La rivoluzione del mondo della consulenza in quattro punti

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Giorgio Fata

Tratto dalla rivista numero 29 Funds People - sezione Business. 

A più di un anno dall’introduzione della normativa MiFID II gli interrogativi circa i possibili sviluppi futuri del mondo della consulenza sono ancora tanti. Per capire bene cosa sta cambiando in questo settore abbiamo organizzato una tavola rotonda con i responsabili commerciali e di coordinamento di alcune reti, durante la quale si è discusso di quattro questioni di fondamentale importanza. 

Costi

Il primo punto dibattuto durante il meeting è stato quello dei costi. Secondo Gianluca Scelzo, direttore commerciale di Copernico SIM, al momento non si assiste a una riduzione dei margini. “Al contrario, vediamo un piccolo aumento. In compenso, però, sono esplosi i costi di compliance e di IT (con la necessità di rinnovare i gestionali). Molte SGR stanno facendo fusioni per ridurre i costi, ma dal punto di vista delle reti questa riduzione di marginalità non si vede ancora”. 

Giuseppe Baiamonte, responsabile coordinamento Rete Consulenti Finanziari Fideuram – ISPB, pensa che la contrazione dei margini sia un trend normale in mercati che diventano sempre più maturi. “Con l’avvento della MiFID II, la sfida del consulente è rendere partecipe il cliente nelle scelte d’investimento: i nostri professionisti devono facilitare l’evoluzione da risparmiatore a investitore”. In questo nuovo contesto, la variabile più importante è il tempo impegnato dal consulente per il proprio cliente. “Se è vero che il risparmiatore ha come obiettivo il rendimento e il costo, è altrettanto vero che l’investitore preferisce focalizzarsi sul raggiungimento dei propri obiettivi. È chiaro che, così facendo, il focus non sarà più solo sulle performance”, spiega l’esperto di Fideuram.

Evoluzione tecnologica

Al secondo posto troviamo la tecnologia. “La digitalizzazione è una delle sfide più importanti perché rende l’attività più efficiente e fornisce opzioni interessanti e più ampie possibili”, continua Baiamonte. “Oggi tutti i clienti si aspettano un servizio verso standard di ‘customer obsession’. Per rimanere competitivi di fronte a queste sfide dobbiamo adattarci ai cambiamenti: fondamentale, quindi, è avere un’organizzazione flessibile e capire le aspettative del cliente”. 

Gestione dell’emotività 

“Il consulente deve anche essere in grado di gestire gli aspetti psicologici del cliente che, in un mondo connesso come quello attuale, viene letteralmente bombardato di notizie da più fonti, più o meno autorevoli”. Il rischio è che il cliente esca dalle posizioni alle prime difficoltà perché incapace di gestire l’ansia. “Per questo ritengo che la tecnologia e il FinTech definiscano le linee guida, ma non possano comprendere appieno i reali bisogni degli investitori”, spiega Stefano Lenti, responsabile Area Consulenti Finanziari e Wealth Management di IWBank Private Investments

Il compito più difficile di un consulente finanziario è gestire l’emotività del cliente, anche in funzione dell’andamento dei mercati. “Questo dettaglio credo sia il valore aggiunto: se c’è stato un guadagno, a volte bisogna far capire al cliente che è meglio ‘accontentarsi’, mentre quando c’è una minusvalenza bisogna far capire che andando a mediare si possono cogliere delle grandi opportunità”, precisa Scelzo.

Educazione 

Il quarto aspetto è rappresentato dall’educazione. “Credo che, affinché il consulente sia percepito dal cliente come un professionista a tutto tondo, la formazione oggi sia imprescindibile. Altrettanto indispensabile è la professionalità della struttura che lo supporta e che deve poter offrire i servizi che gli permettano di seguire il cliente a 360 gradi. Questo, però, entro certi limiti: per quanto riguarda, per esempio, la valutazione di un’opera d’arte di alto valore, è più probabile che un cliente di alto profilo si rivolga direttamente a un esperto come una casa d’asta piuttosto che alla banca”, spiega Lenti. Il compito del consulente è, dunque, quello di informare il cliente sulle zone di buio e di luce esistenti e su quali saranno le future tematiche d’investimento. 

“Per concludere, credo poco nel trading. Spesso, infatti, i clienti che fanno da soli poi tornando dal consulente per cercare di recuperare le perdite. Dobbiamo considerare che il consulente di oggi è molto più preparato rispetto al promotore finanziario di un tempo: ne sono l’esempio il numero di ore formative che vengono organizzate oggi rispetto a prima”, conclude Scelzo