ETF, volatilità e un’iniziazione durata 30 anni

Jason Xavier
Jason Xavier, head of EMEA ETF Capital Markets, Franklin Templeton

Contributo di Jason Xavier, head of EMEA ETF Capital Markets di Franklin Templeton. Contenuto sponsorizzato.

I tempi in cui stiamo vivendo sono davvero senza precedenti. Alla data di redazione di questo documento, i mercati statunitensi erano crollati, con il ribasso peggiore dal 1987 in un’unica giornata di contrattazioni. La mattina del 16 marzo anche molti mercati europei avevano perso più del 10%, dopo che la Federal Reserve degli Stati Uniti aveva quasi azzerato i tassi d’interesse e lanciato un programma di stimolo da 700 miliardi di dollari statunitensi. La chiusura odierna ha segnato per un’intera generazione la prima volta di perdite giornaliere del mercato azionario di queste dimensioni; non si era mai visto nulla di simile dal mercoledì nero del 1992 e il crollo del 1987. E per quanto grave e doloroso possa essere nel breve termine, proprio come è successo per periodi volatili del passato da questo nasceranno opportunità per il lungo periodo.

Il confronto con il 1987 è molto pertinente per gli ETF, considerando che proprio dopo la crisi di quell’anno la US Securities and Exchange Commission (SEC) aveva consultato il mercato in merito allo sviluppo di un prodotto in grado di agevolare l’aumento di liquidità, consentendo di acquistare /vendere con una singola operazione blocchi ingenti di azioni. Dopo non molto tempo, era nato l’ETF.

Considerando che il primo ETF è stato lanciato 30 anni fa sulla Toronto Stock Exchange, e qualche anno dopo negli Stati Uniti, è chiaro che gli ETF avevano ormai superato da tempo il periodo di iniziazione. Fino a poco tempo fa, i timori che gli ETF avrebbero causato la prossima fase di depressione o che gli ETF creino e accentuino la volatilità sono stati argomento di discussione in certi gruppi ristretti.

Ricordiamo che la volatilità è una funzione dei flussi degli investitori ed è una conseguenza del comportamento umano. Anche se la volatilità del mercato è schizzata alle stelle, gli eventi della scorsa settimana hanno dimostrato che gli ETF non solo hanno consentito la democratizzazione delle asset class, ma attualmente sono anche usati attivamente come meccanismo per avere dei punti riferimento sui prezzi, particolarmente nel reddito fisso.  

Apprezzare la market uncertainty in relazione agli scambi di ETF è fondamentale per apprezzare questo meccanismo sui prezzi offerto dai fondi scambiati in borsa (e utilizzato da molti investitori) in questi tempi dominati dalla volatilità.

In questi ultimi giorni si è assistito a scambi dei titoli sottostanti a livelli estremi, e a volte il limite minimo degli scambi è stato abbassato durante la giornata di trading. In questi periodi di calo del limite, il trading viene sospeso e la scoperta dei prezzi nei titoli sottostanti è limitata. In tali momenti, la market uncertainty è al massimo e la mancanza di chiarezza sui prezzi ha provocato un ampliamento degli spread degli ETF.

Tuttavia, la capacità degli ETF di essere negoziati nel mercato secondario e dei market makers di ETF di stabilire proxy hedging e modelli di pricing correlati ha consentito di scoprire prezzi e liquidità da mantenere, anche in questi periodi di stress e incertezza.

Dopo tre decenni dal lancio del primo ETF, il prodotto è ora più rilevante che mai. Mentre aumenta costantemente il numero degli investitori che ne accolgono favorevolmente le capacità e i possibili benefici, vi è una nuova generazione che sta già sfruttando in pieno le propensioni offerte dai periodi di volatilità dell’anno passato.

 

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