I costi dei fondi: i numeri del 2019

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Luca Lodi, consigliere e direttore centro studi di FIDA

Commento a cura di Luca Lodi, consigliere e head of R&D di FIDA.

La tematica dei costi è ormai da mesi al centro dell’attenzione del regolatore, dei media e progressivamente anche di investitori e risparmiatori. Un processo di sana presa di coscienza anche del potenziale valore dei servizi di gestione del risparmio cui corrisponde un costo adesso reso più trasparente e mostrato obbligatoriamente in maniera adeguata. FIDA ne ha fatto un’analisi globale contenuta nell’annuario 2020 in fase di ultimazione, esplorando le figure di costo all’interno del proprio sistema di categorie organizzate per tipologia di politica di investimento.

Le figure di costo più rappresentative ed omogenee sono i costi correnti (ongoing cost) e i costi di transazione (transaction cost), inclusi tra quelli che la normativa indica di esplicitare. Sono state calcolate le medie di categoria ed analizzate raggruppandole nelle principali tipologie generali/asset class. Quello che emerge è un quadro senza numeri eclatanti, qualche curiosità e soprattutto una distribuzione dei costi dalla quale si intravedono i diversi livelli di difficoltà gestionali e forse anche qualche differenza di origine commerciale.

Monetari e obbligazionari

I fondi obbligazionari, come noto, sono molto articolati dal punto di vista delle politiche di gestione, una variabilità che si riflette anche sui costi. Il range tra le diverse categorie è infatti piuttosto ampio e varia, per i costi correnti, dal minimo di 0,75% della categoria Obbligazionari Area Euro - Governativi (1-3 Anni) fino a poco più di 1,8% della media calcolata sugli Obbligazionari Globali (Mercati Emergenti) – Corporate. I costi di transazione partono invece da valori prossimi allo zero fino a circa 0,5% mettendo in evidenza le diverse difficoltà operative che questa figura di costo include.

In generale i prodotti area euro, ma anche quelli focalizzati sulle valute nordiche, sono i più economici, con percentuali di costi correnti quasi sempre inferiori al punto percentuale; l’investimento in mercati emergenti/high yield, ragionevolmente più costoso, presenta viceversa i costi maggiori del segmento.  Gli strumenti monetari sono naturalmente i più economici ma con costi correnti che tra le categorie variano tra 0,24% e 0,62% annui. In particolare quelli delle gestioni più aggressive possono comportare oneri quindi anche doppi rispetto agli altri.

Azionari

Sono gli azionari Nord America ad occupare la posizione dei più economici tra le categorie equity, contrapposti a tre categorie settoriali (agricoltura, energie alternative e metalli preziosi euro hedged) che invece risultano essere tra le più costose. Sono la tipologia di prodotti più onerosa con i costi correnti che partono da oltre 1,5% ed arrivano fino ad oltre 2,5% e quelli di transazione con un range compreso tra 0,09% e 0,62%.

E’ abbastanza difficile individuare regolarità all’interno di una gamma molto ampia e variegata di politiche di investimento, sebbene anche in questo caso l’esposizione geografica verso i Paesi emergenti mostri una tendenza a far crescere i costi cui si aggiunge, anche se non in maniera omogenea, la focalizzazione settoriale.

Diversificati

Oneri a ridosso dei più elevati per le categorie diversificate, che partono da un minimo di un punto e mezzo fino al 2,3% della categoria focalizzata sui mercati emergenti. I driver sono tendenzialmente il grado di aggressività/esposizione all’asset azionario e l’esposizione geografica. Un voce non trascurabile anche in questo caso sono i costi di transazione che, con una logica analoga, si distribuiscono tra valori inferiori all’1 per mille fino a quasi lo 0,4%

In coerenza con quanto rilevato, la categoria diversificati euro difensivi risulta essere stata quella complessivamente meno cara con i costi correnti in media pari all’1,48% e quelli di transazione ridotti allo 0,07%.

Ritorno assoluto

Le categorie a ritorno assoluto considerate nell’analisi sono poco meno di 20, caratterizzate da volatilità, tipo di strategia, esposizione, a raffigurare un segmento di mercato relativamente anch’esso complesso e articolato. L’analisi mostra livelli di costo vicini a quelli dei fondi azionari con i soli costi di transazione che in questo caso arrivano allo 0,72% medio della categoria long-short.  

La loro distribuzione, oltre alle determinanti già rilevate per le altre tipologie di prodotti si caratterizza probabilmente per grado di attività/dinamicità delle strategie in particolar modo per i citati costi di transazione.

Radiografia dei costi dei prodotti retail venduti in Italia

Costi correnti* Min Max Costi di transazione* Min Max
Monetari 0.24 0.62 Monetari 0.05 0.13
Obbligazionari 0.75 1.82 Obbligazionari 0.03 0.54
Azionari 1.57 2.56 Azionari 0.09 0.62
Diversificati 1.48 2.30 Diversificati 0.07 0.38
Ritorno assoluto 1.48 2.53 Ritorno assoluto 0.08 0.72

Fonte: Finanza Dati Analisi (FIDA). *medie di categoria

 

Note metodologiche

Lo studio si basa sui costi ex-post ultimi disponibili dichiarati dalle società di gestione per i fondi destinati alla distribuzione in Italia ad investitori di tipo retail con minimo di investimento non superiore ai 5000 euro.

Sono state prese in considerazione esclusivamente le categorie sufficientemente ampie e omogenee al proprio interno.