Private banking, il motore dell’economia reale

Innocenzi
Fabio Innocenzi

Gli operatori del private banking sono convinti che un’efficiente ed efficace gestione delle scelte finanziarie della clientela possa e debba avere un impatto positivo anche per il Paese; se questo ruolo propulsivo dei patrimoni delle famiglie benestanti fosse collettivamente riconosciuto, troverebbe un terreno ancor più favorevole al suo consolidamento, aiutando i decision maker nel disegno di politiche volte a favorirne lo sviluppo e a rafforzarne il ruolo.

Dai dati raccolti da AIPB però, il portafoglio del cliente del private banking mostra ancora una forte propensione alla liquidità (14%) e uno scarso interesse per le strategie illiquide (0,3%). I prodotti alternativi rimangono ancora poco utilizzati proprio per la mancanza di fiducia in questa asset class. 

 

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Il valore sociale del private banking

In questo quadro, il private banking gioca un ruolo decisivo perché, per due terzi dei detentori di grandi patrimoni, il private banker rappresenta la figura professionale di riferimento quando si tratta di prendere le decisioni di investimento. Se la ricchezza è ben vista dagli italiani quando si mobilita per lo sviluppo, il 79,6% reputa utili i professionisti che orientano i grandi patrimoni verso investimenti funzionali nel favorire l’economia reale. Per l’89,1%, i private banker sono utili perché possono mettere in movimento le risorse per la crescita, per l’88,1% lo sono perché possono orientare i patrimoni verso investimenti che creano occupazione, benefici sociali, e non solo altro denaro per chi già lo possiede. Oltre a far guadagnare i propri clienti, il private banking è utile se li orienta su investimenti da cui derivino benefici per la collettività. In ciò si esprime il valore sociale del private banker, anello di congiunzione tra le ricchezze private, per le quali deve garantire un giusto rendimento e gli impieghi a favore del sistema economico e sociale del Paese.

Il passaggio intergenerazionale

In Italia, troppi sono i casi in cui il passaggio di un’azienda dall’imprenditore agli eredi genera crisi, con gravi danni per l’impresa, i dipendenti e le comunità. Al momento, il 50,3% degli imprenditori non ha ancora pensato alla trasmissione agli eredi del proprio patrimonio personale e aziendale. Di questi, il 32,2% tende a rimandare e il 18,2% non è interessato a cosa accadrà dopo di lui. Con specifico riferimento al patrimonio aziendale, l’88,3% degli imprenditori non ne ha cominciato il trasferimento agli eredi. Le principali difficoltà che pensano di incontrare sono: per il 36% riuscire a garantire la continuità aziendale, per il 32,6% il timore di scontentare qualche erede, per il 21,8% individuare il sostituto adatto. Anche questo è un campo d’azione importante per il private banking, che può affiancare l’imprenditore con la professionalità dei suoi esperti per prendere le decisioni più giuste.

"Il rapporto fornisce diversi stimoli all’industria del private banking su come svolgere un ruolo attivo di sostegno alla crescita del Paese, conciliandolo con l’obiettivo primario di protezione e sviluppo dei patrimoni affidati dalla clientela. È importante che il private banking faccia da collettore intergenerazionale non solo per i patrimoni individuali, ma anche per quanto riguarda la salvaguardia delle piccole medie imprese italiane che sono la linfa vitale del Paese”, conclude Fabio Innocenzi, presidente di AIPB.