Costruire città migliori: da Los Angeles a Copenaghen

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Peter Michaelis, Head of Sustainable Investing, Liontrust AM

Contributo a cura di Peter Michaelis, Head of Sustainable Investing di Liontrust AM. Contenuto sponsorizzato.

La crescita dell’urbanizzazione, in termini generali, è stata un punto di discussione demografica per anni, ma i dati delle Nazioni Unite mostrano quanto questo stia accadendo velocemente. Oggi circa la metà della popolazione mondiale (55%) vive in città, ma entro il 2050 questa percentuale dovrebbe raggiungere il 68%.

Se si pensa che circa 6,5 miliardi e mezzo di persone nell'arco di 30 anni vivranno in queste zone e che le nostre attuali città emettono il 50-60% dei gas serra globali (GHG), un futuro sostenibile è impossibile senza trasformare significativamente il modo in cui costruiamo e gestiamo gli spazi urbani.

Costruire città migliori è infatti uno dei 20 temi di investimento sostenibile di Liontrust ed è una sorta di punto focale con gli sviluppi necessari che si estendono in molti altri temi e che comprendono tutte e tre i nostri megatrend: migliorare l’efficienza delle risorse (un mondo più pulito), migliorare la sanità (un modno più sano) e maggiore sicurezza e resilienza (un mondo più sicuro).

Prima di approfondire questo topic, vale la pena di delineare il contesto: come accade per molti altri temi, la base è in alcune cifre abbastanza allarmanti, ma in questo caso si tratta di un'opportunità. Il documento dell'ONU "Revision of World Urbanisation Prospects" del 2018 prevede che entro il 2050 oltre due terzi delle persone vivranno in città e questo continuo passaggio dalle aree rurali a quelle urbane, unito alla crescita demografica complessiva, potrebbe significare altri 2,5 miliardi e mezzo di abitanti delle città. Ciò significherebbe un raddoppio dell'ambiente urbano ed equivale a 70 milioni di persone che si trasferiscono nelle città ogni anno per i prossimi tre decenni, con quasi il 90% di questo aumento in Asia e in Africa.

La rapida crescita avvenuta ad oggi è il risultato dell'aumento della popolazione e delle migrazioni, che ha già portato a un boom delle megalopoli (definite con più di 10 milioni di abitanti) nei Paesi in via di sviluppo. In un ambiente di questo tipo, le baraccopoli stanno diventando una caratteristica significativa della vita urbana, con più di 800 milioni di persone in tutto il mondo che attualmente si trovano in tali condizioni, numero che è destinato a crescere se andiamo avanti senza un cambiamento. Le città di oggi occupano solo il 3% circa della superficie terrestre del pianeta, ma hanno un impatto sproporzionato sull'ambiente, legato a ben il 60% delle emissioni di gas serra, ma consumano anche tre quarti dell'energia primaria, cifre che non possono che aumentare. Come contrappunto, le città sono anche il luogo in cui le persone possono spesso dare il meglio di sé e sono responsabili del 75% del PIL globale; se costruite bene, possono incoraggiare una più stretta coesione della comunità ed essere intrinsecamente a basso impatto ambientale.

Questo "costruite bene" è ovviamente il punto chiave e il motore del nostro tema "costruire città migliori", che si concentra sia sull’efficientamento delle infrastrutture esistenti e sia sul miglioramento di ciò che è stato fatto prima, nel momento in cui si sono costruite nuove aree urbane.

Molte città del mondo sviluppato dovranno investire in alcuni interventi di retrofitting per limitare gli impatti ambientali, ma, da una prospettiva più ampia, lo sviluppo sostenibile dipenderà sempre più dalla gestione dell'urbanizzazione globale. A riprova di ciò, le città sono considerate uno dei quattro sistemi globali in grado di accelerare l'azione per il clima sia in termini di mitigazione che di adattamento; come ha affermato l'IPCC nel suo rapporto speciale per le città del 2018, "la scienza del clima deve essere accessibile ai responsabili delle politiche urbane, perché senza di esse non ci sarà modo di limitare il riscaldamento globale a 1,5°C".

Una notizia positiva su questo fronte è che gli amministratori delle città e i sindaci tendono ad essere più progressisti dei governi e stanno già formando coalizioni come il C40 Cities Climate Leadership Group, un insieme di 96 città (tra cui Boston, Copenhagen, Durban, Hong Kong, Giacarta, Londra, Los Angeles, Città del Messico, Milano, Parigi, Seoul e Tokyo) che rappresentano il 25% del PIL globale.

Il confronto di un paio di città della C40 illumina le enormi differenze esistenti ancora oggi: se un cittadino di Los Angeles, che si basa sul concetto di espansione urbana e sull'egemonia dell'automobile, si trasferisse a Copenhagen, dove circa la metà degli spostamenti avviene in bicicletta, ridurrebbe del 75% le sue emissioni di carbonio. Vale anche la pena di notare che la maggior parte delle grandi città turistiche può essere esplorata a piedi: Parigi, ad esempio, ha le sue cellule urbane compatte (arrondissements) dove si può girare in 20 minuti, il contrasto con una città come Los Angeles, dove il layout si blocca in un sistema ad alta energia, è netto.

Come si riflette nel duplice obiettivo di C40, le città migliori non si limitano ad adattarsi ai cambiamenti climatici,, ma dovrebbero essere progettate in modo da garantire che i benefici dell'urbanizzazione siano pienamente condivisi e inclusivi. Le politiche di gestione della crescita urbana devono sostenere l'accesso alle infrastrutture e ai servizi sociali per tutti, concentrandosi sulle esigenze di tutti per quanto riguarda l'alloggio, l'istruzione, l'assistenza sanitaria, il lavoro dignitoso e un ambiente sicuro. Data la portata dell'investimento di “Costruire città migliori”, consideriamo questo tema come un ottimo esempio di come l'impiego di capitale oggi in aziende progressiste e sostenibili possa definire e plasmare il mondo del futuro.