ETF, accelerazione sull’obbligazionario

Chris Liverani, Unsplash
Chris Liverani, Unsplash

Il mutato atteggiamento della Banca centrale americana è, secondo Francesco Branda, head of Passive & ETF specialist Italy di UBS Asset Management, il grande catalizzatore che ha determinato un importante cambiamento nei flussi del mercato degli ETF nelle ultime settimane. “Il trend più forte in atto”, spiega Branda, “è quello che riguarda il debito emergente”. “Il cambio di approccio della Fed”, aggiunge, “ha determinato un cambio anche nella percezione di rischio e questo ha portato allo sblocco della liquidità detenuta dagli investitori e a una netta impennata dei flussi in ETF, in particolare per quanto riguarda gli emerging market lato azionario e soprattutto obbligazionario”.

Una ripresa più forte sul lato fixed income che si inserisce in una tendenza globale. “Negli ultimi cinque anni”, sottolineano Jacco Verpoorte e Umberto Urso, rispettivamente head of Institutional Trading e institutional trader di Flow Traders, società leader del market making di ETF in Europa, da cui passano un terzo degli flussi del comparto nel Vecchio Continente, “stiamo assistendo a un grosso spostamento dall’equity al fixed income. Attualmente le proporzioni vedono gli ETF azionari ancora al 60% circa dei flussi globali, mentre l’obbligazionario si attesta al 30% circa, con il restante diviso tra commodities e alternativi. Il trend in atto porterà ad un sostanziale pareggio tra le due principali asset class”.

Un’ulteriore conferma arriva dai dati sui governativi europei di inizio anno seguiti a quelli già molto positivi di novembre e dicembre. “L’interesse per gli investitori per un’esposizione obbligazionaria in ETF”, commenta Branda, allargando il discorso al confronto tra gestione attiva e passiva, “può essere spiegato in ottica MiFID II e sembra attestare l’inizio di uno switch di portafogli fixed income dalla parte attiva, in sofferenza nel 2018, alla parte passiva”.

Enrico Camerini, head of Institutional Clients iShares Italy (BlackRock), conferma un trend positivo per gli ultimi mesi con tassi di crescita ben più importanti rispetto a quelli registrati dalla gestione attiva. “La raccolta netta positiva del mese di dicembre 2018 è stata la migliore di sempre in iShares, e il nuovo anno è iniziato molto bene sia a livello globale che in Italia”. Per quanto riguarda l’orientamento degli investitori nell’universo passivo, anche Camerini cita l’obbligazionario e gli emergenti come comparto in evidenza. “Abbiamo potuto notare già a partire dagli ultimi sei mesi dello scorso anno un interesse verso gli emerging market sia nella parte azionaria che obbligazionaria e forti afflussi sulla parte breve della curva dei tassi americana”.

In ottica prospettica, l’head of Institutional Sales di iShares Italy (BlackRock) sottolinea come lo sviluppo del business sia in linea con la maturità raggiunta dal prodotto ETF in quanto strumento a servizio degli investitori istituzionali, con una vera e propria svolta per quanto riguarda l’ambito fixed income. “Nel 2018”, porta come prova Camerini, “iShares è stata oggetto di tre maxi-operazioni: una ha riguardato un acquisto di 400 milioni sull’high yield in dollari chiuso a soli 6 bps in più  rispetto alle condizioni di mercato, una vendita da 200 milioni su emerging market debt in hard currency a 2 bps sotto il NAV e un acquisto da 450 milioni sull’investment grade americano a condizioni di mercato, senza cioè nessun market impact”. “Quello che ci aspettiamo per il 2019”, conclude Camerini, “è un ulteriore incremento della tendenza all’utilizzo delle soluzioni indicizzate da parte di tutte le tipologie di investitori, dagli istituzionali, al risparmio gestito fino ad arrivare al wealth management, con una forte spinta portata anche dalle novità regolamentari legate a MiFID”.