La brutta estate dell’oro

Xiaobing Wu, Flickr, Creative Commons
Xiaobing Wu, Flickr, Creative Commons

In controtendenza a quello che si potrebbe pensare, i prezzi dell’oro stanno crollando. In un mercato più volatile rispetto a quello dello scorso anno, ci si aspetterebbe che gli investitori prendessero in considerazione il bene rifugio per eccellenza per arginare eventuali shock di mercato. Ma non è cosi. 

Guy Wagner, managing director di Banque de Luxembourg Investments, cerca una spiegazione a questo comportamento nella forza del dollaro. “L'oro generalmente, ma non sempre, ha una relazione inversa con il dollaro. Questo perché sia il metallo giallo che il biglietto verde possono assumere il ruolo di bene rifugio”. Nel caso del dollaro, la determinante è lo stato di salute dell’economia degli Stati Uniti, specialmente in relazione a quella di altre regioni. Dalla metà di aprile, il dollaro è passato dall’1,24 all’1,14 contro l'euro e si è apprezzato rispetto alla maggior parte delle altre valute. “La crisi finanziaria dell’Asia e quella dei mercati emergenti in generale, ha spinto il dollaro a rafforzarsi. Inoltre la recente debolezza della crescita dell'eurozona ha contribuito all'aumento del valore del biglietto verde.

La seconda ragione da considerare, ma non per importanza, è stata la crisi in Turchia. Come sappiamo, la Turchia non né un produttore né un esportatore di oro, ma è un grande compratore d’oro. Anzi, meglio la Banca centrale turca è un grande acquirente del metallo giallo. “La Banca, per difendere la lira turca, come durante la crisi attuale, può vendere oro e quindi gli investitori possono percepire questa offerta come negativa per il prezzo”, spiega Nitesh Shah, director of research di WisdomTree. Nel 2017 la Banca centrale turca ha acquistato 85,9 tonnellate d'oro, un quantitativo molto più grande rispetto a qualsiasi altra banca centrale. Questo perché la Turchia ha un sistema piuttosto insolito in cui le banche commerciali possono utilizzare l'oro per soddisfare gli obblighi di riserva nei confronti della banca centrale.

 

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Fonte: WisdomTree, "Central Bank Gold Flows"

Alain Nsiona Defise, head of emerging corporates di Pictet Asset Management ricorda che “non bisogna sopravvalutare l’importanza della Turchia in quanto costituisce solo l’1% del PIL mondiale”. Tuttavia, la Banca centrale europea mantiene gli occhi puntati sugli istituti bancari spagnoli e italiani. “Le banche spagnole presentano l'esposizione maggiore anche se i loro prestiti alla Turchia costituiscono meno del 5% dei prestiti esteri complessivi. Al secondo posto si posizionano le banche italiane, i cui prestiti al Paese costituiscono appena l'1,9% dei loro crediti internazionali”.

Secondo Nitesh Shah “l'oro non sempre reagisce rapidamente agli eventi di stress. Le emissioni della Turchia potrebbero pesare temporaneamente sui prezzi e lo sconto attuale potrebbe offrire agli investitori un punto d’ingresso interessante”.