L’investitore è morto? Nuove normative ed effetti collaterali 

Captura_de_pantalla_2017-06-27_a_las_9
immagine concessa

Commento a cura di Fabrizio Monge, consulente finanziario, Consultinvest investimenti SIM.

Fervono i lavori nelle reti e nelle banche per adottare i modelli normativi imposti dalla Mifid II, nell'ambiente si parla di rivoluzione epocale. Nell'intenzione del legislatore la normativa dovrebbe portare una ventata di trasparenza in un settore che gli utenti finali - i risparmiatori - giudicano da sempre come eccessivamente complesso e popolato da pericolosi conflitti di interesse. In realtà la maggior parte dei clienti finali non usa questi termini, non ha le idee chiare su cose sia il 'conflitto di interessi'; semplicemente teme (spesso a ragione) che il consulente, o l'operatore della banca, gli fornisca consigli in base al proprio tornaconto, o a ordini impartiti dall'alto, e intuisce che questa commistione possa essere pericolosa. Auspicabile quindi che la rivoluzione arrivi, e arrivi presto. 

Ho scritto spesso sui vantaggi della consulenza Fee only (a parcella) in termini di trasparenza. Bisognerebbe prestare attenzione a non ridurre la questione ad un risparmio di costi, in molti casi può essere necessario, ma non sta lì la vera rivoluzione. Il punto è rendere chiaro all'investitore quanto spende e cosa riceve in cambio, per arrivare ad un vero 'libero mercato' come avviene in quasi tutti gli altri settori. Nonostante sia convinto che la rivoluzione sulla trasparenza sia la strada maestra per l'evoluzione del settore sono convinto che i risparmiatori debbano fare molta attenzione ad alcuni equivoci che la nuova epoca sta portando con sé.

L'investitore è morto?
Tutta la normativa recente, e di conseguenza l'operatività delle società che operano nel risparmio gestito si sono sempre più avvicinate ad un modello sterilizzato che rischia di nascondere i rischi sotto al tappeto. Investire significa immaginare come sarà il mondo tra cinque, dieci o vent'anni. Ed è un'azione che per sua natura contiene un margine di errore imprevedibile che va affrontato e considerato, non minimizzato
La maggior parte dei modelli di gestione del rischio, e di attribuzione del profilo di investimento che vengono adottati dalle reti e dalle banche sono basati sulle performances e sulla volatilità degli strumenti nel passato.
Spesso anche di un passato molto recente che esclude periodi difficili come la crisi del 2009. In sostanza si assiste ad una ricerca continua tesa ad imbrigliare il caos in modelli statistico/matematici volti a generare la convinzione (spesso in buona fede) che investire sia una attività gestibile tramite questionari e modelli. 
La storia provvederà per l'ennesima volta a smentire queste pretese di controllo positivo sul flusso emotivo e imprevedibile dei mercati, e occorre farsi trovare pronti.

Nel suo saggio - Antifragile, prosperare nel disordine - Nassim Taleb descrive molto bene la fragilità di un sistema che tenta di imbrigliare il caos in un modello che aiuti l'essere umano a credere di avere tutto sotto controllo. Un limite comune a molte altre scienze, come ad esempio la medicina e la ricerca in ambito sociale.
Quello che Taleb chiama 'il cigno nero' è l'evento imprevedibile e rarissimo che può far saltare completamente un sistema basato sulla convinzione di avere sterilizzato l'imprevedibilità del futuro con l'applicazione di un modello statistico. 

Captura_de_pantalla_2017-06-22_a_las_12
 
Noto sempre più spesso come il termine investitore stia progressivamente scomparendo dal vocabolario finanziario; non si tratta di una semplice questione terminologica. La figura dell'investitore, personaggio mitologico armato di immaginazione, coraggio e competenze tecniche, che affronta il futuro pronto a correre rischi in nome della ricerca avventurosa di opportunità nel futuro è stata sostituita da quella, (per me) grigia e triste, del risparmiatore. Il risparmiatore (creatura innaturale e inesistente sul mercato reale) è una specie di animale protetto, che va a tutti i costi difeso da ogni possibile rischio di mercato e da ogni scelta intuitiva tramite l'applicazione di questionari e normative. Sono convinto che questo approccio sia senza dubbio più efficace per tutelare le reti di distribuzione che per proteggere i risparmiatori. Purtroppo (o per fortuna) la finanza e l'economia sono scienze umane e non rispettano queste gabbie. L'invito ai risparmiatori è di pianificare le proprie risorse tenendo presente che questi modelli non eliminano l'alea insita nell'attività di investimento.

Se assumiamo l’andamento dei mercati come una funzione non lineare, cercare di prevedere il prossimo cigno nero o di addomesticarlo, è una battaglia persa in partenza che può addirittura ingigantirne gli effetti sistemici.
Molto meglio creare modelli che considerino il rischio come elemento centrale dell'attività di investimento, e che siano in grado di cogliere la parte buona dell'incertezza e sopravvivere alla faccia brutta della medaglia, quella che in gergo viene detta convessità.