Fomentare la diversità di genere per rimanere competitivi

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Rita Caria, product manager, Nordea AM

La decima edizione del Salone del Risparmio ha chiuso i battenti lo scorso 4 aprile. Nella tre giorni dedicata ai professionisti del risparmio gestito si è parlato molto di diversità di genere, un argomento che, in maniera trasversale, interessa più aspetti di questo settore. Nel mondo aziendale la disuguaglianza di genere è una realtà. Ora che il tema sta diventando di tendenza si inziano a intravedere miglioramenti, ma nel complesso è ancora molta la strada da fare. Basti pensare che meno del 4% delle prime 500 più grandi aziende del pianeta ha un CEO donna e solo il 7% dei Consigli di Amministrazione rispetta la parità di genere. 

Cambiare questa situazione è necessario non solo per raggiungere il quinto obiettivo dell’ONU per lo Sviluppo Sostenibile (volto a "Raggiungere la parità di genere e supportare l’emancipazione delle donne") ma anche perché – lo dicono studi condotti da diverse organizzazioni a livello mondiale - l'aumento della parità di genere è associata a profitti più consistenti ed è un motore per la creazione di valore aziendale. Tra gli strumenti che consentono di investire in aziende che riconoscono l’incremento della diversità di genere come fattore determinante per rimanere competitivi e lo promuovono mediante misure concrete vi è il Nordea 1 – Global Gender Diversity Fund, lanciato meno di un mese fa da Nordea Asset Management.

Il processo d’investimento

“Il Nordea 1 - Global Gender Diversity Fund sottende un universo di circa 1.700 aziende che mostrano un'equa rappresentazione della diversità di genere, dove le donne detengono almeno un terzo dei ruoli di senior management”, spiega Rita Caria, product manager di Nordea AM. “Questo universo viene  sottoposto a uno screening di liquidità e altre valutazioni qualitative, quali la valorizzazione dell’impresa, crescita, qualità e guadagni. Vengono, inoltre, considerati i criteri ESG, escludendo le società coinvolte in violazioni del diritto internazionale e di norme in materia di protezione ambientale, diritti umani e standard lavorativi”, commenta Caria.

Sul restante gruppo di circa 350 titoli azionari, i gestori di portafoglio effettuano una valutazione qualitativa e viene assegnato un punteggio relativo alla gender diversity. “Questo punteggio si basa sulla reportistica relativa alla diversità di genere e all’uguaglianza, sulla percentuale di donne presenti nel top management, sulle opportunità di promozione e sviluppo professionale, nonché sulle politiche di genere - come le pari opportunità e la riduzione del divario retributivo tra uomini e donne. Da questo, i gestori di portafoglio assemblano un insieme di circa 80-100 titoli di valore, in prima linea sul fronte della gender diversity”, commenta la manager.

Paesi e settori ‘apripista’

L’esperta sottolinea che, nel complesso, i mercati sviluppati presentano una diversificazione maggiore rispetto a quelli emergenti: “Stati Uniti ed Europa sono le regioni più avanzate in questo senso, e le posizioni principali nel nostro fondo riflettono questa situazione. Il Giappone è alquanto indietro se lo mettiamo a confronto”. In termini di settori, finanza e IT sono quelli con la percentuale più alta di donne nelle posizioni di top management, mentre le società dei settori materiali e utility sono ancora prevalentemente gestite da uomini. “Il fondo”, conclude Caria, “è comunque naturalmente orientato verso i settori e i Paesi più vari”.