Ecco nove economisti che stanno cambiando il mondo (secondo il Wef)

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foto flickr: Mr

Tra saliscendi finanziari, crisi economiche e correzioni di mercato, economia e finanza sono diventate i temi principali del dibattito mondiale. E non solo nei forum più accreditati della politica. I premi Nobel per l'economia, come Paul Krugman o Joseph Stiglizt, si sono trasformati in delle vere e proprie icone pop, alla stregua di Beyonce o Kim Kardashian. Dalla valenza dell'euro alle vicende legate alla crisi greca i due economisti, di fama globale, non hanno lesinato colpi di scena, ammonimenti o teorie spesso contrastanti con chi si riunisce annualmente a Davos. Ma tant'è. Basti pensare al milione e mezzo di copie vendute da Thomas Piketty con il suo libro "Il capitale nel XXI secolo" per capire quanto l'economia sia entrata di diritto nell'agenda giornaliera.
Sullo sfondo, però, ci sono docenti universitari che stanno cambiando il modo di vedere le cose. Loro sono meno famosi, forse meno influenti, ma hanno le idee ben chiare. A fare una sorta di elenco di questi economisti è proprio il World Economic Forum. La classifica ne prende in esame ben nove, tra questi anche un accademico italiano. Ma, come si lascia intendere, la lista è in via di aggiornamento. Qui riportiamo le schede pubblicate dal Wef.

 

1. Ha-Joon Chang, Università di Cambridge

Idea: I paesi sviluppati parlano molto di libero mercato, ma in realtà usano il loro potere e la forza finanziaria per generare reddito a scapito delle economie emergenti. Le idee di Chang sono controverse, e mettono al centro il ruolo che gli organismi internazionali come il FMI e la Banca mondiale giocano nell'economia. Nei suoi libri Chang ( Kicking Away the Ladder e The Myth of Free Trade, per citarne alcuni) sostiene che i governi delle economie più grandi aiutano le loro proprie aziende, mentre predicano i benefici del libero mercato ai Paesi in via di sviluppo.

 

2: Katharina Pistor, Columbia Law School

Idea: Il ruolo della legge deve essere sospeso per i mercati finanziari in caso di crisi, o l'intero sistema crollerà. Pistor, che ha vinto il Max Planck academic research award nel 2012, sta sviluppando una teoria giuridica della finanza per capire come le leggi influenzano la sua forma e la composizione. Ha scoperto che, in caso di crisi, le norme che costruiscono i mercati non valgono la carta su cui sono stampate: la vera forza trainante è Il potere politico.

 

3. Charles Calomiris, Columbia Business School

Idea: I crolli finanziari non accadono a caso e non sono inevitabili. Provengono da accordi complessi tra politici e banchieri che finiscono fuori dal controllo del governo. Questo è uno dei motivi per cui gli Stati Uniti hanno avuto 12 grandi crisi bancarie dal 1840, mentre il Canada non ne ha avuta nessuna.

 

4. Jon Danielsson, London School of Economics

Idea: Dando fiducia ai vostri modelli di rischio perdete denaro in una crisi. I modelli di rischio in genere tenderanno ad avere gli stessi risultati quando tutto va bene, anche se hanno differenti fondamenti matematici. Questo induce le persone a pensare che i modelli di rischio funzionino sempre. Ma quando si scatena l'inferno, i modelli vi daranno diverse valutazioni di rischio, lasciandovi barcollare nel buio. Questo è un male per le banche e i fondi speculativi, ma è anche peggio per le banche centrali, che devono prendere decisioni politiche per tutti gli altri.

 

5. Marianne Bertrand, University of Chicago Booth

Idea: Gli amministratori delegati sono ricompensati per la fortuna piuttosto che per le loro performance. Inoltre, i datori di lavoro giudicano i candidati più per il loro nome che per le loro qualifiche. La teoria di Bertrand è stata uno dei motivi per cui c'è stata una forte reazione degli azionisti contro gli stipendi degli amministratori delegati, dopo aver dimostrato che i loro enormi bonus si basavano sulla fortuna piuttosto che sulle capacità.
In un documento del 2003, lei e Sendhil Mullainathan hanno risposto ad alcuni annunci di lavoro a Chicago e a Boston con nomi falsi. Alcuni candidati hanno utilizzato nomi come Emily e Greg, mentre altri hanno usato nomi come Lakisha e Jamal. "I risultati mostrano una discriminazione rilevante contro i nomi afro-americani", hanno scritto gli autori. "I nomi bianchi ricevono il 50% più di feedback per le interviste."

 

6. Alvin Roth, Harvard University e la Stanford University

Idea: Non c'è bisogno di soldi per rendere un mercato stabile. Roth insieme a Lloyd Shapely, ha vinto il premio Nobel nel 2012 per aver dimostrato che le persone possono realizzare un mercato basato su scambi reciprocamente vantaggiosi anziché in contanti per soddisfare un bisogno specifico. Questo è stato particolarmente utile per alleviare la penuria di donatori di rene negli Stati Uniti. Roth ha usato la teoria dei giochi per accoppiare i donatori con i pazienti che non conoscevano, rendendo più facile per le persone scambiare i loro organi e trovare compatibilità.

7. Richard Portes, London Business School

Idea: Gli obbligazionisti possono spesso lavorare insieme per ottenere concessioni da un mutuatario. Portes ha stabilito le basi per le clausole di azione collettiva, in cui gli obbligazionisti sovrani usano il loro potere contrattuale per imporre condizioni su di un Paese debitore. Il lavoro è stato particolarmente importante nei casi come la Grecia o l'Argentina.

 

8. Charles Goodhart, London School of Economics

Idea: Goodhart ha detto che non appena governi o banche centrali trasformano una statistica, come il mercato azionario, in un obiettivo politico implicito, essa cessa di diventare una statistica affidabile. Questo perché i players nei mercati finanziari cambiano le loro strategie di investimento per anticipare la politica. Goodhart è stato uno dei membri del comitato di politica monetaria della Banca di Inghilterra nel 1997, e un veterano delle crisi finanziarie nel 1970.

9. Alberto Alesina, Harvard University

Idea: Lungi dal danneggiare la crescita, le misure di austerità possono effettivamente aiutare la ripresa delle economie. Nel 2009, Alesina e Silvia Ardegna hanno pubblicato un articolo intitolato “Grandi cambiamenti nella politica fiscale: tasse versus spesa”. Questa è stata una parte importante del dibattito negli anni successivi, in merito al fatto se le migliori strategie per la ripresa delle economie siano l’austerità e la riduzione del debito oppure l’aumento della spesa pubblica.