Cosa vogliono i fund buyer quest’anno?

Captura_de_pantalla_2019-04-30_a_las_13
Matthew Shafer

Secondo l’indagine condotta a livello globale da Natixis Investment Managers tra 200 fund buyer, responsabili della selezione dei fondi all’interno di private bank, assicurazioni, fondi di fondi e altre piattaforme retail, evidenzia come otto su dieci (82%) siano convinti che le loro ipotesi di rendimento per il 2019 siano realisticamente realizzabili, nonostante le continue incertezze geopolitiche ed economiche e il persistente contesto di bassi rendimenti.

Per fronteggiare questo scenario incerto e per raggiungere gli obiettivi di rendimento attesi, i fund buyer mostrano una chiara preferenza per la gestione attiva. Il 75% degli interpellati ritiene che stia diventando sempre più difficile ottenere alfa con mercati sempre più efficienti, dichiarandosi disponibile a pagare commissioni più elevate a fronte di potenziali sovraperformance e concordando sul fatto che il contesto di mercato del 2019 è con molta probabilità favorevole alla gestione attiva del portafoglio. 

“La maggior parte dei fund buyer a livello globale (62%) ritiene che gli investimenti gestiti attivamente nel lungo periodo superino i portafogli gestiti passivamente, utilizzando l’approccio attivo per il 72% dei portafogli di investimento, una percentuale che si prevede resti relativamente stabile per i prossimi tre anni. Anche nell’ambito degli investimenti passivi, oltre la metà (55%) dichiara di utilizzare maggiormente le strategie smart beta rispetto a tre anni fa, a conferma del fatto che i fund buyer preferiscano diversificare le posizioni della gestione passiva facendo ricorso ad altre strategie”, sostiene Matthew Shafer, head of global wholesale at Natixis Investment Managers.

Fondi ESG compliant

I fund buyer stanno incorporando sempre di più i criteri ESG nel processo decisionale e nelle analisi degli investimenti al fine di allineare le strategie con i valori della propria azienda. Due terzi (67%) dei fund buyer interpellati sono concordi sul fatto che l'inclusione dei fattori ESG sarà una prassi standard per tutti i gestori entro i prossimi cinque anni. La metà (49%) ritiene che i fattori ESG siano importanti nel processo di selezione degli investimenti stabilito dalle società in cui operano e due terzi dichiarano che nel corso del 2019 aumenteranno l’allocazione alle strategie ESG. Tuttavia, essi hanno espresso perplessità circa il conflitto esistente tra obiettivi di rendimento a breve termine e obiettivi di sostenibilità a lungo termine, la mancanza di risultati comprovati e il timore che le società possano essere "greenwashing" solo per migliorare la loro immagine pubblica.

“La propensione per gli investimenti ESG cresce di anno in anno, da un lato perchè gli investitori cercano sempre più di riflettere i loro valori personali nelle strategie di portafoglio, dall’altro in virtù del fatto che i benefici di rendimento a lungo termine della sostenibilità sono sempre più ampiamente riconosciuti. Tuttavia, accogliamo e condividiamo le preoccupazioni dei fund buyer sul "greenwashing". Una tassonomia solida e chiara, standard di etichettatura in tutto il settore e in tutte le giurisdizioni, e la trasparenza dell’attività di reporting ESG sono fondamentali per mantenere l'integrità dei prodotti di investimento ESG. In qualità di gestore attivo leader del settore, abbiamo un’alta convinzione e riteniamo che l’attività di engagement nei confronti del management delle aziende in materia di ESG e il conseguente esercizio dei diritti di voto siano componenti della gestione attiva in grado di incidere sulle performance a lungo termine", spiega Matthew Shafer.

Asset allocation

Equity o bond: Dall'indagine emerge che nel 2019 i fund buyer non intendono modificare l'asset allocation per il segmento wholesale, privilegiando gli asset rischiosi. Le azioni e il reddito fisso restano di gran lunga le classi d'investimento preferite, ma i fund buyer intendono ridurre la loro esposizione complessiva sulle azioni di 1,2 punti percentuali arrivando al 43% (più basso rispetto al 44% del 2018). Essi intendono inoltre aumentare l’esposizione alle asset class alternative (+19% nelle infrastrutture; +15% nel private debt; +17% nel real estate), con il 70,1% delle allocazioni alternative complessive indirizzato verso asset liquidi. Gli alternativi sono considerati strumenti preziosi per raggiungere gli obiettivi di performance, gestire il rischio e diversificare il portafoglio.

Meno azionario americano, più mercati emergenti: Poco meno della metà (44%) dei fund buyer dichiara di voler diminuire la propria allocazione alle azioni americane, con un atteggiamento più bilanciato verso l’azionario Europa. Una parte significativa (39%) degli interpellati intende aumentare la propria allocazione alle azioni dei mercati emergenti nel 2019. A livello settoriale, i fund buyer si attendono una sovraperformance del settore dei finanziari, healthcare e information technology e una sottoperformance dei materiali e real estate.

Rischi 

Tassi di interesse: Più della metà (58%) dei fund buyer ha identificato l'aumento dei tassi di interesse come il principale rischio di portafoglio nel 2019, mentre il 78% prevede un aumento dei tassi di interesse nel corso dell'anno. 

Volatilità: Anche la volatilità è una delle principali preoccupazioni dei fund buyer: l'84% degli intervistati prevede un aumento della volatilità dei mercati azionari nel 2019.  

Bolle di mercato: I fund buyer rimangono inoltre diffidenti nei confronti delle bolle di mercato. Essi vedono la maggior parte del pericolo nelle criptovalute, oltre che nel mercato tecnlogico, obbligazionario e immobiliare.

Per concludere quasi due terzi (60%) degli interpellati ritiene che la regolamentazione, introdotta dopo la crisi finanziaria, abbia fatto ben poco per mitigare i rischi di mercato attuali e futuri.