Gli impatti politici ed economici del referendum (secondo Pioneer)

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immagine ceduta dall'entità

Il referendum costituzionale è diventato il tema centrale del dibattito politico, sociale ed economico. E lo sarà fino al prossimo 4 dicembre. Al momento il fronte del No sembra essere in leggero vantaggio, ma i sondaggi raccontano di un elettorato ancora molto indeciso e l’esito perciò resta ancora incerto. A preoccuparsi  degli esiti non c'è solo la politica italiana, od europea. Anche gli esperti del settore cercano di analizzare i vari fronti e anticipare cosa accadrà sui mercati. Secondo il team di Pioneer Investiments, composto da Andrea Brasili (senior economist) Monica Defend (head of global asset allocation research) e Cosimo Marasciulo (head of european government bonds, in foto), a livello politico la situazione appare chiaramente divisa. “Se vince il Sì si rafforzerà, almeno temporaneamente, la posizione di Renzi come capo del Governo e, dato che tutti i partiti sono impegnati, in diversa misura, in un processo di riorganizzazione, è probabile che le nuove elezioni si terranno alla scadenza naturale della legislatura, ovvero nella primavera del 2018”, dicono. “Uscendo rafforzato nel suo ruolo di premier, Renzi cercherà probabilmente di mantenere intatto l'impianto dell'Italicum”.

Se vincesse il No invece secondo Pioneer “non è chiaro se il Governo sarà in grado di sopravvivere. È probabile che Renzi cercherà di ottenere un mandato più forte alle elezioni del 2018 (ma dovrà prima risolvere il problema delle divisioni interne al suo partito) e potrebbe insediarsi un Governo ad interim fino al termine della legislatura con il compito di preparare alcune modifiche alla legge elettorale. A nostro avviso, la decisione di far slittare ai primi di dicembre la consultazione referendaria è stata motivata, tra l'altro, dalla necessità di garantire l'approvazione della legge di Bilancio ad ottobre. È evidente che una vittoria del No interferirebbe con una serie di questioni aperte, come il piano di ricapitalizzazione del Monte dei Paschi, che il Tesoro sta seguendo con particolare attenzione, oltre a influire sulle relazioni e sulle trattative in corso con la Commissione europea e i partner europei sui temi dell'immigrazione e della flessibilità in materia di conti pubblici”.

Ma quali potrebbero essere le implicazioni in termini di investimenti? Il team di Pioneer no ha dubbi a riguardo. “Se Renzi dovesse fallire nel suo obiettivo principale, la fiducia della comunità internazionale nella possibilità di riformare il Paese risulterebbe fortemente compromessa. Dal punto di vista degli investitori stranieri, una vittoria del No potrebbe mettere a rischio il capitale politico necessario per introdurre cambiamenti negli anni a venire. Per questo motivo, riteniamo probabile che il clima di incertezza perdurerà durante lo svolgimento della campagna referendaria e tenderà a mantenere elevato il livello di volatilità”.

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Nel mercato a reddito fisso, manteniamo un giudizio sostanzialmente positivo per quanto riguarda gli spread periferici, che continueranno a beneficiare del programma di acquisti intrapreso dalla BCE. Riteniamo tuttavia che i prezzi attuali non siano così allettanti come lo erano subito dopo l'esito del referendum sulla Brexit, quando il timore di un contagio euroscettico aveva aperto interessanti opportunità per i Titoli di Stato italiani. Siamo dell'opinione che, al momento, convenga adottare un atteggiamento attendista, poiché prevediamo una certa volatilità e livelli di ingresso migliori nel prossimo periodo”, spiegano dalla società di gestione.

“Da una prospettiva multi-asset, riteniamo che gli asset italiani stiano scontando scenari di crescita molto modesta. La vittoria del Sì potrebbe dare maggiore stimolo agli sforzi riformatori di Renzi ed è probabile che i mercati inizieranno a scontare prospettive più rosee per il Paese. Per quanto riguarda il mercato azionario, a nostro avviso sono emerse numerose opportunità di acquisto negli ultimi mesi, che potrebbero rivelarsi interessanti a prescindere dall'esito del referendum, dal momento che la crisi politica appare comunque gestibile e che le possibili sorprese negative sembrano già ampiamente scontate nelle valutazioni attuali”.

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