La deflazione è finita?

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Un rapporto sull'inflazione tedesca leggermente più sostenuto e il debole andamento dell'asta sui Bund quinquennali sembrano essere riusciti a trasformare radicalmente lo scenario finanziario: da una situazione in cui la mancanza di titoli di Stato potrebbe avere costretto la BCE a ridurre il suo QE ad una situazione in cui i governi europei potrebbero avere difficoltà nel trovare acquirenti per le loro emissioni. La pressione deflazionistica è quindi terminata? Siamo alla fine del periodo di rendimenti negativi?

Secondo le stime preliminari di Eurostat, l'inflazione complessiva dell'eurozona è aumentata di un decimo di punto portandosi allo 0,0% ad aprile, in linea con le previsioni di consenso. Ciò dopo quattro letture negative consecutive. L'inflazione di base stimata per l'eurozona (escludendo energia, alimentari, alcool e tabacco) è rimasta bassa allo 0,6% anno su anno ad aprile, anche in questo caso in linea con il consenso degli analisti.

La suddivisione per principali componenti ha confermato il lungamente atteso aumento dei prezzi alimentari (+0,2% mese su mese; dallo 0,6% anno su anno allo 0,9% anno su anno ad aprile), con l'inflazione alimentare che sta raggiungendo la sua velocità più elevata da marzo 2014. Nello stesso tempo, l'inflazione energetica è rimasta saldamente in territorio negativo (-0,2% mese su mese; in calo dal -6,0% anno su anno al -5,8% anno su anno ad aprile).

Nell'ambito dell'inflazione di base, l'inflazione dei beni industriali non energetici è tornata in territorio positivo (da zero al +0,1% anno su anno ad aprile) mentre l'inflazione dei servizi è scesa di un decimo di punto allo 0,9% anno su anno ad aprile, facendo segnare un nuovo minimo storico.

A livello paese, i dati IAPC preliminari hanno confermato la tendenza ad un rimbalzo nelle principali economie. In Germania, l'inflazione è stata superiore alle previsioni, salendo dallo 0,1% anno su anno a marzo allo 0,3% anno su anno ad aprile, a fronte di previsioni dello 0,2%. In Spagna l'inflazione è ancora profondamente in territorio negativo, pur puntando a risalire (dal - 0,8% anno su anno a marzo al -0,7% anno su anno ad aprile). Infine, in Italia i dati di aprile hanno messo la parola fine ad una serie di tre mesi di letture negative (dal -0,1% di marzo allo 0,0%). Nel complesso, sulla base dei dati più recenti disponibili, 9 paesi su 19 sono ora in inflazione negativa, rispetto ai 12 di marzo.

La deflazione è finita?

Diversi indicatori sembrano confermare che le pressioni inflazionistiche si stanno avvicinando ad un punto di inversione. Secondo le più recenti suddivisioni per componenti dei dati sull'inflazione, la proporzione delle voci con tassi d'inflazione negativi o molto bassi è diminuita sensibilmente da gennaio. In aggiunta, i dati dei sondaggi tra i direttori degli acquisti (PMI) sui prezzi degli input produttivi e dei beni prodotti segnalano un sensibile rimbalzo dei prezzi da gennaio 2015. Inoltre, a febbraio l'indice dei prezzi alla produzione IPP ha registrato il suo primo dato mese su mese positivo da settembre 2014.
Il risultato è un consequenziale aumento delle aspettative d'inflazione. L'annuncio del QE della BCE, il deprezzamento dell'euro e l'aumento dei prezzi del petrolio sono stati di particolare aiuto a questo proposito. Il tasso di breakeven sul forward swap 5 anni/5 anni si è stabilizzato intorno all'1,7%, dopo il suo forte rimbalzo a febbraio/marzo da un minimo inferiore all'1,5% a gennaio. I rimbalzi sugli orizzonti più brevi sono ancora più marcati. Il tasso di breakeven sullo swap a 5 anni è passato da un minimo dello 0,44% a gennaio al recente 1,18%. Altri orizzonti mostrano andamenti similari: tanto più breve il periodo temporale, quanto più forte il rimbalzo.

I prezzi dei beni di base sono caratterizzati da una forte inerzia. L'inflazione di base dovrebbe pertanto rimanere per tutto l'anno modesta, intorno all'attuale 0,6%, per effetto del lento processo di chiusura del gap produttivo. L'inflazione complessiva subirà invece la pressione rialzista dei prezzi alimentari, anche se probabilmente rimarrà vicina allo 0,0% per gran parte dell'anno se i prezzi del petrolio e il corso dell'euro rimarranno stabili. La situazione cambierà radicalmente con l'ingresso nel nuovo anno, in particolare a gennaio 2016 quando il forte effetto di base negativo dovuto al precedente crollo del prezzo del greggio verrà meno. Anche uno scenario solo di moderato aumento del prezzo del petrolio determinerà un deciso balzo dell'inflazione complessiva sopra l'1% all'inizio del 2016.

Rendimenti obbligazionari verso la risalita?

Questo contesto giustifica quindi la brusca risalita dei tassi d'interesse europei cui abbiamo assistito questo mercoledì? E' difficile credere che in sole poche settimane si sia passati da una situazione in cui la scarsità di titoli avrebbe potuto costringere la BCE a ridurre il suo QE ad un altro in cui i governi europei avrebbero avuto difficoltà nel trovare acquirenti per le loro emissioni.
L'economia dell'eurozona ha sicuramente fornito un crescendo di segnali economici positivi negli ultimi mesi. La congiunzione eccezionale di quattro fattori positivi (calo del prezzo del petrolio, deprezzamento dell'euro, QE della BCE, allentamento della politica di bilancio) ha creato un clima molto favorevole che potrebbe permettere alla crisi di voltare pagina. Va anche detto che i titoli di Stato sono ormai molto tirati, con valutazioni estreme che non trovano corrispondenza nella maggior parte dei fondamentali. Questo stato di cose indubbiamente produrrà nervosismo tra gli investitori, generando volatilità. Nel caso dei Bund, con le emissioni molto limitate di quest'anno per l'avvicinarsi del bilancio tedesco all'equilibrio e i continui acquisti della BCE, il piatto della bilancia dovrebbe continuare a pendere dalla parte dell'eccesso di domanda anziché di quella dell'eccesso di offerta.