Fondi monetari, in arrivo il nuovo regolamento proposto dalla Commissione europea

Politica di investimento, qualità creditizia, gestione del rischio, trasparenza informativa e investimenti ammissibili. Sono questi i temi trattati dalla proposta di regolamento sui fondi monetari pubblicata dalla Commissione europea. Una proposta che dovrà essere sottoposta all’approvazione del Consiglio e del Parlamento Europeo e che, dalla sua entrata in vigore, coinvolgerà anche i fondi già esistenti. Questi avranno sei mesi di tempo per adeguarsi alle nuove norme. 

Entrando nel dettaglio della proposta della Commissione europea, gli aspetti di maggiore innovazione per i fondi di mercato monetario sono quindici. Si va dall’estensione dell’ambito di applicazione a tutti i fondi che investono in attività di breve termine e che hanno come obiettivo quello di offrire rendimenti in linea con i tassi di mercato monetario (o di preservare il valore di investimento), alla previsione di una lista ristretta e tassativa di investimenti ammissibili (dalla quale risultano esclusi, ad esempio, i fondi di mercato monetario), passando dall’obbligo di detenere almeno il 10% delle attività in strumenti con maturity giornaliera (il 20% nel caso di maturity settimanale). E la proposta sull’industria dei fondi monetari non dimentica il tema delle agenzie di rating. 

Secondo quanto pubblicato dalla Commissione europea, l’art. 9 comma 1 della proposta prevede requisiti minimi di merito creditizio per gli strumenti oggetto di investimento basati su un sistema di rating interno, sostitutivo dell’attuale approccio fondato sui giudizi delle agenzie di rating. Ma, al comma 3 dello stesso articolo, si precisa che la norma relativa ai requisiti minimi di merito creditizio non deve essere applicata per gli strumenti di mercato monetario emessi o garantiti da un’autorità centrale o una banca centrale di uno Stato membro, dalla BCE, dall’Unione, dallo European Stability Mechanism o dalla Banca europea degli investimenti. 

Ogni intervento normativo, che abbia quale obiettivo il rafforzamento della protezione degli investitori e il potenziamento degli strumenti che questi hanno per formulare scelte di investimento consapevoli, anche attraverso la riduzione delle asimmetrie informative tra emittenti e investitori, migliora l’accessibilità al comparto e contribuisce potenzialmente a mitigare la percezione di rischiosità dei relativi investimenti, aumentando la platea della clientela target. E ciò sembrerebbe tanto più vero quanto meno maturo è il mercato di riferimento.

La proposta normativa, che riguarda i fondi monetari e si inserisce in quel filone, al quale appartiene anche MiFID II, volto a migliorare trasparenza e tutele del risparmio, dovrebbe consentire di compiere un ulteriore passo nella direzione della conoscenza degli investitori da parte del gestore del fondo, nonché nella standardizzazione di modelli informativi adeguati e trasparenti a vantaggio degli stessi investitori ma anche delle autorità di vigilanza. 

La previsione di obblighi speciali di trasparenza e di obblighi di segnalazione, che si applicano in aggiunta a quelli delle direttive 2009/65/CE (Direttiva UCITS IV) e 2011/61/UE (Direttiva AIFMD), tralasciando in questa sede preliminare ogni valutazione circa gli oneri amministrativi e i costi di compliance, come pure i profili di incremento delle responsabilità gestionali e gli eventuali effetti di traslazione economica dei predetti costi sul monte commissionale, può in ottica positiva contribuire ad avvicinare quei risparmiatori ancora diffidenti rispetto al mondo dei fondi comuni, se confrontato con altri strumenti di investimento. In questo senso, potrebbe risultare interessante valutare anche gli eventuali effetti di spinta o incentivo alla concentrazione dei gestori, sia come acquisizioni esterne che come riorganizzazioni all’interno dei gruppi internazionali con eliminazione delle realtà locali a vantaggio di hub complessivi. 

Il rating interno

Le novità della proposta, soprattutto in Paesi come l’Italia, dove le commissioni sono più alte della media, potranno ragionevolmente risultare di non poco momento sia per gli effetti sull’operatività dei fondi monetari esistenti sia per le prospettive di sviluppo. Come noto, l’introduzione di un sistema di regole sulla valutazione interna della qualità creditizia degli strumenti di investimento dei fondi comuni monetari ha la finalità di ridurre l’affidamento meccanico da parte dei gestori ai rating esterni. 

Allo stesso tempo, tuttavia, occorre tener conto di una serie di fattori che potrebbero sul piano delle concretezze far risultare poi in ultima analisi l’introduzione del sistema di rating interno possibilmente inefficiente, di difficile gestione organizzativa e probabilmente costoso, anche tenuto conto della frammentazione del mercato e delle realtà professionali su cui andrebbe ad incidere. Ciò potrebbe addirittura indurre dei gestori a ripensare la propria gamma di offerta in fondi monetari, con la conseguente possibile riduzione dei flussi intermediati di finanziamento all’economia reale e la maggiore concentrazione degli operatori presenti sul mercato, con rischi di natura sistemica o quantomeno concorrenziale.

Del resto, se da un lato - come era stato autorevolmente notato anche dalla BCE rispetto alla prima proposta della Commissione - i modelli di rating interno non producono necessariamente risultati sostanzialmente diversi da quelli delle agenzie di rating esterne, dall’altro lato potrebbe essere necessario anche considerare l’impatto e la complessità di sviluppo dei modelli interni rispetto sia alle caratteristiche organizzative dei gestori coinvolti, sia anche agli interessi in gioco e ai potenziali effetti di diversi approcci e appetiti al rischio, potenzialmente non di immediata percezione per il pubblico dei risparmiatori.

È auspicabile, in definitiva, che nell’attuazione concreta delle nuove misure - di cui può evidentemente condividersi la ratio normativa di fondo - il legislatore comunitario tenga in conto per quanto possibile la variegata realtà operativa e le effettive condizioni di esercizio dell’attività, nonché i potenziali impatti, anche indiretti, che potrebbero derivare, a fronte del processo di responsabilizzazione del gestore e della definizione interna dei rating, da una contrazione dell’offerta di fondi monetari (o dalla variazione della composizione degli strumenti in cui questi sono investiti).