La gestione passiva difende il suo ruolo core nei portafogli dei fund buyer

Tavola-Gianna
FundsPeople

Gli ultimi anni hanno visto il proliferare di nuovi ETF e provider di prodotti passivi; complice la forte domanda degli investitori, che ne fanno un uso sempre più massiccio all’interno della parte core dei loro portafogli. La crisi del 2008 ha avuto un effetto boost per il decollo degli ETF, affermando il loro ruolo centrale all’interno delle asset allocation. Nella tavola rotonda virtuale organizzata da Fundspeople abbiamo chiesto a fund buyer e specialisti di strumenti indicizzati, se questi siano ancora in grado di superare l’attuale contesto di mercato derivante dall’emergenza sanitaria di Coronavirus.

Coloro che pensavano che l’arrivo di una crisi potesse soffocare la crescita dei prodotti passivi, si sbagliavano di grosso. Gli investitori continuano a scegliere ETF e fondi indicizzati per costruire la componente preponderante del loro portafoglio. “Il forte uso del passivo è confermato dai flussi costanti che tali tipologie di investimento registrano da tempo”, commenta Anna Paola Marchi, responsabile della clientela wholesales di Credit Suisse AM. “A differenza invece di quanto rilevato nei fondi attivi, che tendono invece a seguire le fasi alterne di mercato”, aggiunge. Per Emanuele Bellingeri, responsabile Asset Management Italia di Credit Suisse, ragionare sul passivo in un’ottica più ampia, e quindi non solo su singole esposizioni, ne facilita l’uso core all’interno delle asset allocation. “Per esempio nelle nostre gestioni patrimoniali usiamo i fondi indicizzati per la componente principale del portafoglio, se vi è una decisione in tal senso, mentre gli ETF li usiamo tatticamente, visto che si adattano meglio a tali esigenze. Una terza via sono le gestioni passive di mandati dove addirittura tutto il portafoglio viene gestito passivamente”, sottolinea il managing director.

Luigi Sottile, head of Discretionary portfolio management di Deutsche Bank WM conferma una presenza significativa della gestione passiva nei suoi portafogli, che fa da complemento alle attività di bond e stock picking. “Utilizziamo ETF per intercettare bucket specifici di curve, che con la componente attiva sarebbe più complicato fare, ma anche per la parte di style factor e di commodities”, sottolinea l’esperto. Mentre Lorenzo Campori, fund selector della struttura gestioni patrimoniali di Banca Aletti, sceglie di mantenere una parte del portafoglio in ETF per soddisfare eventuali esigenze di immediata liquidità. “È importante avere un buffer di strumenti estremamente liquidi anche nella parte core del portafoglio, per il resto rimaniamo agnostici, valutiamo di volta in volta la natura del prodotto e dell’asset class”, afferma il gestore. Per esempio nel caso dell’equity statunitense, il fund buyer di Banca Aletti predilige gli ETF rispetto ai fondi passivi per ragioni legate al favorevole trattamento fiscale dei dividendi.

Per Luca Vaiani, responsabile Investment Strategy di Fideuram Investimenti SGR sono due i principali driver che hanno portato all’incremento dell’uso del passivo nei portafogli. “Per quanto riguarda la parte core, l’aumento dell’utilizzo degli strumenti indicizzati è strettamente relazionato a una struttura di costo più favorevole, che in un contesto di bassi tassi di interesse, permette di abbassare il TER complessivo della gestione. Invece, l’inserimento nella parte satellite è stato influenzato fortemente dalla diffusione di ETF tematici e settoriali nell’ambito azionario, che consentono un maggior grado di diversificazione e diretta esposizione a temi di investimento”, afferma.

Anche Giorgio Bensa, fund selector di Ersel Asset Management SGR, usa per 1/3 della sua allocazione core strumenti passivi, rimanendo scettico su quelli che cercano di emulare i fondi attivi. “Facciamo un uso trasversale per tutte le asset class”, spiega. Prediligendo i passivi per i mercati efficienti, come l’equity statunitense, dove quindi la gestione attiva dimostra dei limiti, ma anche nell’obbligazionario. Tuttavia, di recente si è assistito ad un tentativo da parte dei fondi attivi di convergere verso i costi offerti dai passivi, sebbene non agli stessi livelli, rendendo più equilibrata la battaglia in sede di costruzione di portafoglio”, conclude.