Emergenti: il presente e il futuro

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Walid Mahfoudh, Flickr, Creative Commons

Una delle domande su cui si interroga la maggior parte degli investitori, in questo momento, riguarda i mercati emergenti. È infatti da aprile 2016 che l’equity dei Paesi in via di sviluppo continua il suo imperterrito rally, senza fermarsi. Una delle prove è rappresentata dalla performance YTD dell’indice MSCI Emerging Markets (USD), che ha fatto registrare un rendimento nell’anno pari al +28,29%. Quindi perché ancora mercati emergenti? O meglio, perché investire adesso in questi mercati? La risposta a questa domanda ce la dà Lazard Fund Managers, che nella giornata di ieri è stata protagonista del suo primo evento ufficiale in Italia (Milano) volto ai fund buyer, dopo l’arrivo della nuova country head Laura Nateri, dal nome “Why Emerging Markets Now?”. Ed è stata proprio la manager ad aprire le danze del seminario, sottolineando come dei circa 226 miliardi di dollari di masse totali gestite dalla società americana in 14 Paesi in tutto il mondo, ben tre quarti sono concentrate sull’equity, offerte per circa il 70% ad una clientela istituzionale.

Denise Simon, managing director, portfolio manager/analyst del fondo Lazard Emerging Markets Total Return Debt Fund, fornisce i quattro principali pilastri della ripresa del debito emergente, dove, secondo la manager, vi sia un’alta probabilità che le local currency dei Paesi in via di sviluppo entrino in un periodo di sovraperformance. Periodo caratterizzato, secondo Lazard FM, da una crescita dei mercati emergenti, che potrebbero rimbalzare al 3,2% nel 2017 per poi accelerare superando il 3,5% nel 2018 (contro il 2,1% di quella statunitense), sia su base assoluta che relativa rispetto appunto ai mercati sviluppati; inoltre, gli indicatori di crescita sono in miglioramento da diversi trimestri; il rialzo dei tassi è meno preoccupante rispetto al passato, dati i migliori fondamentali degli emerging, che rimangono con valutazioni attraenti. Tuttavia, a detta di Simon, i principali rischi in cui l’asset class può andare incontro sono rappresentati dalle politiche monetarie dei Paesi sviluppati, ovvero dall’atteggiamento dovish della BCE a fronte di quello hawkish della Fed; nonché dalle politiche commerciali e dalle riforme fiscali statunitensi (fallimento di queste e protezionismo); e squilibri nell’economia cinese.

A proposito di rischi emergenti, lato equity, James Donald, managing director, portfolio manager/analyst del fondo Lazard Emerging Markets Equity, vede nella lenta crescita cinese, a fronte dell’impatto del credito del Dragone, come una delle potenziali preoccupazioni, dove nonostante la leva supporti spesso lo stimolo della crescita, il recente trend al rialzo del debito cinese risulta al momento abbastanza preoccupante. Secondo il gestore, un altro fattore di preoccupazione è anche dato dalla traiettoria dei tassi di interesse americani, nonché dalle possibili politiche protezioniste che l’Amministrazione Trump ha in mente di attuare, che non solo impatterebbero sui mercati emergenti, ma potrebbero anche costringere gli USA a pagare prezzi più elevati nelle importazioni. Tuttavia, la recente debolezza del dollaro dovrebbe continuare a dare appeal agli emerging markets. In generale, ciò che potrebbe impattare sull’asset class sono le diverse dinamiche macro a livello regionale in giro per il globo. Partendo dalla Russia, l’economia continua a rimbalzare da crolli dei prezzi del petrolio a sanzioni internazionali. In Brasile, l’allentamento della Banca centrale e le aspettative al ribasso dell’inflazione hanno tuttavia supportato i mercati azionari, parallelamente all’impossibilità di Temer di attuare qualsiasi riforma pensionistica prima delle elezioni del 2018. Infine c’è la Corea del Nord, dove le tensioni geopolitiche sono diffuse in tutta la penisola coreana, e le pressioni provenienti dagli Stati Uniti, dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e dalla Cina sono in costante aumento.

Se diverse sono le preoccupazioni dell’equity emergente, altrettante sono le opportunità che questi mercati offrono. Donald le sintetizza in fattori a breve e a lungo termine. Gli short term factor illustrati dal gestore racchiudono la possibilità di una stabilizzazione dei prezzi delle commodity che, nel 2016, hanno supportato gli asset dei mercati emergenti. Le possibilità di earning growth positivi e forti prospettive di un aumento di profittabilità sono inoltre aumentate, dove l’attuale rimbalzo può infatti spingere l’asset class verso l’alto. Per quanto concerne i long term factor, i significativi trend demografici dei Paesi in via di sviluppo e le relative prospettive di crescita a lungo termine fanno brillare l’asset class, che risulta sostenuta da un notevole miglioramento dei fondamentali e da valutazioni attraenti.

Infine, Walid Mourad, senior vice president, portfolio manager/analyst del fondo Lazard MENA Equity, illustra le opportunità presenti nelle regioni del Medio Oriente e Nord Africa. In particolare, i Paesi di quest’area geografica fanno registrare un’impressionante crescita demografica che genera di conseguenza, a detta del manager, positive dinamiche a livello di capitale umano, il quale risulta quasi il doppio rispetto a quella delle regioni BRICS. Altra caratteristica di questi Paesi è anche la bassa leva finanziaria, con livelli di debito corporate inferiori di circa un quinto rispetto a quelli dei Paesi emergenti. Mourad conclude infine spiegando come i Paesi MENA concentrano la propria spesa pubblica in settori strategici quali l’istruzione, e come questi rappresentino mercati storicamente contrarian in grado di offrire opportunità uniche a quegli investitori che diversificano i propri investimenti puntando su un’importante generazione di alfa.