La risposta dei private banker ai nuovi bisogni della clientela

_GFA7132
Giorgio Fata

Il private banking in Italia è un mercato in forte crescita, sia in termini di volumi, che di operatori. La maggiore competizione porta di solito a nuovi stimoli e a importanti cambiamenti, che rivoluzioneranno questa professione. In occasione della tavola rotonda organizzata da Funds People sull’evoluzione del private banking, tre specialisti italiani del settore hanno espresso le loro opinioni su come affrontare al meglio questo processo evolutivo. Un punto di vista interno che consente di capire in quale direzione sta andando l’industria del wealth management.

Stiamo assistendo ad una tendenza caratterizzata dall’incremento del taglio medio dei patrimoni private e della loro complessità. Tale fenomeno è spiegato soprattutto dall’aumento delle operazioni di M&A nell’ambito delle imprese familiari italiane, con la conseguente liquidazione di ingenti patrimoni. C’è quindi una buona base su cui lavorare.

Francesco Velluti, responsabile Marketing e Rete di Intesa Sanpaolo Private Banking sostiene che un cliente complesso e con masse importanti necessita di essere seguito da un team specializzato.  È in questo che consiste la principale sfida per il futuro. “Il banker deve relazionarsi con altri soggetti della banca e non, che abbiano competenze differenti. Portafogli complessi richiedono un aiuto per la loro gestione, il solo approccio relazionale perde di importanza e senso. Bisogna ripensare al modello di servizio, fare in modo che non si classifichi più il cliente solo in base al patrimonio, ma sulla base dei suoi bisogni”, commenta l’esperto. “È in atto un avanzamento della cultura del cliente che lo spingerà quindi a sentire la necessità di relazionarsi anche con figure sempre più specializzate. 

“Si dovrebbe creare un modello multidimensionale su cui lavorare”, dichiara Massimiliano Nannetti responsabile Coordinamento Rete Private Banking di Banca Aletti. “Sicuramente le soglie patrimoniali giocano un ruolo importante in termini di accessibilità a certi strumenti. Tuttavia il cliente deve essere guidato nella creazione di bucket temporali con obiettivi differenziati all’interno dello stesso patrimonio e con una pianificazione finanziaria diversa. In uno scenario come questo, caratterizzato dai bassi tassi di rendimento e in presenza di una comunicazione adeguata, ciò può condurre i clienti a scelte più efficienti”.

Per Enrico Vacca, head of Very Private di Deutsche Bank “è in atto una profonda trasformazione nel rapporto tra cliente e banker". Il cliente, infatti, non lo vede più come una controparte con cui parlare solo del suo portafoglio per la gestione prettamente finanziaria, "ma come un partner con cui affrontare tematiche anche extra finanziarie e, nel caso dei clienti imprenditori, di corporate finance”, aggiunge.

L’evoluzione del portafoglio

L’Italia è l’unico Paese europeo dove i risparmiatori si ostinano ancora a depositare la loro ricchezza su depositi a vista, remunerati allo 0% e corrosi dall’inflazione. Secondo l’ultima fonte AIPB circa il 18% dei portafogli è rappresentato da liquidità. Il mercato sta cambiando, ma l’evoluzione nel mondo del private banking sta avvenendo troppo lentamente. La clientela continua a richiedere reddito fisso e debito pubblico.

Allungare l’orizzonte temporale e avere una corretta lettura del rapporto rischio rendimento sono degli importanti spunti di educazione finanziaria. “I clienti chiedono ancora qualcosa che, durante le fasi di turbolenza del mercato, sia in grado di garantire il capitale; questo è tecnicamente impossibile. La vera sfida è convincerli che non sono più disponibili le due alternative dell’obbligazionario a basso rischio e della liquidità a breve termine, ma bisogna guardare oltre”, spiega Massimiliano Nannetti. “Per il portafoglio medio di oggi occorre usare la liquidità come elemento marginale e tattico e indirizzarla verso scelte di lungo termine come possono essere il ramo 1 assicurativo. Per la parte obbligazionaria siamo orientati verso le scadenze brevi, mentre per l’equity verso i mercati che crescono, in particolare il nord america e Asia. Se il capitale è paziente e il cliente è, per dimensione patrimoniale, assimilabile ad un investitore istituzionale, allora siamo propensi anche a investimenti nell’economia reale, quali private equity e debt”, conclude.

“C’è ancora troppa liquidità e reddito fisso nei portafogli”, ha commentato Enrico Vacca. “Lavoriamo con gestioni a delega, totale o condivisa, attraverso il risparmio gestito e/o piattaforme di consulenza a pagamento. Nella parte core del portafoglio, quando affidata al servizio di consulenza a pagamento, avviene un monitoraggio quotidiano del rischio di portafoglio con un sistema di alerting a supporto del banker e del cliente. La parte satellitare invece può includere la componente assicurativa, principalmente polizze unit linked o multiramo, e certificates, a seconda della tipologia del cliente e delle eventuali necessità di sfruttare le leve fiscali a disposizione”, aggiunge.

Anche Francesco Velluti ritiene che ci sia una forte necessità di spostarsi verso il lungo termine. “Il ruolo del private banker è quello di focalizzare l’attenzione sul medio lungo periodo, dati i bassi tassi di interesse. Questo ha portato ad un’importante diversificazione dei portafogli e all’interesse verso i prodotti alternativi e verso una serie di prodotti precedentemente trascurati (come materie prime, certificati…)”.