"Evoluzione della normativa fiscale e regolamentare sul risparmio gestito in Italia”

Negli ultimi anni, il settore del risparmio gestito in Italia ha conosciuto una rilevante evoluzione normativa. Sia la materia fiscale, sia quella regolamentare, sono state oggetto di numerosi interventi che hanno radicalmente modificato il contesto normativo in cui si muovono gestori e altri operatori.

In materia fiscale, la riforma del 2011 ha eliminato le differenze tra la tassazione dell’investimento in fondi esteri, basata sul principio di cassa, e quella dei fondi italiani, basata sul principio di maturazione, con applicazione dell’imposta a livello del fondo e esenzione (o credito d’imposta) all’atto del realizzo da parte dell’investitore. La disparità di trattamento si traduceva in uno svantaggio competitivo per i fondi italiani, il cui investimento risultava tassato anticipatamente e che vedevano il proprio NAV al netto dell’imposta sostitutiva applicata sul fondo, risultando artificiosamente depresso rispetto al valore degli asset sottostanti. Con il nuovo assetto, il settore del risparmio gestito in Italia si trova oggi in una posizione competitiva non più pregiudicata rispetto ai concorrenti europei, che generalmente possono contare sulla piena esenzione degli attivi finché permangono all’interno del fondo. Oggi, infatti, tutti i fondi mobiliari Italiani sono esenti da imposta e la tassazione è rinviata al momento del realizzo da parte degli investitori, secondo il regime applicabile alla specifica tipologia (persone fisiche, fondi, società, compagnie di assicurazione, ecc.). Lo stesso regime è stato esteso anche ai fondi stabiliti in uno stato membro dell’Unione Europea o dello Spazio Economico Europeo che consenta un adeguato scambio di informazioni e che, ancorché non armonizzato, sia soggetto a forme di vigilanza regolamentare nello Stato in cui è stabilito.

Nuova imposta

Non altrettanto benvenuta è stata l’introduzione in Italia di un’imposta sulle transazioni finanziarie. L’imposta è stata introdotta frettolosamente a marzo 2013 come segnale politico più che come ponderato strumento di politica fiscale. Sin da subito è stato chiaro a tutti gli operatori che la disciplina introdotta era assolutamente inidonea a riflettere e governare le complessità dei mercati finanziari, causando numerosi problemi applicativi agli operatori e richiedendo un continuo lavoro di affinamento attraverso successivi interventi normativi e interpretativi; ancora oggi, la disciplina non può dirsi del tutto priva di ambiguità. La nuova imposta si applica con l’aliquota dello 0,2% sul trasferimento di proprietà di azioni italiane, ridotta allo 0,1% quando il trasferimento avviene su un mercato regolamentato o MTF. Per evitare l’aggiramento dell’imposta mediante il trading sintetico, è stata introdotta anche un’imposta sui derivati aventi come sottostante le operazioni imponibili. A queste si è accompagnata anche un’imposta sulle negoziazioni ad alta frequenza, con la dichiarata finalità di contrastare un’attività percepita come esclusivamente speculativa. Secondo stime non confermate, l’introduzione dell’imposta avrebbe ridotto il training su strumenti italiani di circa il 20%. Riduzioni ancora più significative si paventano in termini di operatività in derivati.

Le nuove imposte hanno colpito anche i fondi di investimento, i quali vi sono assoggettati al pari degli altri acquirenti. Solo i fondi etici e i fondi pensione ne sono stati esentati. Anche la creazione di ETF è considerata imponibile, essendo previsto che in caso di creation in kind (con strumenti imponibili) l’imposta sia dovuta dal creation agent. Non sono invece imponibili i trasferimenti master-feeder e quelli che avvengono a seguito di fusione e scissione di fondi.

Per contro, i trasferimenti di quote di OICR ne sono esentati, rendendo l’investimento in fondi più conveniente rispetto all’investimento diretto in strumenti altrimenti imponibili. Ancor più penalizzante potrebbe rivelarsi la FTT europea, sempre che possa essere attuata superando le gravi censure che ne paventano l’incompatibilità con alcuni dei principi fondamentali del diritto comunitario.

Contesto normativo

La fine del 2013 ha visto anche la progressiva emersione di un nuovo contesto normativo volto a favorire la creazione di fondi che investano in strumenti di debito (crediti e obbligazioni), soprattutto quando emessi da società non quotate. Con il credit crunch il governo aveva finalmente rimosso gli ostacoli di natura fiscale e regolamentare che precludevano l’accesso alla raccolta obbligazionaria alle società non quotate. Poiché il relativo mercato non è decollato, alla fine del 2013 sono state introdotte nuove norme finalizzate a favorire l’istituzione di fondi destinati all’investimento in obbligazioni emesse da società non quotate. Sono state  inoltre introdotte norme che favoriscano l’utilizzo di fondi come veicoli di cartolarizzazione, o di società di cartolarizzazione le cui emissioni siano interamente destinate a fondi di investimento specializzati. 

In materia regolamentare, il legislatore italiano, con l’attuazione nel 2012 della direttiva UCITS IV, ha dato nuova linfa al settore del risparmio gestito in Italia, riducendone il tradizionale svantaggio competitivo rispetto ad altre piazze europee. In particolare, tra le principali novità, merita di certo ricordare l’estensione, ed il conseguente rafforzamento, del “passaporto europeo” per le società di gestione armonizzate e per gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) di tipo aperto.  Tali interventi hanno permesso di agevolare le condizioni di concorrenza tra questi organismi a livello comunitario, nonché di abolire le esistenti restrizioni alla libera circolazione dei capitali e degli operatori del mercato. 

Sulla scia dell’armonizzazione resa possibile dalla direttiva UCITS IV, il legislatore comunitario ha adottato, nel 2011, la direttiva AIFM volta a dettare una disciplina uniforme in materia di gestori di fondi di investimento cosiddetti “alternativi”,  intendendosi per tali quei fondi di investimento diversi dagli OICVM di cui alla direttiva UCITS IV. Il Governo italiano, ad inizio dicembre 2013, ha approvato in via preliminare lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva AIFM, condividendo gran parte delle osservazioni proposte a suo tempo dalla competente associazione di categoria (Assogestioni). La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di tale decreto legislativo, attualmente al vaglio delle commissioni parlamentari, è attesa nel corso delle prossime settimane. Nel mentre, tuttavia, visto il ritardo del legislatore italiano rispetto al termine per il recepimento previsto dalla direttiva (22 luglio 2013), le competenti autorità (Consob e Banca d’Italia) hanno dato provvisoria attuazione ad una parte delle disposizioni della direttiva AIFM (ivi incluse quelle relative al “passaporto europeo” riconosciuto ai gestori di fondi alternativi), con una comunicazione ufficiale pubblicata in data 26 luglio 2013.