Gli effetti della compressione dei margini nella consulenza finanziaria

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Giorgio Fata

A un anno e mezzo da MiFID II, dobbiamo fare il punto della situazione sul tema della compressione dei margini. Per questo motivo abbiamo chiesto ai responsabili di rete (due di emanazione bancaria, uno indipendente) cosa ne pensano.

Secondo Giuseppe Baiamonte, responsabile coordinamento Rete Consulenti Finanziari di Fideuram ISPB, la contrazione dei margini è un trend normale in mercati che diventano sempre più maturi. “Con l’avvento della Mifid 2 la sfida del consulente è rendere partecipe il cliente nelle scelte d’investimento: i nostri professionisti devono facilitare l’evoluzione da risparmiatore a investitore”, spiega.

“In questo nuovo contesto la variabile più importante è il tempo impegnato dal consulente per il proprio cliente. Se è vero che il risparmiatore ha come obiettivo il rendimento e il costo è altrettanto vero che l’investitore preferisce focalizzarsi sul raggiungimento dei propri obiettivi. È chiaro che, così facendo, il focus non è più solo la performance”.

L’agitazione del mercato spesso è dettata dalla novità. La situazione attuale è molto simile a quella che si creò alcuni anni fa sul tema della trasparenza dei costi bancari, in cui si temeva che i conti correnti si sarebbero azzerati. In realtà, alla fine il conto corrente si paga ancora dato che è percepito come un servizio. “Per quanto riguarda la consulenza, penso che il cliente prenderà atto del valore aggiunto del servizio. Anzi, prima della trasparenza a cui ci obbliga MiFID II, risultava più complesso capire il valore aggiunto. Il consulente andava dal cliente e gli faceva vedere solo le performance. Oggi ci si concentra molto di più sul processo, sui concetti di volatilità e di gestione del rischio”, spiega Stefano Lenti, responsabile Area Consulenti Finanziari e Wealth Management, IWBank Private Investments. “La rendicontazione dei costi che riceve il cliente dovrebbe essere simile alla fattura dell’avvocato, in cui vengono incluse diverse voci come le spese di viaggio, le ore di aggiornamento professionale, le visite in tribunale etc”. 

Secondo Lenti, il tema della riduzione dei costi riguardi più le SGR, soprattutto per quanto riguarda le commissioni di performance che vengono calcolate in modo del tutto particolare. “Sicuramente ci sarà una riduzione della componente di front-fee per chi ancora la applica sui fondi, ma il grosso della componente reddituale dei consulenti, ovvero la management fee, in un modello di business come il nostro, non sarà significativamente rilevante”. 

Per Gianluca Scelzo, direttore commerciale di Copernico SIM, esponente di una realtà di Consulenza indipendente, al momento non si vede una riduzione dei margini, anzi vediamo un piccolo aumento. “Con MiFID II sono esplosi i costi di compliance e di IT (con la necessità di rinnovare i gestionali) perché la normativa ha causato un aumento dei costi di struttura. Molte SGR stanno facendo fusioni per ridurre i costi ma dal punto di vista delle reti questa riduzione di marginalità non si vede al momento, e non credo sarà così importante nell’immediato”.

Il compito più difficile di un Consulente Finanziario è gestire l’emotività del cliente, anche in funzione dell’andamento dei mercati. “Credo poco nel trading, spesso infatti i clienti che fanno da soli trading poi tornando dal consulente per cercare di recuperare le perdite. Dobbiamo considerare che il consulente di oggi è molto più preparato rispetto al promotore finanziario di qualche anno fa: pensiamo, ad esempio, al numero di ore formative che vengono organizzate oggi rispetto a prima: parliamo mediamente di un giorno alla settimana”.