Gli investitori istituzionali sono preoccupati dell’impatto degli strumenti passivi

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Antonio Bottillo

Due terzi degli investitori istituzionali globali (62%) ritengono che la popolarità degli investimenti passivi abbia aumentato il rischio sistemico, mentre il 61% ha evidenziato che i flussi verso le strategie passive hanno artificialmente soppresso la volatilità. Più della metà (52%) ritiene che gli investimenti passivi abbiano distorto i prezzi relativi delle azioni e il trade-off rischio/rendimento.

In questo contesto, gli investitori stanno anche rallentando il ritmo con cui prevedono di aumentare la propria esposizione alle strategie passive, con le istituzioni che sembrano aver trovato il punto di forza nelle allocazioni. Interrogati sulle allocazioni nel 2015, gli investitori istituzionali avevano previsto di aumentare le partecipazioni passive fino al 43% entro tre anni, ma nel 2018 gli intervistati non hanno dato alcuna indicazione di voler apportare modifiche significative alla loro attuale allocazione al 70% attiva e al 30% passiva entro i prossimi tre anni.

Anche gli investitori istituzionali stanno esprimendo una preferenza per la gestione attiva al fine di anticipare la volatilità dei mercati prevista per il 2019, con quattro su cinque (80%) che prevedono un aumento della volatilità dei mercati nel corso del prossimo anno. La stessa percentuale (79%) suggerisce che l'attuale contesto di mercato favorirà la gestione attiva dei portafogli, una risposta simile (78%) a quella fornita per il 2018. Gli investitori rimangono ottimisti sui rendimenti, ma hanno leggermente abbassato l'ipotesi di rendimento medio annuo al 6,7%, a fronte del 7,2% del 2017.

Anche se la maggior parte degli investitori ritiene che il contesto di mercato sia ottimale per gli investimenti attivi, permane la necessità che i gestori attivi dimostrino più chiaramente il proprio valore, motivo per cui la metà degli investitori utilizza le strategie passive al fine di evitare i troppi "closet tracker" presenti nel comparto della gestione attiva. Tuttavia, se il settore sarà in grado di scovare i closet tracker, i due terzi (66%) degli investitori pensano che ciò andrà a beneficio di quei gestori che perseguono un approccio e una performance veramente attivi e la maggior parte si aspetta che gli investimenti attivi sovraperformeranno nel lungo termine. 

“Gli investitori istituzionali sembrano aver trovato la loro allocazione ottimale tra attivi e passivi, e ora stiamo iniziando a vedere un rallentamento nella crescita dell'allocazione ai passivi. La nostra indagine mostra che ciò coincide con la preoccupazione degli investitori per l'impatto che i passivi potrebbero avere sull'infrastruttura del mercato e sui rendimenti degli investimenti”, commenta Antonio Bottillo, managing director di Natixis Investment Managers Italia. “Crediamo che nel tempo le strategie passive porteranno un eccessivo rischio di concentrazione, che potrebbe portare a un rischio sistemico e metterle alla prova quando si verificherà la prossima recessione del mercato. Allo stesso tempo la richiesta per strategie attive è una chiara indicazione che in tempi di turbolenza del mercato, gli investitori istituzionali vogliono avere un professionista qualificato al timone. Tuttavia, l’atteso aumento della volatilità e uno scenario più impegnativo per generare rendimenti porterà a una distinzione sempre più ampia tra i gestori che possono generare alpha”.

La ricerca di alpha guiderà la domanda per ESG

Le considerazioni ESG stanno svolgendo un ruolo sempre più dominante nelle strategie di investimento delle istituzioni. Tre investitori istituzionali su cinque (61%) incorporano attualmente fattori ESG e più della metà (55%) degli intervistati ha dichiarato di prevedere nel 2019 un incremento delle allocazioni sulle strategie ESG, con considerazioni chiave sulla generazione di rendimento e sulla diversificazione. Più della metà (56%) è d'accordo sul fatto che l’alpha può essere trovato nelle strategie ESG; il 43% degli investitori ritiene che nell'analisi di un'impresa i fattori ESG siano importanti tanto quanto i fattori finanziari fondamentali e un quinto (20%) li considera un modo importante per generare rendimenti corretti per il rischio nel lungo termine.

Nonostante la crescente richiesta per le strategie ESG, secondo il 43% degli intervistati la misurazione e la capacità di dimostrare le performance rimane una sfida. Due investitori istituzionali su cinque (40%) temono, inoltre, che le aziende possano compiere un greenwashing dei dati per migliorare la loro immagine pubblica. 

"Se gli investimenti ESG sono ormai una cosa ovvia per gli investitori istituzionali, che si aspettano che l'incorporazione dei fattori ESG diventi una pratica standard per tutti i gestori nei prossimi cinque anni, il prossimo passo dell’industria è quello di garantire il regolamento e monitoraggio dei prodotti ESG, a protezione degli investitori e dei loro investimenti, sostiene Bottillo. “È necessaria una chiara tassonomia e chiari standard di etichettatura in tutto il settore e in tutte le giurisdizioni. Solo manager veramente attivi con convinzioni elevate possono rispettare e integrare i principi ESG".

Gli investitori preferiscono strategie alternative e reddito fisso 

La combinazione di rendimenti incerti e di un contesto di tassi crescenti ha costretto le istituzioni a guardare oltre per generare rendimenti, e gli intervistati hanno segnalato una preferenza per le strategie alternative e per i mercati privati. Le infrastrutture continuano ad attirare l'attenzione di questo gruppo di investitori, con oltre un terzo di loro (36%) che prevede di aumentare le allocazioni su questa asset class, seguita dal private debt (28%), dal private equity (27%) e dal settore immobiliare (24%). La tendenza verso i mercati privati si riflette in sette istituzionali su dieci (71%) i quali affermano che gli asset privati aiutano a generare maggiori ritorni, mentre il 60% dichiara che offrono diversificazione.

Gli investitori prevedono di ridurre la loro allocazione sull’azionario, mentre l'esposizione al reddito fisso dovrebbe aumentare. La maggior parte degli investitori (84%) prevede un aumento della volatilità del mercato azionario e di ridurre, dunque, nel corso del prossimo anno le allocazioni azionarie dal 37,7% al 36,2%, mentre le allocazioni a reddito fisso dovrebbero rappresentare il 38,2% nel 2019, contro il 37,3% attuale.