Elezioni USA di metà mandato: occhi puntati su difesa, energia e tassazione societaria

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foto: autor jdelta, Flickr, creative commons

Con le elezioni di oggi 4 novembre si apre un confronto politico non scontato. Anche se i sondaggi sono per una sconfitta dei democratici, che lascerebbe intendere una bocciatura del governo Obama, gli analisti finanziari non si sbilanciano cercando comunque di tracciare uno scenario economico sui due possibili scenari: il primo che vedrebbe la vittoria repubblicana sulle due camere e il secondo che lascerebbe le cose così come stanno, con un senato democratico e una camera repubblicana. Il confronto comunque non può prescindere dalla presenza ancora per due anni del Presidente democratico Obama e di quanto la sua posizione potrà pesare nelle legislazione del Congresso.

“E’ utile notare che in qualsivoglia scenario ci sono già sul tavolo temi 'caldi’ da affrontare con decisione. Prescindendo dalle strategie politiche sul deficit del bilancio federale e dal tema del ‘debt ceiling’ (sforamento del tetto del debito che aveva provocato una chiusura momentanea dell’amministrazione federale nel 2013), che con l’attuale accordo politico diventa meno stringente, i repubblicani stanno insistendo almeno su tre punti: difesa, energia e tassazione societaria“, spiega Corrado Caironi, investment strategist di R&CA. In altre parole, la riduzione dei budget militari imposta dal governo democratico potrebbe essere rimessa in discussione, così come la politica estera del Presidente Obama; i repubblicani spingono per una revisione al rialzo delle spese militari e di una maggiore presenza nelle crisi internazionali. Continua: “sul secondo punto il Presidente ha sul suo tavolo una legge riguardo la riapertura delle esportazioni di prodotti energetici (ad oggi è vietata l’esportazione) e questo nella nuova veste USA passata da importatore netto a produttore di Shale Oil&Gas, con un importante ruolo commerciale futuro.

Infine, la possibilità di rivedere la tassazione per le multinazionali americane per incentivare il rimpatrio della liquidità detenuta offshore, oggi soggetta ad una imposta del 35%”. Si stima che le 125 più grandi società statunitensi detengano il 65% della loro liquidità all’estero. Insomma, questi sono tutti temi che potrebbero avere forti implicazioni positive su investimenti interni e valutazioni degli asset finanziari nei prossimi due anni. Ma adesso si devono attendere i risultati elettorali e la nuova configurazione del Congresso.