La Fed aumenta i tassi: cosa ne pensano i gestori?

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Il FOMC ha aumentato i tassi di riferimento di 25 punti base, portandoli al 2,25-2,50%. Nella sua dichiarazione, il FOMC ha evidenziato la condizione solida del mercato del lavoro, i consumi sostenuti e una certa moderazione nel CAPEX. Inoltre, non ci sono preoccupazioni relative alle aspettative di inflazione (vicina ai target).

Le previsioni economiche sono state leggermente corrette al ribasso per i prossimi anni passando al 2,3-2,5% per il 2019, 1,8-2% per il 2020 e 1,5-2% per il 2021. Le previsioni d’inflazione, invece, sono rimaste invariate nel periodo 2019-2021, all'1,8-2,1% per il 2019 e al 2-2,1% negli anni successivi. “Queste previsioni indicano una crescita moderata, con una pressione inflazionistica contenuta, appena in linea con il target e con l'inizio di un mercato del lavoro meno solido”, spiega Patrice Gautry, chief economist di Union Bancaire Privée. “Si tratta di un rallentamento ordinato, che dovrebbe giustificare ulteriori aumenti dei tassi solo in misura limitata". 

I mercati sono delusi, aspettandosi probabilmente segnali più accomodanti da parte della Fed. “I dati contrastanti (in particolare quelli del mercato immobiliare), una riduzione dei timori legati all’inflazione a causa del forte calo dei prezzi del petrolio, le preoccupazioni per l'economia globale e una forte volatilità dei mercati degli asset potrebbero aver influito sulla valutazione della Fed per il 2019. Tuttavia, non sono stati annunciati cambiamenti al programma di riduzione del bilancio”, spiega Lee Ferridge, responsabile Multi Asset Strategy USA di State Street Global Markets.

Secondo Eric Vanraes, fixed income portfolio manager di EI Sturdza, “i toni della banca centrale USA lasciano presagire un atteggiamento ancor più da colomba da parte di Washington, che dovrebbe operare un solo rialzo nel corso del prossimo anno, con la possibilità addirittura di vedere un nuovo rallentamento della politica monetaria prima del prima del 2020”. 

Anche secondo Anna Stupnytska, global economist di Fidelity International, l’analisi della Fed sulle previsioni economiche del prossimo anno è piuttosto ottimista. "Credo che l’economia statunitense rallenterà del 2% o un pò meno nel 2019. Sebbene sia un dato ben lontano dalla recessione e abbastanza in linea con l’andamento di mercato, ma rimane al di sotto delle previsioni della Fed".

Indicatori da tenere sotto controllo

Inversione della curva: La prospettiva di un’inversione della curva dei rendimenti USA sembra essere vissuta con grande timore. Dato che una curva invertita è generalmente considerata come un segnale predittivo di una recessione, la preoccupazione dei mercati è comprensibile. 

La domanda più importante è: l’inversione della curva è un segnale affidabile di una recessione in arrivo? In generale, la risposta è sì, ma in modo diverso da come viene comunemente inteso. “Le curve dei rendimenti non provocano le recessioni, pur essendo un buon indicatore della relativa restrittività della politica monetaria, che nel tempo condiziona l’economia reale”, spiega Ken Orchard, co-gestore del fondo diversified income bond di T. Rowe Price. “Tuttavia, l’inversione della curva e la recessione sono evitabili. La Fed, infatti, potrebbe decidere di rallentare o addirittura di interrompere i rialzi: in questo caso l’economia potrebbe mantenere il momentum e la curva dei tassi tornare ripida. Gli indicatori del mercato immobiliare sono negativi da metà del 2018 e vi sono lievi segnali di indebolimento in altri settori. Se le cattive notizie dovessero estendersi al mercato del lavoro, la Fed potrebbe convincersi ad ammorbidire la propria posizione sui rialzi dei tassi”. 

Inflation breakeven: “Nel frattempo ciò che sta scendendo è l’inflation breakeven a 30 anni, ovvero il tasso d'inflazione implicito nelle quotazioni di un titolo indicizzato che permette al rendimento a scadenza dello stesso titolo di uguagliare quello di un bond a cedola fissa di analoga vita residua. Ciò è un segnale dell’inquietudine dei mercati che temono un passo falso da parte della Fed, quello che in Europa chiamiamo un 'Jean-Claude Trichet 2008', quando la BCE ha preso la stupida decisione di operare un rialzo dei tassi nel luglio 2008", spiega Eric Vanraes.

Impatto sull’azionario

“Per ora si deve aspettare la reazione dei mercati azionari. Se lo S&P 500 rimane oltre i 2.400 punti, la curva dei Treasury potrebbe stabilizzarsi sui livelli attuali, ma se la barriera non regge si potrebbe scendere fino a 2.100 e i rendimenti dei titoli di Stato Usa scenderebbero drammaticamente”, fa notare Vanraes.

Impatto sull’obbligazionario

Nonostante la recente volatilità dei mercati, la cosiddetta “Fed Put” non è stata esercitata e gli operatori di mercato che speravano di ottenere un sollievo dall'inasprimento delle condizioni del credito sono rimasti delusi. “Mentre i mercati creditizi stanno chiaramente prezzando un rallentamento dell'economia, non ci è chiaro se ci troviamo sulla traiettoria di una vera e propria recessione per il prossimo anno”, sostiene Tim Schwarz, manager del team Multi-Asset Credit di Investec AM. “Un rallentamento da una situazione di crescita nel 2018 ad un contesto economico più debole, ma ancora positivo può essere un buon ambiente per chi investe nel credito, soprattutto se c'è il sostegno di una Banca centrale sempre più dovish”.    

Impatto sulle materie prime

“È importante continuare a monitorare gli indicatori economici e di mercato, come il prezzo delle commodity, per cogliere i segnali di un’inversione del momentum economico”, spiega Ken Orchard.

"Riteniamo che le Banche centrali possano trarre utili informazioni dall’analisi delle curve dei rendimenti e delle materie prime. La forma della curva delle materie prime può segnalare pressioni deflazionistiche o inflazionistiche impreviste, un fattore importante per i modelli di politica monetaria", spiegano Joachim Corbach e Christian Gerlach, responsabili delle strategie sulle materie prime di GAM Investments

“In questa situazione, riteniamo che sia giunto il momento di investire anche in materie prime per avere un portafoglio diversificato, sia in termini assoluti che come copertura contro l’inflazione”, concludono gli esperti.