Janet Yellen resta cauta. Che sia ostaggio dei mercati?

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foto: autor International Monetary Fund, Flickr, creative commons

Muoversi con cautela. Proprio quando la governatrice della Federal Reserve sembrava vicina ad approfittare degli ultimi dati macro sull'economia statunitense e lasciare la porta aperta ad un primo rialzo dei tassi in questo nuovo anno, Janet Yellen ha deciso di restare cauta. Non solo. Il calendario presentato dal Fomc, il comitato di politica monetaria, sembra stranamente accomodante, anticipando due rialzi - e non più quattro - per il 2016. "Una serie di recenti indicatori - afferma la Fed - segnalano un rafforzamento del mercato del lavoro e l’inflazione è risalita negli ultimi mesi. Tuttavia gli sviluppi economici e finanziari a livello globale continuano a rappresentare dei rischi e l’inflazione resterà bassa nel breve periodo".

La Fed lascia insomma invariato il costo del denaro fra lo 0,25% e lo 0,50%. Gli sviluppi a livello internazionale continuano a porre rischi all'economia americana. Tant'è che a chiudere la due giorni di riunione c'è anche una revisione al ribasso: le stime di crescita americane per il 2016 scendono dal 2,4% dello scorso dicembre al 2,2%. La disoccupazione si attesterà al 4,7%  - dato invariato rispetto a dicembre - mentre l'inflazione rallenterà all'1,2% a fronte dell'1,6% precedentemente stimato. La decisione potrebbe confermare, come sostengono molti osservatori, che la politica monetaria della banca centrale più potente al mondo viene tenuta sulle spine dai mercati. Non è così per Cosimo Marasciulo, responsabile portafogli obbligazionari governativi europei di Pioneer Investments. "La riunione di ieri è stata interessante. Il mercato sta scommettendo su un 50% di possibilità che ci sia un rialzo dei tassi a giugno, e che il rialzo sia uno solo nel 2016. Tuttavia credo che la probabilità che la Fed aumenti i tassi nel secondo trimestre sia più alta di quello che pensano i mercati. Una possibilità potrebbe essere un rialzo già nella riunione di aprile", spiega il manager. "Ci sono investitiori che pensano che, visto che la Bce e la Banca del Giappone sono stati di recente dovish, la Fed non può alzare i tassi. Penso sia tutto il contrario: se la Bce è capace di stabilizzare il mercato obbligazionario, questo è positivo per la Fed perché le permette di concentrarsi sull'economia domestica. Inoltre l'euro/dollaro non si è mosso molto dopo la riunione e anche questo è un segnale positivo, visto che la Fed non vuole che il cambio scenda sotto la parità e vuole una stabilità delle valute (la pressione sul cambio sarebbe tutta sul dollaro)".

Il rafforzamento  del dollaro complicherebbe i disegni di Janet Yellen di una graduale normalizzazione della politica monetaria. E il rischio si è visto proprio questa settimana. Dopo la ricetta di Mario Draghi a base di tassi a zero e rilancio del Qe, le due valute si sono riconcorse di ora in ora, segno dell'instabilità che si respira tra gli investiori. Insomma i mercati non stanno più reagendo con calma alle medicine somministrate loro dalle Banche centrali.

Secondo Brian Smith, direttore Fixed Income USA della società sbarcata pochi mesi fa su Borsa italiana, la TCW, "siamo arrivati al punto in cui le Banche centrali non solo non devono deludere le aspettative, ma devono anche promettere la luna. Non farlo significa ottenere una risposta negativa dai mercati finanziari, come dimostrato dalle recenti reazioni di mercato in Europa e Giappone, dove le iniziative delle Banche centrali hanno avuto l’effetto contrario rispetto a quello sperato". "Con quasi 7.000 miliardi di dollari di titoli di Stato a livello globale che scambiano con rendimenti negativi, il clima di investimento non è certamente quello di un tempo. Le Banche centrali devono semplicemente migliorare la comunicazione o hanno bisogno di ripensare completamente i loro strumenti di politica monetaria? Questa è la domanda chiave", provoca l'esperto.