’head of Equities di Amundi, individuando nella capacità di creare soluzioni su misura per clienti sempre più informati e sofisticati e nella competenza e profondità dell’analisi i tratti distintivi unici su cui poter fare la differenza.