Costi di indebitamento e dazi mettono pressione sugli emergenti

Robert Nyman, Unsplash
Robert Nyman, Unsplash

L’universo emergente, dopo aver archiviato un 2018 con più ombre che luci, fa i conti con il mutamento del contesto di investimento. “I fattori sfavorevoli che molte economie dei mercati emergenti hanno affrontato nel 2018 possono almeno in parte essere attribuiti a costi di indebitamento più elevati”, spiega Kristina Hooper, chief global market strategist di Invesco. “Oltre agli effetti a breve termine delle pressioni del debito”, aggiunge, “vi è anche un effetto a lungo termine: il maggiore denaro speso per il servizio del debito si traduce in meno denaro spendibile per i consumi o per finalità più produttive”. 

Un ulteriore fattore che ha contribuito ad aggravare il quadro complessivo è stato quello della guerra commerciale, considerato da Krishan Selva, gestore di portafoglio clienti di Columbia Threadneedle, il maggiore rischio per l’asset class nel 2019. “Qualora la contesa si trasformasse in una guerra fredda capace di modificare il funzionamento dell’economia globale, alterando, tra le altre cose, la struttura delle filiere produttive, risulterebbe difficile formulare un pronostico per gli attivi rischiosi”, afferma Selva.

Il dato positivo relativo agli ultimi mesi è rappresentato dal ritorno della Fed ad un atteggiamento più accomodante e dalla probabilità di un accordo, seppur non risolutivo, tra Stati Uniti e Cina sul nodo tariffario. “Esiste una significativa possibilità”, fa notare Hooper, “che entro la metà del 2019 la Fed possa frenare la normalizzazione a fronte di un rallentamento della crescita economica." “Le dichiarazioni dei leader cinesi lasciano supporre che siano pronti a fare compromessi, e al Presidente Trump piacciono i bracci di ferro, come dimostrato con la Corea del Nord e il NAFTA”, sottolinea invece il client portfolio manager di Columbia Threadneedle.

Dove trovare valore

“Abbiamo venduto i titoli tecnologici che si trovano all’epicentro della guerra commerciale”, rivela Selva, “e abbiamo trovato grande qualità in selezionati titoli finanziari indiani.” Buone inoltre le prospettive del Brasile, “dove le politiche economiche e la compagine di governo decise dal Presidente eletto Jair Bolsonaro sono state accolte positivamente dai mercati finanziari”, conclude. Focus deciso sull’America Latina anche secondo Pictet AM, che sarà, secondo la casa di gestione svizzera, l’unica regione dei mercati emergenti a fare meglio del 2018. “La crescita economica della regione”, afferma Anjeza Kadilli, economist di Pictet AM, “dovrebbe essere più robusta quest'anno, trainata soprattutto da Paesi più piccoli, come Cile, Colombia e Perù, ma anche il Brasile, Paese più grande della regione, crescerà, sebbene a un ritmo più moderato”. A giovare una ritrovata stabilità politica con molti Stati reduci da elezioni nel 2018 con risultati certi in quanto a consenso interno. “In termini assoluti”, spiega Kadilli, “il tasso di crescita del PIL latino-americano nel 2019 (2,6%) dovrebbe sovraperformare quello della regione EMEA (2,0%) per la prima volta dal 2013”.