L’abbandono della difesa del franco svizzero apre una faglia nel sistema finanziario globale

Yves_Longchamp
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Non era mai accaduto che una banca centrale soccombesse nel tentativo di indebolire la sua valuta nazionale. L’incapacità della Banca Nazionale Svizzera di gestire il tasso di cambio minimo del franco rappresenta una pericolosa faglia nel sistema finanziario globale, perché fa crollare la fiducia degli investitori. Pensiamo al famigerato Black Wednesday, l'attacco alla sterlina britannica nel 1992, o alle diverse crisi valutarie nei mercati emergenti, inclusa l’ultima crisi del rublo. Alla fine tutti questi attacchi valutari si sono tradotti in un deprezzamento della valuta, anziché in un suo rafforzamento tuttavia, il caso della Banca Nazionale Svizzera (BNS) è eccezionale poiché, per impedire un apprezzamento del franco svizzero, l'istituto ha inondato i mercati di nuova moneta. Il fallimento della politica del tasso di cambio minimo è riconducibile alla combinazione tossica tra le dimensioni e il grado di rischio del bilancio della BNS. Rispetto alla sua economia, la banca centrale svizzera non solo ha il bilancio più ampio al mondo (l'85 % del PIL del paese), ma anche il più rischioso, poiché quasi tutte le sue attività sono denominate in valuta estera. Il 15 gennaio 2015 la BNS ha sospeso gli interventi quando si è resa conto che le dimensioni del suo bilancio erano destinate a raddoppiare in pochi mesi. La BNS ha ceduto ed è finita. 

Il rischio deflazione in Svizzera

Malgrado le conseguenze dirette sull'inflazione e sulla crescita in Svizzera, l'effetto principale dell'abbandono della politica del tasso di cambio minimo è la perdita di fiducia nella BNS. Cosa garantisce che in futuro l'istituto vorrà e potrà mantenere i suoi impegni? Immaginiamo che nei prossimi sei mesi il franco svizzero rimanga inferiore alla parità rispetto all'euro. L'economia elvetica scivolerà in deflazione, il che è incompatibile con il mandato di stabilità dei prezzi della banca centrale. Ma ci si può ancora fidare della BNS se annunciasse un nuovo regime del tasso di cambio minimo?
 
I rischi per le altre banche centrali

Dall'inizio della crisi finanziaria globale otto anni fa, tutte le principali banche centrali – la Bank of England (BoE), la Bank of Japan (BOJ), la Federal Reserve (Fed), la Banca centrale europea (BCE), la People's Bank of China (PBOC) e la Banca nazionale svizzera – hanno lanciato programmi di acquisti di asset su vasta scala sotto forma di Quantitative Easing o di interventi valutari. A differenza della BNS, le cui attività sono denominate perlopiù in valuta estera (90%), le altre istituzioni hanno acquistato principalmente asset nazionali (le attività nazionali della Fed rappresentano il 98% del totale). Inoltre, le dimensioni di queste banche centrali in termini di PIL sono inferiori a quelle della BNS. Attualmente la BoE, la Fed e la BCE oscillano tra il 20 e il 30 %, mentre la PBOC e la BOJ sono rispettivamente a quota 53 e 63 %. Secondo questi dati, la PBOC sembra essere a rischio, poiché investe principalmente in valute estere. Tuttavia, fortunatamente le sue riserve valutarie sono in dollari statunitensi, una valuta che si sta rafforzando. Per la BOJ, i cui asset sono perlopiù nazionali, il rischio principale sarebbe un aumento dei tassi d'interesse, che appare estremamente improbabile nell'attuale contesto economico. Tutto sommato, attualmente il rischio che un'altra importante banca centrale non riesca a far fede ai suoi impegni è basso. Ciononostante, una seconda tornata di Quantitative Easing, un aumento indesiderato dei tassi d'interesse a lungo termine o un indebolimento del dollaro USA potrebbero cambiare rapidamente la situazione.