L’azionario americano mostra segnali di cedimento

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foto: autor Artemuestra, Flickr, creative commons

Gli indicatori congiunturali mostrano un rallentamento della crescita. “Questa fase di rallentamento ci induce a mantenerci prudenti”, spiega Laurent Jacquier-Laforge, CIO Equities di La Française AM. “Al di là dell’impatto sui consumi derivante dall’incremento del prezzo del petrolio, due fattori più fondamentali giustificano tale prudenza: il rallentamento del commercio mondiale, il rischio associato di un’inversione al ribasso degli investimenti”. 

Non si può sottovalutare che i titoli americani abbiano sovraperformato l’azionario degli altri Paesi sviluppati di un ampio margine negli ultimi 102 mesi, su base triennale. “L’azionario globale (USA esclusi) rimane interessante per una serie di fattori, tra cui il cosiddetto “valuation gap” tra le società statunitensi e le loro equivalenti europee e giapponesi”, spiega Jody Jonsson e Lisa Thompson, gestori dei portafogli azionari di Capital Group. “Il rapporto prezzo/utili dei mercati sviluppati (no-USA) è pari a 14,3, mentre per l’azionario statunitense il dato è pari a 16,6 (dati al 31 maggio 2018). Si tratta di una differenza significativa, secondo la quale questi mercati potrebbero avere maggiori margini di crescita rispetto agli USA, considerate le valutazioni elevate”.

Per quanto riguarda i titoli che hanno performato meglio, dopo un primo giro di dati non del tutto soddisfacenti, nel settore bancario i risultati di Bank of America, Goldman Sachs e Morgan Stanley hanno dato maggior forza al mercato. Al contrario nella tecnologia: “Netflix, per la prima volta, ha deluso in termini di numero abbonati ed è stata messa sotto pesante attacco così come eBay, che ha rivisto le sue prospettive al ribasso”, fa notare Olivier De Berranger, chief investment officer di La Financière de l’Echiquier. “Microsoft, invece, ha battuto le aspettative grazie alle sue attività nel cloud e IBM infine si è rivelata rassicurante”. 

Negli ultimi mesi si è acuito il cosidetto Goldilocks (crescita elevata, inflazione moderata): “I leading indicator, una quarantina di indicatori economici elaborati dai nostri economisti, non lasciano adito a particolari dubbi interpretativi”, spiega Andrea Delitala, head of investment advisory di Pictet Asset Management. “Il momentum macro si è impoverito e questo fenomeno ha una dimensione piuttosto globale. È ricomparsa l'inflazione com’è tipico nelle fasi finali del ciclo economico, ed è stata accolta come una sorpresa in quanto assente nello scenario Goldilocks caratterizzato appunto da una crescita sopra il potenziale e da variazioni dei prezzi che non superavano il target delle Banche centrali”. Ci troviamo perciò di fronte a un mix in cui entrambi i termini sono deteriorati: dunque la ripresa rischia di rallentare, mentre l'inflazione è tornata. “Non è chiaro se il movimento correttivo dei mercati azionari sia del tutto esaurito. Riteniamo comunque le attuali valutazioni accettabili e pertanto la scommessa sull’azionario dovrebbe basarsi sulle attese in merito agli utili, che restano però vulnerabili alla minaccia della guerra commerciale” conclude Delitala.