È giunto il momento di dire addio al ‘new normal’?

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Bambi Corro, Unsplash

Espansione robusta e sincronizzata, accelerazione delle borse e delle materie prime non agricole, dollaro in caduta libera, e tassi d’interesse americani in rialzo sulle scadenze brevi sono i principali ingredienti del cocktail con il quale l’economia mondiale ha brindato al 2018. Ma attenzione, perché “l’estrapolazione di alcune tendenze sui mercati finanziari, oggi considerate benigne, potrebbe portare alla inattesa fine dell’attuale ciclo espansivo”. A dirlo è Enrico Ascari, membro del Comitato Investimenti di Assiteca SIM.

Economia: il quadro globale

Come ricorda Ascari, gli indicatori sull’andamento corrente delle grandezze economiche segnalano che in questo inizio d’anno l’economia globale mantiene forti tassi di espansione, con Stati Uniti al 3,6%, l’Eurozona al 3,5%, il Giappone al 2,3%, il Regno Unito all’1,6%, la Cina al 7,1%.

La BCE e altri istituti hanno rivisto le previsioni sulla crescita al rialzo, portandole al 2,4% per il 2017 e al 2,3% per quest’anno e l’inflazione, prevista a 1,7%, dovrebbe posizionarsi appena sotto il target del 2% nel 2020, “ma c’è fiducia che la crescita possa condurre prima al ritorno di pressioni sui prezzi da domanda e non da costi”, spiega l’esperto. Negli USA cresce la consapevolezza che la Fed potrebbe alzare quattro volte i tassi (invece delle tre previste) e che il tasso di disoccupazione possa scendere fino al 3,5%, il livello più basso dal 1969. Per quanto riguarda la Cina, invece, il dato ufficiale di crescita del PIL 2017 si attesta al 6,9%.

Ascari si chiede: “Siamo finalmente di fronte a una crescita economica sana alimentata da forze reali o viviamo lo spurgo di terminale euforia di una bolla alimentata dagli ingenti flussi di denaro immessi nel sistema dai ‘padrini e padroni’ dei mercati? È giunto il momento di archiviare il capitolo della stagnazione secolare, di salutare il ‘new normal’ evocato all’inizio del decennio da Bill Gross o stiamo solo vivendo una grande ripresa ciclica destinata ad esaurirsi presto?”.

Dell’ottimo stato di salute dell’economia mondiale si è parlato anche in occasione del World Economic Forum di Davos. Tra gli interventi più autorevoli, Ascari cita quello di Mohamed El Erian, stratega di fondi d’investimento, secondo cui il lungo periodo di digestione della grande crisi - di cui ricorre il decennale proprio quest’anno - è ormai arrivato al naturale capolinea, creando nel frattempo le condizioni per il suo superamento sul fronte dell’economia, della finanza, delle istituzioni e della politica.

“Si tratta di scenari”, avverte Ascari, “e come tali sono destinati a essere dimenticati in fretta all’eventuale infausto volgere contrario degli eventi. Ma non mancano segnali positivi di questa ‘beautiful normalization’ fatta di crescente fiducia imprenditoriale e maggiori investimenti, moderazione delle Banche Centrali, consapevole reazione delle élite alle ondate del populismo, primi risultati dei dilettanti allo sbaraglio (da Londra a Roma, senza passare per Washinghton)…”

I mercati finanziari rovineranno la festa?

Ascari precisa che all’euforia dei mercati azionari che ha caratterizzato l’avvio del nuovo anno si affiancano altre dinamiche che per ora sono viste come forze benigne ma che, se lasciate indisturbate, potrebbero creare problemi a economie e mercati. La prima di queste è il calo del dollaro, “una medicina che in piccole dosi reflaziona l’economia mondiale, aiuta i Paesi emergenti e le imprese indebitate in dollari, favorisce i produttori di materie prime”.

“Ma se il calo dovesse diventare tracollo – e l’amministrazione Trump ha fatto capire di essere favorevole a un dollaro debole –le conseguenze (flussi di capitali internazionali, economie europee, tassi d’interesse USA e mondiali) potrebbero essere pericolose”, commenta l’esperto. Anche perché l’improvvida correlazione negativa tra dollaro e materie prime (a partire dal petrolio, tornato ai massimi del 2014), riporterebbe in alto l’inflazione nominale, togliendo nello stesso tempo ossigeno al reddito reale disponibile delle famiglie europee.

Anche il tanto atteso aumento dell’inflazione potrebbe in breve avere effetti negativi, a partire dai tassi d’interesse. Molti esperti si si dicono convinti che in assenza di segnali inflazionistici quello di tassi possa rimanere, come lo definisce lo stesso Ascari, “un ‘rialzino’, portatore di ben pochi danni all’interno dei portafogli dei risparmiatori globali ancora pieni di obbligazioni”.

Intanto, negli USA le curve dei tassi si appiattiscono, i tassi a breve salgono, i decennali ancora non rompono con decisione livelli di simbolica ‘resistenza’ contro il dilagare delle ‘forze del male’, commenta l’esperto di Assiteca SIM.

“Di certo possiamo concludere che, se il passaggio dalla cosiddetta ‘epoca glaciale’ (la grande stagnazione) al ‘riscaldamento globale’ (un ritorno alla crescita degli anni ‘80-‘90) dovesse avvenire troppo in fretta, i mercati finanziari potrebbero ritrovare all’improvviso la volatilità perduta negli ultimi due anni”, conclude Ascari.