Il numero dei super ricchi è in crescita ma il loro patrimonio è in calo

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foto: autor Images_of_Money, Flickr, creative commons

I signori del denaro crescono nel numero ma lo stesso non si può dire delle loro ricchezze. Anche i miliardari, insomma, in questi tempi bui, hanno visto erosa parte del loro patrimonio. La loro ricchezza è infatti diminuita, lo scorso anno, di 300 miliardi di dollari, dopo essere stata sempre in crescita e di ben sette volte negli ultimi vent’anni. Secondo il report di UBS e Pwc Are billionaires feeling the pressure?, complessivamente 1.400 ultra ricchi si sono spartiti 5.100 miliardi, ovvero 3,7 miliardi a testa. Di certo, su patrimoni di queste dimensioni, l’effetto è ridotto rispetto a quello che sarebbe per un comune risparmiatore ma si tratta pur sempre di perdita netta del 7,5% in un solo anno.

A essere colpiti sono stati tutti i settori, a cominciare dalle materie prime e dall’industria, con la sola eccezione delle imprese sanitarie. E i magnati si dicono preoccupati. “Dopo più di vent’anni di eccezionale creazione di ricchezza, la seconda età dell’oro è entrata in una fase di stallo”, fanno sapere gli analisti di Pwc e UBS mentre attribuiscono le sofferenze dei super ricchi al complicato andamento del prezzo del petrolio, alla deflazione delle materie prime in genere, all’apprezzamento del dollaro Usa, senza escludere anche più di un problema nel passaggio generazionale. In cima alla classifica, ormai si sa, c’è l’Asia che, in scia al boom di una certa parte della Cina, butta fuori un miliardario ogni tre giorni.

Nel mondo occidentale, dove le fortune spesso si tramandano di generazione in generazione, c’è la preoccupazione di come lasciare agli eredi il proprio impero. Di questa generazione di blasonati, “uno su tre ha più di 70 anni ed è piuttosto diffuso ormai che si trovino di fronte a figli e nipoti poco o per nulla interessati alle vicende e agli affari di famiglia”, specificano da UBS e Pwc. La ricerca stima che nei prossimi 20 anni saranno trasmesse in eredità fortune per 2.100 miliardi di dollari, l’equivalente del Pil di un Paese come l’India. Come avverrà questo passaggio sarà un aspetto centrale per determinare se ci troviamo davanti a una pausa dell’età dell’oro dei signori del denaro o a qualcosa di più. Se si analizza la questione con una logica geografica, solo in Europa la maggioranza delle grandi ricchezze è sopravvissuta al passaggio dai capostipiti ai discendenti e il 54% dei super ricchi ha ereditato la propria fortuna. La quota scende al 33% negli Stati Uniti e al 15% nella regione dell’Asia e del Pacifico, dove oltre otto miliardari su dieci sono “selfmade men”.

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È questo il caso dei magnati che guidano la classifica dei cinesi più ricchi stilata dalla rivista Hurun. Al primo posto c’è Wang Jianlin, tycoon del colosso Wanda, con 32,1 miliardi di dollari. La seconda posizione è stata mantenuta da Jack Ma, fondatore della piattaforma e-commerce Alibaba, seguito da Ma Huateng della compagnia IT Tencent e dal fenomeno Yao Zhenhua, le cui fortune si sono moltiplicate nove volte in un anno fino alla cifra macroscopica di 17,1 miliardi, facendolo avanzare dal 231esimo al quarto posto della classifica dei ricchi veri.