Le Borse europee beneficeranno della manovra di Draghi attraverso l’effetto liquidità

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Gli acquisti saranno portati avanti almeno fino al settembre 2016 e in ogni caso fino a quando il Govening Council vedrà un sostenibile aggiustamento nell’evoluzione dei prezzi che sia consistente con il raggiungimento di un obiettivo di tasso di inflazione inferiore, ma prossimo al 2%, sul medio periodo. È questo il passaggio chiave della conferenza di Draghi che ha sorpreso al rialzo i mercati. Di fatto il QE annunciato non ha una scadenza e, quantomeno in linea teorica, l’espansione del bilancio della BCE può andare anche significativamente oltre al trilione di euro a cui lo stesso Draghi aveva fatto riferimento. Spiega Aldo Martinale, responsabile funzioni studi e analisi di Banca Intermobiliare che un altro punto delicato era quello della condivisione del rischio, alla fine risultata decisamente limitata (intorno al 20%): “è pacifico che un più alto livello di risk-sharing avrebbe fornito un segnale decisamente forte e a ben pensarci anche sorprendente. Considerando, infatti, l’ammontare in ballo, si sarebbe di fatto trattato della mutualizzazione di una rilevante parte del debito dei paesi europei, passaggio per cui al momento non sembrano ancora esserci le condizioni, soprattutto politiche”.

Se inquadrato nella giusta misura, l’aspetto del risk-sharing, soprattutto nell’attuale fase, è però più di forma che di sostanza. Il programma di QE annunciato non è finalizzato alla difesa finanziaria di un Paese sotto attacco speculativo e a far rientrare il costo del suo debito (come verificatosi nella crisi del 2011 con gli interventi della BCE a sostegno dei paesi periferici), ma ha l’obiettivo di essere uno strumento di politica monetaria finalizzato ad evitare che l’economia europea si avviti nella spirale della deflazione. In questo senso sono emblematiche le dichiarazioni di Draghi quando dice che il basso livello di condivisione del rischio si è reso necessario per gestire i timori di alcuni paesi in merito alle impreviste conseguenze fiscali di potenziali sviluppi futuri; la questione della condivisione del rischio è secondaria e la unitarietà della politica monetaria non è messa in discussione.

Continua: “un primo banco di prova in merito alla rilevanza o meno del risk-sharing l’abbiamo avuta lo scorso week-end con le elezioni in Grecia: il fatto che la schiacciante vittoria di Tsipras non abbia determinato un allargamento dello spread sui periferici è la prova che, quantomeno in questa prima fase, il programma di acquisti della BCE è premiante rispetto al tema della condivisione del rischio (questo non sarà però valido per sempre e tra qualche mese potrebbe essere diverso). Crediamo che in questo momento la vicenda greca possa avere delle fasi di disturbo, ma non sia destinata ad avere un impatto rilevante dato che l’ipotesi più probabile è un rinvio di sei mesi della scadenza del programma per poter lavorare ad un compromesso”. Fermo restando che un’intesa non sarà agevole, anche perché, al di là delle dichiarazioni di propaganda di Tsipras, è un dato di fatto che è difficile immaginare un serio tentativo di rilancio del paese senza passare attraverso una riduzione del debito.

A questo proposito, è da notare che il nuovo Ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, ha dichiarato che il nuovo Governo ha l’intenzione di proporre alla UE un piano per minimizzare questa debolezza della Grecia, mettendo sul tavolo argomenti tra cui riforme e un piano razionale di ristrutturazione del debito, legando i rimborsi alla crescita. Al di là di fasi di consolidamento di breve termine (fisiologiche dopo un allungo di circa il 15% dai minimi di inizio anno), le Borse europee dovrebbero continuare a beneficiare del QE attraverso l’effetto liquidità e il rientro del premio per il rischio ancora incorporato nelle valutazioni, tanto più che nei prossimi mesi ci potrebbero essere le condizioni per un miglioramento della congiuntura economica: fase ciclica favorevole; crollo del prezzo del petrolio; debolezza dell’euro; miglioramento del ciclo del credito; qualche passo avanti sul processo riformatore. Conclude l’esperto: “esaurito l’impatto iniziale del QE, in cui prevale l’effetto liquidità che incoraggia i mercati a concedere il beneficio del dubbio sui reali effetti della politica monetaria non convenzionale, con il passare del tempo proprio il fattore crescita acquisterà progressivamente maggiore peso e diventerà la principale variabile da monitorare, essendo determinante sia per rendere sostenibile la contrazione del premio per il rischio sia per assicurare ulteriore up-side alle Borse”.