Crediamo molto nel made in Italy

Le migliori opportunità sono agganciate alla crescita domestica” ripete più volte Giacomo Tilotta, gestore azionario di AcomeA SGR. È per questo che non solo il fondo AcomeA Italia - 95 titoli per un patrimonio di 57 milioni di euro -, ma anche l’azionario Europa - 150 titoli per quasi 86 milioni di asset gestiti -  investono moltissimo sul “made in Italy”. L’AcomeA Europa, per intenderci, circa il 40%. “L’Italia è ancora un Paese in ritardo, rispetto agli altri. Solo negli ultimi tre mesi si è registrato un PIL col segno più, ma le potenzialità sono buone e c’è un processo di consolidamento in atto che ci spinge ad essere positivi”, spiega subito l’esperto che ha cominciato l’attività lavorativa come portfolio manager presso la Sai AM, divenuta poi AcomeA SGR, inizialmente sul desk azionario italiano e successivamente su quello europeo.

Non sorprende sapere che il primo settore sul quale il gestore punta è quello finanziario, per le valutazioni e per i recenti cambiamenti normativi in atto, come quello inerente la procedura fallimentare: “da una parte sostiene il processo di consolidamento del settore bancario, dall’altra aiuta a risolvere problemi strutturali come la gestione dei crediti in sofferenza”. Poi c’è il settore Telecom, che sul mercato italiano è rappresentato principalmente da Telecom Italia, che è il primo titolo sul portafoglio europeo. 

“Ci piace perché esprime delle buone potenzialità con aspettative di miglioramento reddituale. La forte domanda di servizi sostenuta dalla rapida diffusione di nuove forme di tecnologia  è poi un valore aggiunto”. In Italia invece sono i titoli di Fiat Chrysler ad avere maggiore consistenza nel fondo. 

 

Opportunità small cap

Eppure nei portafogli gestiti da Tilotta, insieme al fondatore di AcomeA Roberto Brasca, non ci sono solo società di rilievo. “Non abbiamo limiti di dimensione. I nostri fondi si connotano anche per una buona presenza di small cap. Sull’Italia, ad esempio, c’è un grosso contributo di piccole imprese del settore tecnologico con un forte know-how, che spesso non sono nemmeno presenti sul FTSE MIB e che rappresentano buone opportunità d’investimento”, dice il manager. Il processo è lungo e paziente: si guarda il profilo finanziario dell’azienda, la struttura, il rapporto, il debito. 

Poi ci sono i parametri multipli di mercato: “Cerchiamo di confrontarli con le potenzialità. Vediamo dov’è inserita la società, la qualità del management, le competenze e manteniamo un contatto diretto e frequente per seguire l’evoluzione delle linee guida dell’azienda”. D’altronde i fondi hanno un turnover molto basso: l’obiettivo è un investimento con un orizzonte temporale lungo, privilegiando il bottom up. “La nostra è una gestione attiva, per molti versi svincolata dal benchmark, ma costruita con gradualità. Difficilmente entriamo in maniera netta, siamo più propensi a procedere man mano, seguendo l’evoluzione del titolo. Lo stile è value, che molto spesso ci porta ad essere contrari al consensus di mercato”. Insomma, meglio non seguire le mode passeggere, essere flessibili, professionali e soprattutto appassionati. “Potrebbe sembrare un mondo asettico, ma i rapporti e i contatti che si creano, anche con i vertici di aziende e management, costituiscono un momento di crescita professionale e umana importante”, conclude Giacomo Tilotta. Che poi confessa: “d’altronde, se non credessi in questo modus operandi, nemmeno io investirei nel mio fondo”.