D’Orazio (Banca Generali): “Nella scelta dei fondi siamo attivi”

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Marco D’Orazio, chief investment officer, BG Fund Management Luxembourg

Il lavoro dei fund selector richiede una vera e propria gestione attiva dei portafogli, la selezione non si limita ad analisi quantitative, ma una parte preponderante dell’attività è destinata alle valutazioni qualitative. Non si tratta semplicemente di capire la composizione di ciascun prodotto di investimento, ma di scegliere il fondo migliore, in linea con la propria view. Ne abbiamo parlato con Marco D’Orazio, chief investment officer di BG Fund Management Luxembourg, società di gestione lussemburghese di Banca Generali.

Marco D’Orazio ha spiegato che “il meccasimo di selezione fondi ha inizio con un’analisi quantitativa di gruppi omogenei suddivisi per categoria, stili di investimento e aree geografiche. Vengono valutate le performance degli ultimi 3 anni, verificando il posizionamento di ciascun fondo nel periodo analizzato. In funzione di ciò attribuiamo degli score. Nel punteggio finale rientrano anche alcuni indicatori di rischio, come l’information ratio, Sharpe ratio e il Sortino ratio. Cerchiamo quei fondi che hanno registrato le migliori performance, ma in maniera consistente. Nella scelta dei fondi siamo attivi, cercando di comprendere la composizione di portafoglio di ciascun fondo, al fine di scegliere quello migliore, in linea con la nostra visione di mercato su un determinato settore o area geografica, anche se questo può, a volte, portare ad investire in un comparto non presente nelle prime posizioni del ranking costruito. L’analisi qualitativa consiste in call, incontri con gestori e fund specialist e lettura di report”.

In un contesto di mercato caratterizzato da forte volatilità, eliminare i fondi troppo aggressivi dai portafogli diventa una priorità. “Già da un anno abbiamo cominciato un deleveraging dei portafogli, ossia una riduzione del beta e dell’esposizione complessiva, arrivando ad abbassare ad esempio la quota azionaria dei comparti emergenti al 75-80% e quella dei fondi globali all’80-85% durante i periodi di maggiore volatilità nel 2018. Abbiamo introdotto strumenti più difensivi come attività finanziarie maggiormente focalizzate sui settori delle utilities, energy, e health care, o con approccio fattoriale basato su logiche quality, minimum volatility o high dividend,  Abbiamo comunque mantenuto in portafoglio dei fondi focalizzati su temi specifici: l’introduzione di tali fondi tematici ci ha permesso di modificare l’approccio classico di gestione, ponendo attenzione sui trend di lungo periodo legati per esempio alla nuova rivoluzione tecnologica, come robotica, digitalizzazione, big data, fintech, blockchain, cyber security, biotech. Abbiamo inserito questa tipologia di prodotti sia all’interno dei fondi tematici che nei fondi globali, in cui però l’asset allocation è ancora tradizionale, basata per esempio su aree geografiche”, commenta D’Orazio.

“Siamo molto attenti anche alle tematiche ESG, abbiamo lanciato infatti un comparto global equity ESG per rispondere alle esigenze di alcuni clienti che hanno richiesto specificatamente questa tipologia di prodotti. Abbiamo deciso poi di approfondire queste soluzioni di investimento su buona parte dei nostri portafogli. Questo perché abbiamo notato che l’aumento di sensibilità e la maggiore attenzione verso la sostenibilità ha ormai innescato una sorta di meccanismo virtuoso, che spinge a sua volta le singole società ad operare secondo i criteri ESG ed essere più profittevoli e consistenti nei risultati”, aggiunge l’esperto.

Infine, alla base dell’attività del fund selector, c’è anche l’analisi dei costi. “Abbiamo limiti interni che ci impediscono di comprare fondi con commissioni di gestione superiori all'1,5% e teniamo conto dei costi totali (TER – total expense ratio) dei vari comparti comprensivi anche di quelli derivanti dal turnover. Usando all’interno delle analisi quantitative delle performance nette, la valutazione dei costi diventa imprescindibile per capire quanto andrà a pagare effettivamente il cliente finale. Sicuramente però preferiamo fondi che pur avendo un TER un po' più alto, siano in grado di generare alpha anzichè il contrario”, conclude.