Dubbi sui mercati emergenti

El 2013 la performance dei mercati azionari emergenti è stata significativamente inferiore rispetto a quella registrata dalle borse dei paesi sviluppati. In maggio i commenti di Bernanke sul tapering hanno esacerbato questa divergenza a causa dell’esigenza di alcuni paesi di finanziare deficit gemelli: sia fiscali sia commerciali. Le vendite sono state piuttosto generalizzate, con poca discriminazione tra i fondamentali dei singoli mercati, anche a livello settoriale non ci sono state molte opportunità per limitare la correzione e proteggere il capitale: i beni di consumo non discrezionali ad esempio, caratterizzati in passato da una notevole stabilità nei rendimenti, hanno sofferto a causa dei multipli di valutazione elevati.

Questo trend è stato accompagnato da un progressivo calo nella raccolta rilevata da Assogestioni nel mercato italiano: dopo un primo trimestre in crescita, l’emorragia è stata particolarmente significativa nel secondo con oltre 1,2 milliardi€ in uscita, seguiti da poco meno di 0,5 milliardi€ nel terzo.

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Prescindendo dai numeri di performance e di raccolta, che sembrano in questa fase assolutamente fisiologici in un contesto di rotazione di portafoglio e di stabilizzazione nei paesi sviluppati, si possono comunque osservare degli sviluppi molto interessanti nell’ambito dell’asset class. Nel corso degli ultimi anni le opportunità per i fund selector si sono infatti notevolmente ampliate, con nuovi prodotti e nuove strategie di gestione che hanno consentito di migliorare la diversificazione di portafoglio e spesso di offrire performance superiori rispetto agli approcci più tradizionali. Un tema di particolare interesse, osservato anche in altre aree geografiche, è stato rappresentato dagli approcci minimum variance: essenzialmente si tratta di strategie che selezionano i titoli e costruiscono in portafogli in base al loro profilo di rischio, misurato appunto in termini di varianza o volatilità dei rendimenti.. Numerosi lavori di ricerca hanno infatti osservato che nel corso del tempo questi titoli generano performance superiori rispetto al resto del mercato. Anche i maggiori provider di indici hanno sviluppato benchmark che consentono di descrivere il profilo di rischio – rendimento di questo approccio e impostare strategie passive. La gestione attiva può essere importante per minimizzarne i difetti: in particolare il rischio di selezionare titoli illiquidi, situazioni vicino al distress e più in generale per compensare un β significativamente inferiore rispetto al mercato. Il nostro lavoro di analisi sui gestori ci ha portato ad individuare due diversi fondi che in modo più o meno esplicito si ispirano a questo approccio: Robeco Emerging Conservative e Reyl Emerging Markets, il cui peso nel nostro fondo di fondi dedicato agli emergenti è stato poco inferiore al 20% nel corso del 2013.

Per bilanciare questi contributi difensivi abbiamo selezionato anche strategie attive sui titoli a medio piccola capitalizzazione e sui mercati di minori dimensioni o di frontiera. Anche in questo caso l’offerta di prodotti è cresciuta notevolmente nel corso degli ultimi anni, in funzione sia dell’evolversi dei mercati e del loro livello di liquidità, sia delle crescenti richieste di diversificazione e specializzazione da parte degli investitori. Il trend potrà probabilmente continuare in futuro, anche se i minori flussi di investimento verso i mercati emergenti e le performance deludenti degli ultimi trimestri indurranno probabilmente a rallentare lo sviluppo di nuovi prodotti. Tra i fondi con un track record lungo e consolidato in questo ambito di specializzazione possiamo sicuramente citare il GEM Promising Companies di Comgest, che unisce il concetto ‘small’ a livello di titoli e di paesi.

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Un trend che stiamo osservando con attenzione per il 2014 riguarda le strategie di tipo value o più in generale basate sui fondamentali dei titoli. Come nei mercati sviluppati nel corso degli ultimi trimestri i risultati migliori sono stati ottenuti dagli approcci growth e quality, anche se quest’ultimo si è progressivamente indebolito da metà del 2013 a causa dei livelli di valutazione eccessivi registrati da molti dei titoli classificabili all’interno di questa categoria. Riteniamo che ci potrebbero essere margini per una rotazione anche in termini di stile, da cui potrebbe risultare un ritorno di fiamma per il value o per strategie sistematiche basate sui fondamentali dei titoli. Da un punto di vista tecnico, gli indicatori che abbiamo sviluppato al nostro interno non indicano ancora un cambiamento del trend e un ritorno di attenzione verso questo segmento, ma il segnale di debolezza si sta progressivamente attenuando. Possiamo citare in questo ambito il fondo Dimensional Emerging Markets Value.

Considerando le case di gestione citate precedentemente si può osservare come il nostro lavoro di ricerca non sia limitato ai gestori presenti a Londra o più in generale nel Regno Unito, essendo Edimburgo un polo di grande tradizione in particolare per i mercati asiatici ed emergenti. Al contrario cerchiamo di spaziare in funzione delle opportunità e delle proposte che emergono dalle singole società di gestione, anche per minimizzare i rischi che derivano da fondi che hanno avuto troppo successo nel passato e possono essere penalizzati in termini di flessibilità di gestione da una massa eccessiva.