Liquidità sì, liquidità no: il caso dei fondi con asset sottostanti non vendibili in un giorno

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Mbrk A. Madhi, Flickr, Creative Commons

Con la sospensione dei rimborsi da parte di alcuni fondi immobiliari nel Regno Unito il dibattito si è riaperto. I fondi con asset sottostanti che non possono essere venduti in un giorno devono avere o no liquidità giornaliera? “La liquidità degli investimenti è un tema che meriterebbe una riflessione approfondita. La liquidità del prodotto deve adattarsi a quella sottostante. Stando a questa regola, ci sono asset che non possono avere liquidità giornaliera e che, tuttavia, attualmente la presentano. Offrire liquidità giornaliera non è un modo per tutelare meglio l’investitore”, affermano da Aberdeen. Rispetto ai prodotti che investono in immobili, questo dovrebbe sembrare abbastanza evidente eppure la realtà dimostra che non sempre è così. Non c’è consensus. Tutti i fondi immobiliari britannici (Aberdeen UK Property, Threadeedle UK Property Authorised Investment Fund, Standard Life Investments UK Real Estate Fund, Aviva Investors Property Trust, M&G Property e Henderson UK Property PAIF) che hanno sospeso i rimborsi offrivano liquidità giornaliera. Viceversa, altri prodotti appartenenti alla stessa categoria Morningstar (EAA OE Property - Direct UK) hanno una sportello mensile. È il caso del BlackRock UK Property o dello Schroder UK Real Estate, due dei prodotti con maggiore patrimonio.

Una disparità di criteri, dunque, sembra esserci mentre il regolatore britannico cerca di fare ordine. “Quanto accaduto con i fondi immobiliari britannici mette in risalto questioni che dobbiamo analizzare riguardo al disegno di questi prodotti e che incidono sull’aspetto fondamentale di mantenere asset non liquidi in fondi aperti che si rivalutano ogni giorno”, afferma Andrew Bailey, CEO della Financial Conduct Authority (FCA) britannica. “A mio giudizio, questo è un aspetto che dovremo rivedere”, ammette. Questo dilemma si può estendere ad altre categorie di prodotti il cui universo di investimento si concentra in mercati dove, per varie ragioni, la liquidità si è vista ridotta negli ultimi anni. L’errore potrebbe risiedere nel credere che la liquidità sia una prerogativa di tutto ciò che è quotato. Ma la realtà è un’altra e i gestori di fondi high yield lo sanno bene. Ne abbiamo avuto la prova a dicembre, quando tre società di gestione sospesero i rimborsi nei propri fondi high yield.

Uno di questi è stato il Third Avenue Focused Credit, un hedge fund di credito distressed inglobato in una struttura di fondo con liquidità giornaliera che è stato colto alla sprovvista dalla brusca ampliazione dei differenziali sperimentata dal segmento CCC, già di per sé poco liquido. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la sua incapacità di disfare posizioni sul mercato e far fronte ai rimborsi. Per evitare questo rischio, è interessante conoscere le strategie adottate dai gestori. Molti professionisti hanno deciso di aumentare il livello di liquidità dei propri portafogli per cercare di evitare che eventuali squilibri tra la liquidità del prodotto e quella sottostante dia origine a problemi simili a quelli già verificatisi. Innalzando il livello di liquidità dei portafogli, sia i gestori che gli investitori possono dormire sonni (più) tranquilli. È quanto raccomanda, per esempio, Pascal Blanqué, CIO ed head of Investment Management di Amundi. E questo è quello che si è fatto in modo generalizzato, fino al punto da portare al massimo la liquidità nei portafogli.

Secondo l’ultimo sondaggio realizzato da BofA Merrill Lynch tra i gestori di fondi, la media del livello di liquidità presente nei loro portafogli è del 5,7%. È il più alto dallo scoppio della bolla dot.com del novembre del 2001. Non raggiunse livelli così alti neanche con il fallimento della Lehman Brothers o con la crisi greca. In linea di massima, questo si spiega con la maggiore avversione al rischio di fronte alla mancanza di opportunità di investimento ma anche con la necessità di essere preparati a possibili rimborsi in caso di shock del mercato. Nel caso di alcuni gestori di high yield della categoria Consistente Funds People questo movimento si è già verificato. Thomas Ross, gestore dell’Henderson Horizon Euro High Yield Bond, afferma di aver riposizionato il portafoglio negli ultimi 18-24 mesi in vista della nuova era di liquidità ridotta, incorporandovi in modo strutturale posizioni cash superiori. “In generale, il portafoglio si muove tra il 5% e il 10% e recentemente lo abbiamo situato nella parte alta del range”. 

Altri, come Konstantin Leidman, gestore dello Schroder ISF Euro High Yield, non hanno incrementato i propri livelli di liquidità nonostante nella strategia incorporino emissioni di tipo investment grade e utilizzino derivati, il che sostanzialmente conferisce maggiore liquidità al portafoglio. C’è anche chi ha rafforzato i propri team con professionisti che si occupano esclusivamente del controllo della liquidità. È il caso di Michael Della Vedova, gestore del T. Rowe Price European High Yield Bond, che può contare su un team formato da cinque traders. “La liquidità è un tema molto scottante nell’high yield. Il mercato non è liquido. Per questo abbiamo un gruppo di specialisti presente anche alle riunioni dove dibattiamo sulle diverse idee. Bisogna essere molto selettivi in ogni operazione”, spiega. Della Vedova scommette su un portafoglio con una liquidità che oscilla tra il 2% e il 5%. “Il nostro uso della liquidità non è cambiato e attualmente ci situiamo nella parte alta del range a causa della volatilità, per offrire maggior liquidità e poter approfittare delle opportunità assieme al nostro team”, rivela il gestore.