Il Bull Market più lungo della storia

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foto: autor pantareimadrid Flickr, creative commons

Per la finanza globale, il 9 marzo 2009 è passato alla storia.

Quel giorno, l'indice S&P 500 precipitò a un minimo di 677 punti. Dieci anni dopo, si attesta appena sotto l'importante soglia di 2.800 punti, celebrando così 10 anni di Bull Market. Mentre le Banche centrali continuavano ad irrorare il mercato di liquidità, provocando l’aumento dei prezzi delle obbligazioni e abbassandone i rendimenti, gli investitori sono stati costretti ricercare rendimenti altrove. 

"I titoli azionari “bond proxy”, di società con caratteristiche simili a quelle delle obbligazioni, che offrono buoni rendimenti e una crescita degli utili corporate solida e stabile, divennero imprescindibili per il portafoglio", spiega Ritu Vohora, equities investment director, M&G Investments. "Le aziende del tech, viste come il faro nella notte per la crescita in un contesto debole, grazie al boom di e-commerce e pubblicità online si sono dimostrate altrettanto popolari". In particolare investimenti nel tech, in colossi come Facebook, Google e Netflix, hanno portato a casa un ritorno del 574% in 10 anni.

"Settori specifici a parte, chi avesse approfittato delle basse valutazioni (l'indice S&P 500 si attestava su un rapporto p/e forward di 9,7x rispetto alla media storica a lungo termine di 16,2x) sarebbe stato profumatamente ricompensato. A parte la tecnologia, il settore dei beni discrezionali (un settore in cui troviamo Amazon), ha portato a casa un rendimento superiore al 650%", spiega.

"Per contro, tra i settori che hanno performato meno c’è quello dei materiali, con le aziende del settore chimico e i produttori di cemento, insieme a quello delle telecomunicazioni. Il settore dell’energia ha registrato la peggiore performance sui dieci anni, con un rendimento dell'83%".

Quello che dobbiamo chiederci adesso è: in che direzione stiamo andando?

"Al di là dell’analisi sul singolo Paese o settore, quando si tratta di selezionare i titoli la chiave è concentrarsi sui fondamentali. Tipicamente, nelle ultime fasi di un mercato toro e in un ciclo economico maturo sono favorite le aziende di qualità, con elevati cash flow e business resilienti", spiega Vohora. "A nostro avviso, le azioni globali sembrano più attraenti rispetto alle obbligazioni. Attualmente, il premio al rischio azionario (la differenza tra il rendimento degli utili delle azioni e il rendimento delle obbligazioni) è superiore al 6%. Riteniamo che questo valore compensi gli investitori più che adeguatamente per il rischio aggiuntivo richiesto per detenere titoli azionari".